GUERRA & CORONAVIRUS – Analogie e differenze. Ne parla il “Maestro” Nino Speziale
Babylon, Cultura, Fotonotizie, In evidenza

GUERRA & CORONAVIRUS – Analogie e differenze. Ne parla il “Maestro” Nino Speziale

Una lunga discussione, un’intervista atipica, che nasce da un abusato utilizzo di termini e storie di guerra riguardo al Coronavirus. Ne parla il “Maestro” Nino Speziale, tra analogie e differenze. Da leggere!

“Il Coronavirus? In Sicilia ha fatto lo stesso percorso delle truppe angloamericane…!

“Il Coronavirus? In Sicilia ha fatto lo stesso percorso delle truppe angloamericane…! Ma assimilare questa emergenza a una guerra… Beh, ammesso che si conosca l’argomento di cui si parla, è una ingiustificata esagerazione!”

lo_sbarco

L’utilizzo di un linguaggio tipico della guerra, attualmente in uso a politici e amministratori locali, alla stampa, sui social, tra la gente comune, sta caratterizzando la comunicazione in questo momento storico. Un lessico, spesso contrassegnato da termini e descrizioni forti, che ha contribuito ad accrescere le preoccupazioni nella popolazione, specie tra le persone più fragili, costrette in isolamento a misurarsi con una realtà inquietante e incerta che, specialmente ai più anziani, ha fatto tornare in mente i tempi di guerra.

Paragone appropriato? Niente affatto, a dire di coloro che la guerra l’hanno vissuta o la seguono ai tempi d’oggi, direttamente o indirettamente. Ciononostante, molte similitudini risultano utili al fine di veicolare una tematica in maniera diretta in un momento così delicato.

Assonanze e differenze tra le due storie, abbinamenti e distanze tra i due più importanti eventi che hanno segnato gli ultimi settanta anni, rendono l’argomento particolarmente caldo.

Ne abbiamo parlato con Nino Speziale, insegnante di Brolo in pensione, che i drammatici tempi della Seconda guerra mondiale e quelli successivi, della cosiddetta “ricostruzione”, li ha vissuti da bambino e da ragazzo, raccontandoli in un’autobiografia pubblicata nel 2013: “Le piene del torrente e della vita”, poi ampliata con “Paralipomeni”, nel 2016. Nino Speziale ha anche trascorsi politici, da amministratore e sindaco di Brolo, negli anni Settanta, raccontati nel suo terzo libro, “Brolo ai Tempi della Rinascita”, pubblicato lo scorso anno.

La sua è un’esperienza diretta. L’attenzione è naturalmente rivolta alla Sicilia.

Iniziamo con qualche analisi e analogia storica.

A distanza di settantasette anni, le truppe angloamericane e il Coronavirus…La metafora della guerra, dell’invasione.

D’accordo, ma non confondiamo le due cose! Nel gennaio del 1943, a Casablanca, Roosevelt e Churchill stabilirono il piano di invasione della Sicilia. A gennaio 2020, in Cina si riscontrano i primi casi di un virus sconosciuto, un nuovo Coronavirus. Questo, dopo essere arrivato in Italia tramite contagi, approda anche a Palermo. Settantasette anni prima, nello stesso periodo, contingenti militari italiani e tedeschi affluirono nelle zone di Palermo e Trapani per fermare l’invasione del nemico.

Allora, militarmente l’Italia si organizzava per affrontare il nemico straniero, così come l’apparato sanitario e in particolare gli ospedali combattono oggi il “nemico” invisibile, il Coronavirus. A fine primavera del 1943, gli angloamericani sbarcarono in Sicilia, occuparono Palermo e Trapani. Poi sbarcarono, tra gli altri luoghi, a Gela e a Brolo.

