Cari cattolici, Halloween l’abbiamo inventata noi. Non lasciamocela scippare da streghette e satanisti. Le zucche per l’1 novembre c’erano già, qui da noi, in Italia. In Abruzzo, in passato, andavano in giro con la zucca chiedendo offerte (dolcetti) per le anime dei morti; in Puglia, a Orsara in particolare, la festa si chiamava “fuuc acost” e si decoravano le zucche chiamate “cocce priatorje”; a Serra san Bruno (Calabria, non è il Michigan) si intagliava la zucca per ottenerne un teschio (in dialetto “coccalu di muortu”) e i ragazzini bussavano agli usci delle case e esordivano con la frase “mi lu pagati lu cuccalu?” che tradotto significa “me lo pagate il teschio?” e dai noi, per gli amanti delle tradizoini la “festa dei Morti” era piena di dolci tipici, di immagini e di “ossa” zuccherati … Tutto quel che c’è da sapere sulla “Festa della Vigilia di Ognissanti”. Origine, storia, travisamenti di una ricorrenza di cui i cattolici, che professano una religione «ottimista e festosa», dovrebbero essere consapevoli.
Questa storia inizia a Roma nell’ottavo secolo dopo Cristo.
Fra il 731 e il 741, un papa (Gregorio III) decise che ogni 1 novembre si festeggiasse l’anniversario della dedicazione della cappella di San Pietro alle reliquie “dei santi apostoli e di tutti i santi, martiri e confessori, e di tutti i giusti resi perfetti che riposano in pace in tutto il mondo”.
Era nata la festa di Ognissanti, che un secolo dopo divenne festa ufficiale in tutti i territori dell’impero carolingio.
Alle soglie del secondo millennio, precisamente nel 998, S. Odilo, abate del potente monastero di Cluny, decise che ogni 2 novembre i fedeli che abitavano nei dintorni del monastero pregassero per i fedeli defunti.
Era nata la festa dei morti, che si diffuse rapidamente in tutta Europa.
E così due nuove feste si aggiungevano a quelle del calendario liturgico, che nel Medioevo erano molto più numerose di quelle che, a stento, sopravvivono oggi.
Infatti, i cristiani amavano fare festa, perché la fede li rendeva ottimisti. Inoltre, non distinguevano fra feste “sacre” e feste “profane”: tutte le feste erano infatti allo stesso tempo “sacre” e “profane” in senso buono, in quanto nei giorni di festa non ci si limitava ad andare a messa e fare gesti devozionali ma letteralmente si “faceva festa”, ossia si mangiava in compagnia, si ballava, si scherzava e si rideva.
Tutt’oggi a Natale e Pasqua non ci limitiamo ad andare a messa.
Il fatto che ancora oggi si usi preparare dolci speciali per il giorno dei morti (ad esempio le “ossa dei morti”) indica chiaramente che in passato si “faceva festa” anche il 2 novembre.
Si sa che in Francia, a partire dal XIV secolo, si usava inscenare la “danza macabra” ogni 2 novembre: figuranti mascherati da contadini, cavalieri, re, mendicanti, preti, artigiani, dame eccetera (i principali tipi umani della società di quei tempi) venivano condotti alla tomba da un figurante mascherato da morte oppure da diavolo. (Fra parentesi, troviamo una messinscena della danza macabra, che ricorda da vicino quelle tardo-medievali, nella parte finale di un famosissimo film: Il settimo sigillo di Ingmar Bergman).
Nella maggior parte degli affreschi e delle miniature sul tema della “danza macabra”, molto caro agli artisti del cosiddetto “autunno del Medioevo” (secoli XIV e XV), non mancano, appunto, i particolari macabri: non solo teschi e scheletri ma anche corpi feriti, cadaveri infestati dai vermi eccetera.
D’altra parte, teschi, scheletri e ogni genere di riferimenti alla morte e alle realtà preternaturali abbondano nell’arte di tutto il Medioevo e anche nell’arte barocca. Sulle pareti di certe chiese di epoca barocca troviamo perfino pile di teschi e ossa umane (si veda ad esempio San Bernardino alle ossa a Milano).
Nei capitelli e nei bassorilievi delle cattedrali medievali proliferavano diavoli, anime supplizianti e bestie mostruose (simboli, queste ultime, dei vizi capitali). Lungo i canali di scolo che circondano i muri esterni delle cattedrali proliferavano invece i misteriosi gargoyles: creature fantastiche, ibride, polimorfe, spaventose, uscite direttamente fuori dalle profondità dell’inconscio popolare.
