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GIUSEPPE INDAIMO – “Occhio dell’Anima”. Inaugurata la mostra al Palacultura di Messina, aperta fino al 25 agosto

– di Corrado Speziale –

“Occhio dell’Anima” di Giuseppe Indaimo, allestita al Palacultura “Antonello”, è stata inaugurata il 19 agosto e sarà visitabile dal fino al 25 agosto dalle 9,30 alle 12,30 e dalle 16,30 alle 20,30.  

L’evento, che si avvale del patrocinio del Comune di Messina, è organizzato con la collaborazione delle prof.sse Liliana Restuccia e Paola Radici Colace dell’Accademia Peloritana dei Pericolanti, intervenute con l’artista all’inaugurazione assieme alla prof.ssa Linda Iapichino e al dott. Nino Mazzone.

Giuseppe Indaimo, tra domande e risposte: “Quanti di noi conoscono l’anima? Perché ho dipinto quest’opera? L’anima con la sua voce ci dice la verità che sta dentro di noi. Quella più vicina a Dio…”

 

Occhio dell’Anima”, mostra personale di Giuseppe Indaimo, con opere recenti e meno recenti, che hanno caratterizzato l’intenso percorso dell’artista negli ultimi anni, ha aperto i battenti al Palacultura “Antonello”, sul viale Boccetta a Messina.

Il titolo della mostra, evocativo del pensiero e dell’opera di Indaimo rispetto ai molteplici temi etici, sociali e d’attualità che egli affronta con rigore artistico e profondità dei contenuti, lunedì scorso ha attirato e interessato amici, estimatori, appassionati e studiosi di varie discipline, dentro la sala “Vincenzo Palumbo”, a pochi metri dallo spazio espositivo della GAMM – Galleria d’Arte Moderna di Messina, luogo, dunque, d’eccellenza atto ad ospitare un evento d’arte.

Alla presentazione di “Occhio dell’Anima” si è parlato di arte e scienza, coscienza e conoscenza, in un tutt’uno accompagnato da abbinamenti tra varie discipline, così come spesso richiamate dallo stesso artista nelle sue rappresentazioni figurative dal taglio concettuale.

Intanto, un video curato da Antonino Indaimo ha aperto la serata: il disagio sociale, l’odio, la morte, la sofferenza, la sopraffazione, lasciano posto alla rinascita.

Gli interventi.

“L’arte non è solo una disciplina, è l’espressione dell’autenticità e dell’identità umana”, ha detto Nino Mazzone, medico e scrittore che opera in Lombardia. Dopodiché, mostra in slide le opere. Conosci te stesso: “Homo Homini Lupus”; Ancora in tempo: “Nelle linee e nei colori assumono particolare importanza la conoscenza, la libertà, la verità e l’amore. Sembra che il mondo sia un’arida clessidra e noi scivoliamo dentro come sabbia. Allo stesso tempo c’è la speranza. Chi si trova ad ammirare le opere di Giuseppe Indaimo – dice Mazzone – si accorge subito della sua personalissima pittura che non solo pensa, ma fa pensare”.  Apologia dell’Anima: “La Bibbia ha cambiato la storia del mondo, la Costituzione italiana è un richiamo molto forte in un momento del genere in cui cercano di stravolgerla su vari aspetti”. Il medico poi cita tre parole che secondo egli caratterizzano la pittura di Indaimo: anima, amore e speranza, declinandone i concetti.

“Partendo dal realismo sociale di Ennio Calabria (grande maestro, amico e mentore di Giuseppe Indaimo, recentemente scomparso, ndr) – ha sottolineato Mazzone – ho pensato di definire Giuseppe un espressionista di contenuti. Tutta la sua produzione rientra nell’eterna lotta tra i bene e il male, tra la menzogna e la verità”.

Linda Iapichino, docente e storica dell’arte ha colto assonanze e ispirazioni anche da grandi maestri classici e moderni. “Indaimo, da artista figurativo, parte da tutto ciò che è autobiografico. Egli comunica valori. Possiamo considerarlo facente parte del movimento dell’Artivismo”.  La rassegna sintetica sulle opere: “Ai due estremi, il papà medico, Maestro di vita e la Mamma aquila, le cui ali sembrano uno scialle. Richiama una sorta di Madonna della misericordia col suo spirito protettivo. Al centro, La bilancia della giustizia.  Su un piatto il padre e sull’altro i soldi sporchi (sullo sfondo l’immagine di Falcone e Borsellino, ndr)”. Sulle tre opere raffiguranti i familiari: “Ciascuno diventa un modello. È una tecnica artistica del romanticismo dell’‘800”. Diagnosi: “Tematiche sociali molto forti”. Conosci te stesso: “Il figlio si specchia col lupo, una specie di maschera pirandelliana”.