Da Gela poi marciarono verso Messina, passando da Siracusa, Enna, Troina e Catania. Oggi il Coronavirus, proveniente dalla Cina, ha fatto lo stesso percorso delle truppe angloamericane, approdando nei luoghi dove allora ci furono scontri armati, con malattie e morti. Nella battaglia avvenuta a Troina gli americani hanno subito molte perdite e per curare i numerosi feriti hanno istallato un ospedale militare. Per un episodio accaduto in quell’ospedale, protagonista il generale Patton, Troina è passata alla storia.

Dunque, Troina, oggi come allora, è una sfortunata coincidenza…

Sì, purtroppo ha avuto un triste destino. Anche oggi è tornata purtroppo alla ribalta, visto che l’Oasi, il centro d’eccellenza per i ricoveri e la ricerca, è diventato un focolaio di contagi. In paese è stato chiamato ad intervenire l’esercito ed istituita una zona rossa. Con i militari in campo, in questo caso, in effetti, sembra veramente incredibile l’analogia con quanto accaduto nel 1943.

sicilia_sbarco_americani

Nel descrivere il coraggio di molti operatori sanitari si sta spesso utilizzando il termine “eroe”.

È appropriato rispetto alla guerra?

Assolutamente sì. In Italia vi sono pochi medici e infermieri e poche attrezzature sanitarie. Per questo in molti son partiti per la Lombardia come volontari. Nell’ultimo decennio i governanti italiani hanno tagliato i fondi agli ospedali e ridotto drasticamente il personale e le ricerche. Così come nella guerra avvengono atti di eroismo, anche oggi ci sono degli eroi. Allora erano così considerati i giovani studenti, i giovani militari, che per fermare i potenti carri armati nemici, non avendo armi adeguate, vi si avvicinavano impugnando le bombe a mano e finivano per essere stritolati dai cingoli. Il periodo della guerra è stato durissimo, così come lo è stato il dopoguerra, anche per i tanti morti e feriti che si verificarono per l’esplosione degli ordigni bellici disseminati lungo le strade e nei prati abbandonati dai militari. Ecco, per me sono anche questi gli eroi di allora: le vittime civili. Ragazzi che cercavano la normalità e hanno trovato la morte.

Era atroce, così come adesso lo è sentire di queste tantissime morti tra gli operatori della sanità, infettati dal virus negli ospedali.  Medici e infermieri in prima linea, senza protezioni individuali e con scarsi mezzi a loro disposizione, non badando a rischi e con grande spirito di abnegazione, sfidano questo terribile virus per curare e strappare alla morte centinaia di ammalati.

Onore e merito va a tutto il personale sanitario: ai medici, agli infermieri, alla protezione civile e a tutti quelli che in questa emergenza operano per salvare dalla morte o alleviare le sofferenze di migliaia di persone.

Tra chi ha contratto la malattia in maniera letale, ci sono persone molto anziane.

Sembra lo sfortunato destino di una generazione testimone della storia: chi da ragazzo è sopravvissuto alla guerra, adesso cede al virus.

Sì, in effetti, è una circostanza molto triste. Sembra una beffa del destino che si è accanito contro chi ha sofferto in gioventù, mostrando tanto coraggio, e dopo aver vissuto la vita con sacrifici, adesso si è trovato impotente dinnanzi a un essere invisibile da cui non poteva difendersi.

Parliamo di misure straordinarie e di privazioni in tempo di Coronavirus.

Lo stato di isolamento, la limitazione della libertà. In tanti si ostinano ad associare questo momento a quello di una in guerra.