Esagerando un poco, si potrebbero trovare dunque delle somiglianze fra molta arte cristiana, medievale e barocca, e il moderno cinema horror. D’altra parte, l’Inferno di Dante contiene dettagli che potremmo addirittura definire “splatter”: dannati ustionati, squarciati, congelati…
Non mancano neppure riferimenti al cannibalismo: il “fiero pasto” del conte Ugolino è degno di Non aprite quella porta.
A questo punto, una domanda sorge spontanea: ma tutte queste immagini macabre non saranno forse diseducative, non accarezzeranno forse i bassi istinti sadici del pubblico, non desacralizzeranno e non banalizzeranno il tema della morte?
La risposta è no. Queste immagini hanno una funzione sommamente educativa: ricordano a grandi e piccini che prima o poi tutti, sia mendicanti che imperatori, dovranno fare i conti con la morte (“memento mori”), insegnano a temere le insidie del tentatore e ammoniscono che, a causa del “principe di questo mondo”, il mondo è un posto pericoloso, pieno di “mostri” in forma umana pronti a farti del male. Bisogna sottolineare che i cristiani possono guardare con serenità alla morte e al male perché sono certi che Cristo ha vinto entrambi.
E così si capisce perché l’arte cristiana contiene molti riferimenti al male e alla morte, mentre l’arte classica ne contiene ben pochi. Privi del dono della speranza, i pagani antichi si inebriavano con immagini marmoree di corpi splendenti di bellezza e giovinezza proprio per non pensare al triste destino dei corpi.
Ogni festa terrena era per i cristiani immagine della grande festa del paradiso.
E poiché di feste non ce ne erano mai troppe, i cristiani festeggiavano regolarmente anche le vigilie delle feste. Di tutte le feste di vigilia, oggi da noi ne sopravvivono solo due: la vigilia di Natale (24 dicembre) e la vigilia del mercoledì delle ceneri (martedì grasso). Gli storici hanno ragione di credere che in Europa nel Medioevo si facesse regolarmente festa anche nella notte del 31 ottobre.
Lo prova il fatto che in alcune parti d’Italia e d’Europa sopravvivono ancora oggi feste della vigilia d’Ognissanti che somigliano in maniera singolare alla festa americana di Halloween, ma che hanno origini molto più antiche.
E’ noto in Irlanda, già in epoca carolingia, durante la vigilia d’Ognissanti i contadini esponessero fuori dalle case rape intagliate e illuminate dall’interno e sfilassero per le strade sbattendo rumorosamente pentole e padelle. Se le rape illuminate servivano ad onorare le anime bloccate nel Purgatorio, invece le pentole e le padelle servivano a “tenere alla larga” le anime dannate.
Riepilogando, la festa di Ognissanti nacque a Roma, la festa dei morti nacque in Francia ed entrambe si diffusero in tutta Europa.
D’altra parte, nel Medioevo persone, merci, opere d’arte e idee circolavano da una parte all’altra d’Europa lungo le rotte dei commerci e dei pellegrinaggi. La cultura di una zona (paese, regione o città) influenzava e si faceva influenzare dalle culture delle altre zone, senza mai perdere la sua identità. Ad esempio, le cattedrali romaniche e gotiche sparse per l’Europa si somigliano fra loro, in quanto si basano su elementi comuni, ma poi ognuna è fortemente impregnata degli umori del luogo. Per citarne solo due a caso, la cattedrale di Chartres e la cattedrale di Monreale sono allo stesso tempo molto simili fra loro (entrambe contengono archi a sesto acuto eccetera) e profondamente diverse fra loro.
Insomma, i cristiani dell’era più cristiana non avevano fissazioni nazionaliste: non si preoccupavano di conservare intatte e immutabili, proteggendole dagli influssi stranieri, delle presunte “tradizioni” locali basate su presunte radici etniche.
La cultura della civiltà cristiana-europea, che è senza dubbio la civiltà più grande del mondo, è la sintesi originalissima, favorita dalla fede, di tante culture diverse.
Da una costola della civiltà europea è nata la civiltà americana, la cui cultura appare come una straordinaria sintesi di molteplici culture europee.
Anche gli immigrati italiani, nel loro piccolo, hanno dato qualche contributo alla cultura americana, di cui la festa di Halloween è una delle espressioni più famose.
Si è detto che con ogni probabilità nel Medioevo in Europa, non solo in Irlanda, si celebrava la festa della vigilia d’Ognissanti. Dopo la fine del Medioevo, questa festa cominciava ad estinguersi in Europa mentre rinasceva nel Nuovo Mondo. Nel dettaglio, la festa americana di Halloween (che letteralmente significa “festa della vigilia di Ognissanti”) fu elaborata nel secolo XVIII dagli immigrati cattolici irlandesi e dagli immigrati cattolici francesi: i primi ci misero le rape illuminate (presto sostituite con le ben più capienti zucche americane) mentre i secondi ci misero le sfilate in costume sul tema della “danza macabra”. Poco tempo dopo, gli immigrati cattolici inglesi ci misero la domanda: “Dolcetto o scherzetto?”