Poi, il territorio siciliano, con i comuni dove Indaimo ha tenuto le mostre. Come una provocazione: “Piazze deserte e inanimate, prive di presenze umane come lo sono i quadri con le piazze di De Chirico…La Vucciria oggi: “Unico paesaggio in cui è presente un uomo. Mercato ridotto a una zona turistica, frequentata dalla movida. Non ci sono più i balati che non si asciugavano mai, come gli amori che duravano per sempre”. Senza parole, la Panda dei 18 anni che brucia: “Indaimo aveva denunciato un abusivismo…”. I Gabbiani sulla spiaggia: “Opera molto significativa. Da una parte la nave, dall’altra il migrante che muore, quindi mare come divertimento e morte. Il gabbiano che si alza in volo è Ennio Calabria”. Dal particolare al globale. Lo squarcio: “Una tela incompiuta con colori grigi, la tragedia della guerra in Ucraina”.

Linda Iapichino passa poi al pensiero dell’artista. Processo dell’essere, Taglio ombelicale, Comunicazione non comunicazione. L’osservazione: “L’occhio è uno dei correlativi oggettivi dell’opera di Indaimo. Un occhio che da un lato guarda i mali esterni (Diagnosi, ndr), mentre dall’altra è ripiegato come un microscopio a scrutare l’interiorità dell’anima, come l’occhio de La civetta e L’occhio dell’anima.  La comprensione: “La candela è un altro dei soggetti che si ritrovano nei suoi quadri. A volte è messa al centro per illuminare”. Dopodiché, il commento su Conosci te stesso: “Gli animali selvatici e rapaci, come sostenevano Esopo e Fedro sono alter ego dei vizi e delle virtù umane”. Infine, l’anima e l’oltre: Occhio dell’Anima, Apologia dell’anima, La pesatura dell’anima.  Così conclude la docente: “Ciascuno si aspetti qualcosa nell’aldilà…”.

Liliana Restuccia, prof.ssa di Fisica Matematica, penetra nei concetti di Indaimo e si ritrova in piena sintonia con l’artista.

“Il maestro Indaimo utilizza il linguaggio universale della pittura figurativa espressionistica concettuale per salvare l’umano nell’umano. Le sue opere pittoriche vanno direttamente all’anima dell’uomo e vogliono risvegliare la sua coscienza, al fine di suscitare la capacità di pensare, dialogare, criticare, discernere il bene dal male. Sono opere – prosegue la prof.ssa – aventi come obiettivo la formazione e l’educazione dell’uomo alla giustizia, che ha come base le virtù, che secondo gli antichi filosofi greci sono insegnabili. Tra esse, il coraggio, l’onestà, la solidarietà, il rispetto dell’uomo, l’amore per i fratelli, la ricerca del bene, del bello, della verità. Così, diventa motivo di dibattito la conquista della pace tra i popoli con l’eliminazione della povertà e della fame nel mondo, la preservazione della natura, l’uso di energie pulite, l’arresto della violenza dell’uomo sull’uomo e del suo sfruttamento ai fini di arricchimento e potere”. L’auspicio di Liliana Restuccia: “I giovani devono essere formati a pensare, a perseguire il bene”. L’elogio: “La pittura, grazie a Indaimo diventa strumento di crescita e di lotta per la libertà”. L’opera Processo dell’essere, era stata per la professoressa argomento universitario, davanti a studenti e docenti. “Nella tela, l’occhio in basso rappresenta la creazione e in una visione teologica che rappresenta Dio. Un dettaglio che fa riflettere secondo le moderne teorie teologiche sul come la fisica, la chimica e la biologia si possano ben coniugare con un Dio creatore di tutte le cose”.

Le eliche del DNA: “Le più piccole rappresentano gli esseri umani di oggi, intrappolati nell’indifferenza e nella mancanza di valori, nella ragnatela del consumismo. L’elica più grande rappresenta la specie umana creata da Dio, portatrice di speranza, sapienza e amore”. Il giudizio: “Questa è un’opera completa, per far conoscere i temi fondamentali che stanno alla base del nostro essere uomo. Grazie all’opera di Indaimo le mutazioni genetiche diventano oggetto di discussione”.