Si vede che non hanno mai visto una guerra, neppure in televisione! Il governo per evitare i contagi impone delle ristrettezze. Uscire di casa solo per validi motivi. È vero, molti assimilano questo al coprifuoco e ai disagi di una guerra. Ma non c’è paragone. Oggi in casa si sta bene, ci sono tutte le comodità. Si sta assieme alla famiglia e con un po’ di pazienza si supera questo disagio. Il coprifuoco era tutt’altra cosa, significava stare rinchiusi dentro quattro mura con porte e finestre sbarrate, con le fessure otturate per evitare che filtrasse un poco di luce, altrimenti i cecchini sparavano dall’esterno. Se per caso si metteva un piede fuori dalla porta venivi colpito a morte. Si restava impauriti e attenti a percepire il rumore degli aerei che venivano a bombardare, pronti a buttarsi sotto il letto, tremando, fino a quando non si sentiva più il rombo dei potenti quadrimotori. Si paragona alla guerra anche l’approvvigionamento dei viveri.

Oggi generi alimentari ce ne sono in abbondanza. C’è qualche difficoltà per recarsi al supermercato e con una telefonata si è serviti fino a casa, ad eccezione dei casi di necessità dove, specialmente nei piccoli centri, è attiva ed efficiente la protezione civile. Nel caso delle famiglie in difficoltà economiche sta intervenendo lo Stato. Ed è giusto così. Al tempo della guerra si moriva di fame, non per modo di dire, era la realtà. Man mano che la guerra continuava aumentavano le ristrettezze. All’inizio c’era il pane con la tessera (200 grammi a testa). Poi, niente più.

Tutti i generi alimentari servivano per nutrire i militari. Fu istituito l’ammasso obbligatorio, così ebbe inizio il contrabbando. Per evitarne il sequestro, il frumento, i legumi, si sotterravano sotto i pavimenti. A Brolo, al centro del paese, ho visto un padre di famiglia supplicare con le lacrime agli occhi un maresciallo dei carabinieri affinché gli lasciasse almeno una pagnotta da portare ai suoi figli. Egli, ligio al dovere e senza cuore, ha portato via il sacchetto con i pani che quel poveretto aveva comprato in un paese delle Madonie. Non mi sembra che in questo momento i carabinieri e le altre forze dell’ordine, che in strada controllano le autocertificazioni, abbiano lo stesso atteggiamento e gli stessi compiti dei carabinieri di allora!

Una curiosità: sia a tempi di guerra che oltre, anche nell’attualità, nei casi d’emergenza, si è sempre fatto l’appello a tutelare “prima le donne e i bambini”.

Stavolta invece, viste le risultanze dell’epidemia, sembra un luogo comune da sfatare…Sono proprio le donne più forti!

Lo sono sempre state. Proprio ieri il papa ha esaltato il loro coraggio. Certamente, come nel passato e nel presente, le donne avranno un ruolo ancora più importante per il futuro. Durante la guerra gli uomini erano sotto le armi. Sono state proprio le donne a salvare l’economia che in Sicilia era basata solo sull’agricoltura. Hanno lavorato duramente raccogliendo olive a mani nude, nocciole, castagne, mandorle, alcune zappavano anche la terra per seminare il frumento e gli agrumi.

Quando è ripreso il commercio degli agrumi erano loro a raccogliere i limoni nei giardini infangati e ad incartare nei magazzini i limoni da spedire al nord. Lavoravano anche dodici ore al giorno, dalle tre di notte alle tre di pomeriggio. E per loro la giornata non era finita: arrivate a casa c’erano le faccende domestiche: curare i figli, nutrirli, vestirli, educarli. Sebbene ci fossero i disagi, l’educazione dei figli era importantissima. Dicevano: in società dovete comportarvi bene.

La Sicilia, comunque, in questa emergenza, sembra reggere abbastanza bene il colpo rispetto ad altre regioni.

Rispetto all’epidemia i contagi, fortunatamente, sembrano contenuti.

Quanto all’emergenza, ha retto abbastanza bene anche durante la guerra. In Sicilia, il periodo della depressione generale, seppur difficoltoso, non è stato catastrofico come nel resto d’Italia. È stato superato con la solidarietà e col mutuo soccorso dei siciliani. In questo senso hanno avuto una parte fondamentale i prodotti che la terra di Sicilia ha sempre offerto. Questa nuova emergenza può essere la giusta occasione per riattivare e valorizzare l’agricoltura e gli allevamenti territoriali.