Le origini della richiesta scherzosa di dolci in cambio di benevolenza devono essere cercate nella tradizione del Guy Fawkes Day, che tuttora si festeggia in Gran Bretagna ogni 5 novembre, e nell’usanza medievale inglese, ancora viva ai tempi di Shakespeare, di dare ai poveri cibo in cambio di preghiere per i cari defunti proprio nei giorni dei santi e dei morti.
Dunque, la festa di Halloween è una festa cattolica inventata da cattolici in una terra non cattolica. Le colonie del nord America erano in mano ai puritani, i quali, come i luterani e i calvinisti, detestavano la Chiesa di Roma e tutte le sue tradizioni.
Quando i primi immigrati cattolici arrivarono nel Nord America, i puritani, che sognavano di fare dell’America un Eden puritano, si affrettarono a vietare tutte le manifestazioni pubbliche della fede cattolica. All’odio verso il Cattolicesimo, i puritani univano anche una sostanziale diffidenza verso tutte le forme di piacere e divertimento. Dal loro punto di vista, era semplicemente intollerabile “fare festa” in occasione delle ricorrenze religiose. Per questa ragione, nel 1647 in Inghilterra i puritani non si erano limitati a sopprimere la festa cattolica di Ognissanti ma avevano anche vietato i festeggiamenti del Natale.
Ma nonostante tutti questi divieti, i cattolici riuscirono a tenere viva la tradizione della festa di Halloween, cui al principio del secolo XIX cominciarono a guardare con simpatia anche molti coloni di fede protestante.
Irritati dal successo popolare della bizzarra festa “papista”, i protestanti più ortodossi misero in giro la voce che si trattasse di una festa pagana. Infatti, ai loro occhi il Cattolicesimo era un Cristianesimo degradato, vicino al paganesimo antico. E’ noto che nell’alto Medioevo i papi usassero sopprimere le vecchie feste pagane e sostituirle con le nuove feste cristiane, facendo coincidere le date delle seconde con le date delle prime. Ebbene, secondo il pregiudizio protestante-puritano i papi non avrebbero sostituito bensì si sarebbero limitati a verniciare appena di cristianesimo le vecchie feste pagane, conservandone i riti e lo spirito.
Alla fine del secolo XIX alcuni storici, impregnati di questo pregiudizio, si misero a cercare le radici pagane di ogni festa cattolica. L’antropologo James Frazer (1854 – 1941) credette di trovare le radici della festa di Ognissanti nella festa di Samhain, dio celtico delle tenebre.
Secondo le credenze celtiche, o meglio secondo Frazer, fra la notte del 31 ottobre e l’alba del 1° novembre Samhain avrebbe permesso ai morti, confinati in un luogo paradisiaco, di ritornare sulla Terra per divertirsi a fare scherzi e a spaventare i vivi. In seguito, qualche altro storico avanzò l’ipotesi che durante la notte del 31 ottobre i celti, per ingraziarsi Samhain, facessero sacrifici umani.
Cogliendo la palla al balzo, una trentina di anni fa gruppi di protestanti fondamentalisti, che si erano dati la missione di spazzare via la festa di Halloween dalla faccia della terra, misero in giro la voce che nella notte di Halloween le streghe celebrassero i sabba e i satanisti celebrassero il capodanno di Satana, lanciando potentissimi malefici sulle folle festanti. In effetti, questi crociati anti-Halloween sostengono che basti partecipare ai festeggiamenti di Halloween per cadere inconsapevolmente vittime di questi malefici, che spingerebbero irresistibilmente verso la tossicodipendenza, la promiscuità sessuale, il satanismo e infine il suicidio.
Negli ultimi anni, grazie a internet, la propaganda anti-Halloween è giunta in Italia, dove ha potuto infettare rapidamente, non incontrando nessuna resistenza, la maggior parte dei cattolici.
Nel corso del mese di ottobre, vescovi, preti e semplici fedeli moltiplicano gli appelli contro Halloween: “Tenete alla larga voi stessi e i vostri bambini da questa festa satanica, nella notte del 31 organizzate le feste di Holyween, dedicate si santi”.
Sembra che da qualche parte sia perfino volata qualche scomunica contro le zucche illuminate.
Ma c’è qualcosa di vero nella propaganda anti-Halloween?