Paola Radici Colace, prof.ssa di Filologia classica, si è presa cura di due soggetti protagonisti nella mostra: la civetta e l’aquila, cogliendone svariati spunti di carattere storico, simbolico ed estetico.

La civetta: “Elegantissima, sfuggente, la notte è il suo regno, ha occhi giallo intenso, penetranti… È il simbolo della saggezza e della sapienza più antica, ancestrale, i suoi occhi che sono capaci di vedere quando tutti gli altri esseri del Creato non vedono. Gli occhi vedono nell’oscurità e il suo sguardo acuto attraversa il buio e ci vede chiaro. È anche il simbolo della chiaroveggenza, di chi ha tutti i mezzi per vedere con chiarezza e leggere la realtà. È anche un animale notturno e l’oscurità ha sempre angosciato l’uomo, in quanto sinonimo di tenebre e di morte. Spesso è stata associata agli indovini e simboleggia la comprensione, la luce, l’uscita dalle tenebre, la rivelazione. Ha sempre affascinato gli uomini al centro di fiabe, leggende, miti. È simbolo di luce e saggezza, ma anche di superstizioni”. Il riferimento all’artista: “Nel repertorio raffigurativo del maestro Indaimo c’è molto di quello che potremmo definire il bestiario occidentale, con i suoi simboli, i suoi usi e con tutta la stratificazione di letture che a questi simboli venivano dati di volta in volta.  Cita La Civetta di Pascoli: “…orma sognata d’un volar di piume. Indaimo le rende fede con la vibrazione dei colori e del piumaggio della civetta. Ognuno parla coi versi della sua arte”.  Dalla civetta all’aquila. “Ogni epoca, ogni movimento di pensiero rielabora un simbolo e lo introduce – dice la professoressa – infatti la civetta sta insieme all’aquila a rimandare ad un’immagine della giustizia divina. L’aquila è l’emblema della potenza cosmica in tutte le tradizioni antiche. Nella mitologia antica è spesso associata al sole e diventa anche una manifestazione dello spirito divino, perché è l’unica che può avvicinarsi al sole più degli altri uccelli”.

Prima della conclusione degli interventi, la breve parentesi della prof.ssa Marinella Speziale, intervenuta con un suo testo nel catalogo: “Per Giuseppe Indaimo questa mostra personale a Messina è un momento di crescita. Grazie a voi che avete permesso tutto questo”.  All’inaugurazione della mostra era presente tra il pubblico anche in sindaco di Naso, Gaetano Nanì.

Alla fine degli interventi al tavolo, un momento di grande suggestione: Julius Sheeben, si è esibito al violino accanto alle opere con il tema di Schindler’s List.

La conclusione della presentazione messinese di Occhio dell’Anima, nelle parole di Giuseppe Indaimo: “Quanti di noi conoscono l’anima? Perché ho dipinto quest’opera? L’anima con la sua voce ci dice la verità che sta dentro di noi. Quella più vicina a Dio…” La riflessione su Occhio dell’Anima: “Innanzitutto dovremmo conoscere noi stessi per conoscere la nostra anima. Nell’opera ho diviso in quattro elementi il corpo e l’anima. Abbiamo un cervello, una mente, una coscienza e poi l’anima. L’essere umano senza anima è vuoto. Io appartengo al genere umano e quello che sente la mia anima è quasi l’estinzione dell’umano nell’umano. Oggi provo tantissima vergogna per l’appartenenza a questo genere umano, anche perché sono impotente nel fare qualcosa per tutto ciò che di disumano vediamo oggi, guerre e quant’altro”. La possibile soluzione verso il bene: “Dovremmo fare attenzione ed educare le emozioni, che sono importantissime. Sono le quattro forze che spingono un po’ ovunque noi umani facendoci comportare in un modo o nell’altro”. Lo sguardo sull’opera. “Ci sono cinque petali di cui quattro a forma di cuore, quattro cardini dell’identità umana: la temperanza, la fortezza, la prudenza e la giustizia. Il quinto petalo, un po’ smerlettato, rappresenta la fede. L’anima, se la chiamate, vi risponde, ma se non la chiamate non vi può rispondere. La mente dovrebbe essere il cocchiere che gestisce, ma va dove fa meno fatica. Attraverso la voce dell’anima, collegata direttamente a Dio, siamo guidati verso il bene. Guida verso il bene chi incarna il bene ed è sapiente, saggio, e sarà felice”.

Redazione Scomunicando.it

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