La scuola ai tempi della guerra e adesso, quella in versione “on line” dell’emergenza Coronavirus.

La scuola, nei casi d’emergenza, è sempre stata la prima a subire disagi. A quei tempi le lezioni si svolgevano in locali angusti, generalmente magazzini. Cinque o sei alunni erano seduti uno accanto all’altro su vecchi banchi di legno. Per scrivere attingevano la penna dentro un calamaio fissato sopra il banco. Non c’erano libri e quaderni a sufficienza. Qualche libro che girava da un alunno all’altro era tutto sgualcito, essendo stato usato negli anni precedenti.  Quaderni e fogli erano difficili da reperire.

Il maestro ci diceva di scrivere anche sulla carta della pasta. Per andare a scuola si correva il rischio di essere colpiti dalle bombe o di finire sotto un carro armato o altri mezzi militari che transitavano in continuazione. Quando si intensificarono i bombardamenti è stato impossibile frequentare le scuole, gli scolari erano rimasti a casa, in mezzo a tanti disagi. Soltanto all’inizio del successivo anno scolastico si è venuti a conoscenza che tutti gli alunni erano stati promossi.

Anche quest’anno con il Coronavirus sarà così…! Ma oggi è tutto diverso, non manca nulla. E in più c’è la nuova tecnologia, c’è internet. Tutti gli scolari, dalla materna alle università, seguono le lezioni da casa, on line, senza correre alcun rischio per la propria incolumità.

Guerra e pandemia in ragione del futuro e dell’economia. Gli “alleati” di ieri e di oggi. 

L’Italia dalla guerra è uscita sconfitta. Nella lotta contro questo “nemico” invisibile, invece, ne uscirà vittoriosa, come vittoriosi usciranno i paesi colpiti da questa pandemia, perché tutti combattono per la stessa causa e contro lo stesso “nemico”. Tutti gli scienziati del mondo sono al lavoro per costruire un’arma vitale, non mortale – da fuoco, come nella guerra – ma da laboratorio, che sarà il vaccino.

Quanto all’economia, anche oggi, come allora, sarà difficoltoso il dopo virus, ma l’Italia non è sola, fa parte dell’Unione Europea che certamente darà aiuto e sostegno. In tal senso mi viene in mente una sorta di Piano Marshall che nell’immediato dopoguerra assicurò la rinascita dell’Italia.

Qualche altra assonanza, similitudine o metafora tra guerra e virus.

I “bombardamenti”… A distanza di tutti questi anni siamo passati da quelli reali, con le bombe che cadevano dal cielo uccidendo la gente, a quelli che subiamo oggi ad opera della stampa e di alcuni scienziati. Da tre mesi non si parla altro che di Coronavirus, notte e giorno, talvolta inquietando e confondendo la popolazione attraverso notizie contrastanti. È giusto informare, ma senza eccedere nei protagonismi!

bombardamento_a_bari.jp

Alla fine, “andrà tutto bene”?

Sarà dura, ma tutti usciremo vittoriosi da questa pandemia. Saranno importanti molti fattori: il coraggio delle donne, la saggezza e l’esperienza degli anziani, la forza e la volontà degli adulti, l’operosità e qualche sacrificio dei giovani. Questa epidemia è paragonata alla guerra, è vero. Ha toccato buona parte del pianeta, ma la guerra è tutt’altra cosa.

Che Iddio ci guardi e liberi dalle guerre.

E ci guardi e liberi anche dalla pandemia. La guerra è durata cinque lunghissimi anni, il Coronavirus auguriamoci che finisca prima di cinque mesi.

Ce la faremo. Viva l’Italia, viva la Sicilia.

da leggere
19 Aprile 2020

Autore:

redazione


Ti preghiamo di disattivare AdBlock o aggiungere il sito in whitelist