L’unica cosa vera è che ogni notte di Halloween, da trenta anni a questa parte, le sedicenti streghe dell’associazione Wicca organizzano i sabba e i satanisti di ogni denominazione celebrano il capodanno satanico.
Paradossalmente, è stata proprio la propaganda anti-Halloween a rendere reale ciò che la propaganda stessa denunciava.
A forza di dire che la notte di Halloween è la notte delle streghe, queste ultime hanno pensato che forse quella notte i sabba potevano riuscire meglio.
E a forza di dire che la festa di Halloween discende dalla festa di un sanguinario dio celtico, i satanisti hanno pensato che forse Satana si lascia contattare più facilmente proprio in quella fatidica notte.
Tuttavia, è perlomeno dubbio che i malefici che spargono, se è vero che li spargono, sugli ignari festaioli siano veramente efficaci.
Per diventare depressi o tossicodipendenti, promiscui o satanisti o tutte queste cose insieme non c’è certamente bisogno di subire un maleficio: la cultura contemporanea, atea e nichilista, basta e avanza a spingerti nel baratro dei comportamenti autodistruttivi e violenti.
Pare che molti depressi e molti tossicodipendenti non abbiano mai partecipato ad una sola festa di Halloween.
Bisogna segnalare che esiste una consistente minoranza di cattolici italiani che prendono le difese di Halloween.
Essi accettano tranquillamente l’idea che la festa di Halloween discenda dalla festa celtica di Samhain, respingono invece con forza l’idea che in quella festa i celti offrissero sacrifici umani al dio delle tenebre.
A quanto dicono loro, i festeggiamenti della notte di Samhain non avrebbero avuto nessun aspetto cruento: indossando maschere mostruose e grottesche, grandi e piccini avrebbero fatto festa per tutta la notte attorno ad enormi falò di “fuoco sacro” al fine di onorare i trapassati e tenere alla larga gli spiriti dispettosi.
Infine, i cattolici pro-Halloween sottolineano che i cristiani, abituati a trattenere quello che di buono c’era nella cultura pagana (“Vagliate tutto e trattenete ciò che vale”), avrebbero trattenuto dunque questa graziosa festa celtica, che si sarebbe bene accordata con la visione cristiana della morte.
Hanno dunque ragione i cattolici pro-Halloween?
Non propriamente. E’ vero che i cristiani valorizzano tutto ciò che è buono ed è vero anche che in epoca tardo-antica i papi “cristianizzavano” le feste pagane.
L’unico problema è che la tesi dello storico James Frazer, cui essi fanno riferimento, si è dimostrata infondata.
Di recente Ronald Hutton, studioso dei fenomeni di neopaganesimo, ha dimostrato che non ci sono prove che Samhain avesse a che fare col culto dei morti.
Con ogni evidenza nella notte compresa fra il 31 ottobre e il 1° novembre i celti festeggiavano un capodanno minore, che segnava il passaggio dall’estate all’inverno e quindi la fine del periodo della mietitura.
Solo più tardi, quando il Cristianesimo si era pienamente affermato, furono elaborate leggende sugli spiriti dei morti che tornavano a fare visita ai vivi fra la fine di ottobre e l’inizio di novembre. Appare dunque priva di fondamento anche la tesi, sostenuta sempre da Frazer, che il Papa avesse spostato la festa di Ognissanti dal 13 maggio al 1° novembre proprio per sovrapporla alla festa di Samhain.
Infatti, non ci sono prove che qualcuno avesse informato il Papa dell’esistenza di questa festa pagana, che oltretutto sembra non si celebrasse più da secoli.
Abbiamo visto che Halloween è una festa di origine cattolica che non ha nessun legame storico col paganesimo e col satanismo, anche se è vero che di recente i neo-pagani e i satanisti se ne sono appropriati.
Ma più che col paganesimo e il satanismo, oggi Halloween è compromessa con il materialismo consumista e nichilista. Non c’è dubbio che oggi Halloween non abbia più nessun significato religioso, che sia solo una festa materialista a scopo commerciale, una carnevalata nichilista in cui ci sia abbandona liberamente ai peggiori vizi ridendo e scherzando della morte. Ma questa è una buona ragione per boicottare la festa di Halloween e per sostituirla con la (francamente stucchevole) festa di Holyween. I cattolici devono rendersi conto che a sparare su Halloween la danno vista ai puritani, che sono riusciti a strappare dalle loro mani questa bellissima festa, che affonda le sue radici nel Medioevo, e l’hanno consegnata in pacco dono a satanisti, neo-pagani e materialisti atei. Che facciamo, gliela lasciamo a loro? Non è meglio se ce la riprendiamo?
Ma per riprendercela, dobbiamo avere chiaro il significato di questa festa, sgombrando il campo dalle due ultime obiezioni. Penultima obiezione: “C’era proprio bisogno di costruire una festa mascherata piena di dolcetti e scherzetti a ridosso della commemorazione dei santi e dei morti? Ha senso ridere e scherzare della vita, della morte e di tutte le cose più serie? E poi tutti quei travestimenti macabri non sono forse diseducativi?”
La risposta è che dal punto di vista cristiano ha senso “fare festa” in onore dei santi e dei morti. Infatti, a differenza del paganesimo antico, il Cristianesimo cattolico romano è una religione ottimista e festosa. Se i pagani facevano di tutto per non pensare al dolore e alla morte, invece i cattolici possono perfino ridere e scherzare, almeno una volta all’anno, anche della morte e del diavolo, perché sanno che Cristo li ha sconfitti. E le maschere macabre e orrorose che vanno in giro per le strade nella notte di Halloween sono discendenti moderne di quel popolo di diavoli, supplizianti, cadaveri, teschi, scheletri, bestie mostruose e gargoyles che vediamo nelle cattedrali medievali e nelle chiese barocche. Sicuramente le leggende popolari irlandesi sulle apparizioni di morti e di demoni nel momento del passaggio dall’estate all’inverno non avevano alcuna seria giustificazione teologica e tuttavia affondano le loro radici proprio nella teologia cattolica.
Erano leggende cristiane dotate di un indubitabile valore pedagogico: in primo luogo invitavano i fedeli a pregare per le anime dei defunti, in secondo luogo li aiutavano a non dimenticare che anche loro un giorno sarebbero stati defunti (“memento mori”), in terzo luogo li invitavano a temere gli inganni e le seduzioni del tentatore. In conclusione gli scherzi, le risate, i travestimenti macabri non servo ad “onorare” il demonio, ma al contrario servono per celebrare la vittoria di Cristo sul demonio e ad esorcizzare la paura della morte.
Ultima obiezione: “Anche se Halloween è una festa cattolica, noi non possiamo festeggiarla, perché non appartiene alle nostre tradizioni nazionali”.
Rispondere a questa obiezione è fin troppo facile. Come abbiamo visto, con ogni evidenza nel Medioevo si festeggiava ovunque in Europa la festa della vigilia di Ognissanti. In varie località d’Italia sopravvivono feste della vigilia d’Ognissanti che, pure essendo di origine medievale, somigliano in maniera sorprendente alla festa americana di Halloween. In secondo luogo, è ora di affrancarci dalla soggezione nazionalista, tipicamente romantica, un poco idolatra, verso “tradizioni” nazionali su base etnica. Cerchiamo di ridiventare un poco “medievali” in senso buono, cerchiamo di guardare alla globalizzazione economica e culturale con la stessa apertura mentale con cui i cristiani medievali guardavano alla “globalizzazione” economica e culturale dell’Europa alla caduta dell’impero romano, quando tradizioni romane e barbariche si fondevano assieme all’ombra della croce. Non dobbiamo temere che le nostre tradizioni nazionali si contaminino con altre tradizioni. Nessuna cultura a questo mondo è “pura”, tutte sono contaminate e tutte sono in continua trasformazione. La cultura italiana è la sintesi originalissima di tante culture diverse (greca, etrusca, romana, gallica, longobarda eccetera). A sua volta la cultura italiana ha influenzato e si è lasciata influenzare dalle altre culture europee, e a sua volta la cultura americana è una straordinaria sintesi di molteplici culture europee. La festa inventata dagli immigrati che un tempo sbarcarono in America, sbarca oggi nel continente da cui provenivano quegli immigrati attraverso i nuovi mezzi di comunicazione. Insomma, la festa di Halloween appare come un dono prezioso che gli Usa fanno all’Europa. E il bello è che esaminando questo dono, interrogandolo, scopriamo anche qualcosa su noi stessi e sulle nostre più antiche tradizioni medievali. Soprattutto, scopriamo che la fede ci fa guardare con gaiezza perfino agli aspetti più oscuri della vita.
Altroché “Holyween”.
In conclusione, buon Halloween o – se la parola “Halloween” vi pare troppo “esterofila” – buona festa della Vigilia di Ognissanti a tutti.
Halloween: etimologia del nome
Il nome Halloween (in irlandese Hallow E’en), deriva dalla forma contratta di All Hallows’ Eve, dove Hallow è la parola arcaica inglese che significa Santo: la vigilia di tutti i Santi, quindi. Ognissanti, invece, in inglese è All Hallows’ Day. L’importanza che, tuttavia, viene data alla vigilia si deduce dal valore della cosmologia celtica: questa concezione del tempo, seppur soltanto formalmente e linguisticamente parlando, è molto presente nei paesi anglofoni, in cui diverse feste sono accompagnate dalla parole “Eve”, tra cui la stessa notte di Capodanno, “New Year’s Eve”, o la notte di Natale “Christmas Eve”.
I Celti e i festeggiamenti di Samhain
I Celti erano prevalentemente un popolo di pastori, a differenza di altre culture europee, come quelle del bacino del Mediterraneo. I ritmi della loro vita erano, dunque, scanditi dai tempi che l’allevamento del bestiame imponeva, tempi diversi da quelli dei campi.
Alla fine della stagione estiva, i pastori riportavano a valle le loro greggi, per prepararsi all’arrivo dell’inverno e all’inizio del nuovo anno. Per i Celti, infatti, l’anno nuovo non cominciava il 1° gennaio come per noi oggi, bensì il 1° novembre, quando terminava ufficialmente la stagione calda ed iniziava la stagione delle tenebre e del freddo, il tempo in cui ci si chiudeva in casa per molti mesi, riparandosi dal freddo, costruendo utensili e trascorrendo le serate a raccontare storie e leggende.
Il passaggio dall’estate all’inverno e dal vecchio al nuovo anno veniva celebrato con lunghi festeggiamenti, lo Samhain (pronunciato sow-in, dove sow fa rima con cow), che deriverebbe dal gaelico samhuinn e significa “summer’s end”, fine dell’estate. In Irlanda la festa era nota come Samhein, o La Samon, la festa del Sole, ma il concetto è lo stesso.
In quel periodo dell’anno i frutti dei campi (che pur non essendo la principale attività dei celti, venivano comunque coltivati) erano assicurati, il bestiame era stato ben nutrito dell’aria fresca e dei pascoli dei monti e le scorte per l’inverno erano state preparate. La comunità, quindi, poteva riposarsi e ringraziare gli Dei per la loro generosità. Ciò avveniva tramite lo Samhain, che, inoltre, serviva ad esorcizzare l’arrivo dell’inverno e dei suoi pericoli, unendo e rafforzando la comunità grazie ad un rito di passaggio che propiziasse la benevolenza delle divinità.
L’importanza che la popolazione celta attribuiva a Samhain risiede nella loro concezione del tempo, visto come un cerchio suddiviso in cicli: il termine di ogni ciclo era considerato molto importante e carico di magia. Insieme a Samhain (31 ottobre, appunto) si festeggiavanoLughnasadh (1 agosto), Beltane (30 aprile o 1 maggio), Imbolc (1-2 febbraio), Yule (21 dicembre), Ostara (21 marzo), Litha (21 giugno) e Mabon (21 settembre).
L’avvento del Cristianesimo non ha del tutto cancellato queste festività, ma in molti casi si è sovrapposto ad esse conferendo loro contenuti e significati diversi da quelli originari.
La morte era il tema principale della festa, in sintonia con ciò che stava avvenendo in natura: durante la stagione invernale la vita sembra tacere, mentre in realtà si rinnova sottoterra, dove tradizionalmente, tra l’altro, riposano i morti. Da qui è comprensibile l’accostamento dello Samhain al culto dei morti.
I Celti credevano che alla vigilia di ogni nuovo anno, cioè il 31 ottobre, Samhain chiamasse a sé tutti gli spiriti dei morti, che vivevano in una landa di eterna giovinezza e felicità chiamata Tir nan Oge, e che le forze degli spiriti potessero unirsi al mondo dei viventi, provocando in questo modo il dissolvimento temporaneo delle leggi del tempo e dello spazio e facendo sì che l’aldilà si fondesse con il mondo dei vivi e permettendo agli spiriti erranti di vagare indisturbati sulla Terra.
Samhain era, dunque, una celebrazione che univa la paura della morte e degli spiriti all’allegria dei festeggiamenti per la fine del vecchio anno. Durante la notte del 31 ottobre si tenevano dei raduni nei boschi e sulle colline per la cerimonia dell’accensione del Fuoco Sacro e venivano effettuati sacrifici animali. Vestiti con maschere grottesche, i Celti tornavano al villaggio, facendosi luce con lanterne costituite da cipolle intagliate al cui interno erano poste le braci del Fuoco Sacro. Dopo questi riti i Celti festeggiavano per 3 giorni, mascherandosi con le pelli degli animali uccisi per spaventare gli spiriti.
In Irlanda si diffuse l’usanza di accendere torce e fiaccole fuori dagli usci e di lasciare cibo e latte per le anime dei defunti che avrebbero reso visita ai propri familiari, affinché potessero rifocillarsi e decidessero di non fare scherzi ai viventi.
Dall’Irlanda agli Stati Uniti
Verso la metà del XIX secolo, l’Irlanda fu investita da una terribile carestia, ancor oggi ricordata con grande partecipazione dagli irlandesi. In quel periodo per sfuggire alla povertà, molte persone decisero di abbandonare l’isola e di tentar fortuna negli Stati Uniti, dove crearono, come molte altre nazionalità, una forte comunità. All’interno di essa venivano mantenute vive le tradizioni ed i costumi della loro patria, e tra di essi il 31 Ottobre veniva celebrato Halloween.
Ben presto, questa usanza si diffuse in tutto il popolo americano, diventando quasi una festa nazionale.
Più recentemente, gli Stati Uniti grazie al cinema ed alla televisione hanno esportato in tutto il mondo i festeggiamenti di Halloween, contagiando anche quella parte dell’Europa che ne era rimasta estranea. In moltissimi film e telefilm spesso appaiono la famosa zucca ed i bambini mascherati che bussano alle porte. E molti, infine, sono i libri ed i racconti horror che prendono Halloween come sfondo o come spunto delle loro trame.
Negli Stati Uniti Halloween ha perso i suoi significati religiosi e rituali, ed è diventata un’occasione per divertirsi e organizzare costosi e allegri festeggiamenti. Pare che ogni anno gli Americani spendano due milioni e mezzo di dollari in costumi, addobbi e feste per il 31 ottobre!
Halloween in Sicilia – Le tradizioni dei giorni dei “morti”
Le tradizioni orali, gli usi ed i costumi della Sicilia divengono oggi un bene da tutelare al pari dei beni caratterizzati da tangibilità. Nell’ampio spettro di beni immateriali, possono rientrare anche le usanze tipiche come quelle legate alla ricorrenza dei “morti”, specialmente oggi, che la festa di Halloween si diffonde sempre più e trova, specie da parte delle nuove generazioni, una consistente attrattiva.
La ricorrenza della commemorazione dei defunti risale al X secolo, mentre quella di Ognissanti è precedente e risale ad una decisione di Gregorio II, che nel 835 pare abbia spostato la festa già esistente, dal 13 Maggio al 1 Novembre. A Palermo, come in altre località dell’Isola, si conservano ancora alcune usanze che rendono tale ricorrenza certamente particolare. Sono ancora tanti i bambini palermitani che ricevono regali nel primo mattino del giorno 2 Novembre. Fino a pochi anni fa i genitori si recavano dopo cena presso uno dei tanti mercatini rionali allestiti in slarghi e piazze cittadine- come quello dietro Piazza Olivella, nel centro storico di Palermo- per acquistare, di nascosto ad i loro piccini, semplici regali che assumevano il valore prezioso della sorpresa e del mistero. La tradizionale “fiera dei Morti” sopravvive a Palermo, anche se non ha conservato la sua collocazione per così dire “storica”, e i regali presi per i bimbi vengono ancora, da qualche famiglia, opportunamente nascosti nella notte in qualche angolo della casa, per poi essere presentati ai destinatari come doni ricevuti dai parenti scomparsi. Tradizione vuole che i bambini vengano destati alle prime luci dell’alba ed invitati a ricercare il dono nascosto dopo avere recitato i versi: “Armi santi, armi santi/ io sugnu unu e vuatri tanti/ Mentri sugnu ‘ni stu munnu di guai/ cosi ri morti mittiminni assai”.
Oggi, molti rituali legati alla festa si sono certamente persi, ma il collettivo ricordo di queste antiche emozioni, che in molte persone perdura fin oggi, è la riprova della forza evocativa di tali usanze. Una tradizione che non è sfuggita naturalmente al Pitrè che riporta che i bambini siciliani usavano lasciare le loro scarpe vecchie in qualche angolo della loro abitazione, per ritrovare poi al loro posto delle scarpe nuove, oppure trovarle ricolme di dolciumi. Altro dato caratteristico della ricorrenza palermitana è quello legato all’aspetto gastronomico e a quella festa di sapori e di colori espressa nel preparare il cosiddetto “cannistru”. Il cestino, è tradizionalmente ancora composto con i frutti di martorana, retaggio di antiche e lontane tradizioni derivanti dal culto dei morti, i pupi di zucchero – detti pupaccena-, i particolari biscotti chiamati “crozzi ‘i mottu“, ossa di morto e la frutta secca. Il cannistreddu viene preparato per i morti, per rendere omaggio ai parenti scomparsi, ma poi, puntualmente com’è ovvio, viene consumato dai vivi. In alcune famiglie di Palermo si usa addirittura ancora consumare la muffoletta “cunzata” la mattina del 2 Novembre, con olio sale pepe e origano. Quello che è importante rilevare inoltre, a parte gli aspetti pittoreschi ed artistico-culturali legati a questa tradizione, è il senso di questa ricorrenza, che oggi appare completamente diverso.
Quel ruolo educativo che, più o meno coscientemente, prima rivestiva tale festa per il bambino, è stato oggi sovvertito. Il culto dei morti nel senso di rispetto ed amore per coloro i quali, pur essendo scomparsi sono ancora presenti nelle loro famiglie con manifestazioni tangibili di affetto (per i bimbi rappresentate dai doni), non esiste più. Nella odierna Halloween proposta ai bambini, troviamo piuttosto il sapore di un carnevale un po’ più tetro, con maschere esaltando il senso della paura mirano ad esorcizzarla. E così, al posto dei coloratissimi pupi di zucchero, tutti diversi pur essendo a volte prodotti dal medesimo stampo, oggi nelle bancarelle campeggiano numerose zucche forate, grandi e piccole, tutte arancioni.
E’ interessante soffermarsi anche su Halloween e sulle sue origini. Il termine deriva dalla contrazione di Hallows even, che letteralmente vuol dire “Vigilia di ognissanti”. Hallows even, divenne poi Hallow-e’en e dunque Halloween. Questa ricorrenza risale al Samhain che segnava l’inizio del nuovo anno celtico. I Celti festeggiavano infatti l’inizio dell’anno nuovo il primo Novembre, in corrispondenza dell’inizio dell’inverno e credevano che in quella notte, le anime dei morti lasciassero le loro tombe per fare ritorno nelle loro dimore terrene. Questa ricorrenza perviene poi in America per via dell’immigrazione irlandese nella II metà del 1800. Molti italiani hanno appreso, da piccoli, di questa festa dalle pagine di Schultz e del suo fumetto “Linus”, inquadrandola come un fenomeno oltreoceano ma in realtà le origini quindi sono europee, trattandosi di un rito celtico risalente orientativamente al primo secolo avanti Cristo.
L’uso di lasciare cibo e doni fuori, sulla porta di casa era utile a placare le anime dei defunti e la particolarità di intagliare delle rape per introdurvi candele illuminate, risale proprio all’antica usanza del nord-Europa.
La consuetudine di mettere fuori dalle porte di casa, delle zucche svuotate con dentro una candela è invece un uso americano, e si ricollega a quelle antichissime usanze dell’intaglio della rapa. La zucca, contiene i semi, e per questo si ricollega ad un significato di abbondanza e fertilità, e viene utilizzata per allontanare le anime dei morti.
Ritornando alle usanze della Sicilia, data forse la proverbiale ospitalità del popolo siciliano la situazione appare nell’isola ribaltata, e i morti sono invitati ad entrare nelle nostre case, a portare doni ai bambini. Per i defunti si predispongono anche cestini ricchi di prelibatezze collocate, non fuori, ma all’interno delle abitazioni. Forse per via del fatto che da noi spesso a Novembre c’è ancora il sole, la ricorrenza non poteva che prendere una connotazione più allegra e meno terrificante. Tuttavia possiamo comunque trovare alcuni elementi in comune con la tradizione americana. Anche qui infatti le anime dei morti escono dalle loro tombe, anche se non escono dai cimiteri – come accade invece in Halloween. Questo perchè anticamente i cimiteri si trovavano all’interno di Conventi, ed è da questi che, in alcune località della Sicilia i “morti” sono soliti uscire durante la loro festa e compiendo dei percorsi antichi donare regali ai bambini.
Tali usanze sopravvivono ad Erice, dove i defunti escono dalla Chiesa dei Cappuccini o aCianciana in provincia di Agrigento, dove escono dal Convento di S. Antonino dei Riformati. Anche nel catanese, e per la precisione ad Acireale, durante la ricorrnza dei morti si usa che girino per la città indossando un lenzuolo funebre, e rubando i doni ai venditori per poi darli ai bambini. Anche a Partinico, presso Palermo, indossano un lenzuolo e, a piedi scalzi recando una torcia accesa e recitando litanie, percorrono alcune strade cittadine. Non c’è niente di male se oggi i bambini i si lascino trasportare dall’euforia della nuova festa di Halloween, però è possibile fare qualcosa per non fare dimenticare che anche in Sicilia, sopravvivono tradizioni che possono essere tramandate, non solo perché appartengono alla nostra cultura, ma anche semplicemente perché possono essere belle, poetiche e al tempo stesso divertenti.
Articolo di Paola Campanella
Fonti:
http://www.irlandando.it/halloween/storia/
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