Foto non firmate da artisti dello scatto, che durante i riti, sono accorsi a centinaia, pronti ad immortalare gesti e movenze – dal pranzo in casa, dalla condivisione del vino alla vestizione, fino alle irriverenza tese a “disturbare”- , ma che fissano una serie di attimi dei riti del Venerdì Santo.
Sembra tutto un ripetersi, ma così non è, e ci costringeno a guardare all’evento pasquale in modo diverso.
Il sopravvivere di una tradizione dove il burlesco o il carnevalesco, diciamo pure l’irriverenza e la dissacrazione, hanno il sopravvento visivo su un rito che rimane penitenziale e religioso – scrive Pippo Pappalardo, Critico Fotografico, che ben conosce questa ritualità-
Mentre questi caratteri, però, vanno affievolendosi nella ritualità folklorica e pietistica, o prendono adeguatamente altre direzioni, il protagonismo trasgressivo dei Giudei sopravvive, inquietante per occhi che vogliono vedere e per orecchie che vogliono ascoltare.
Nel loro silenzio – solo profane marcette musicali – e nelle fotografie che li ritraggono c’è solo una domanda che si para davanti agli obiettivi: “Cosa siete venuti a cercare?
I morti stanno tra i morti e i vivi stanno tra i vivi.
Se cercate un dio che è morto, non occorre salire su queste franate montagne; se volete incontrare un dio che cammina, vivo tra uomini vivi, allora unitevi a noi”.
Sono scatti, allora, che non vogliono individuare nei Giudei chi ha fatto un (dei)cidio nel corpo di Gesù, o coloro che sono coinvolti nella responsabilità della sua morte (il potere), ma quelli che, paradossalmente, professano nel rito una diversa dimensione religiosa: fanno ritratto, infatti, sia dell’atteggiamento sospetto, diffidente della Samaritana ma anche della sincerità del piccolo Zaccheo che sa arrampicarsi sul sicomoro perché vuole capire. Solo l’atra faccia della Pasqua, spesso il nostro riflesso.
E questo passa attraverso anche il “disturbo” di irrituali mazzi di chiavi che tintinnano … ma poi, è bello vedere, alla dodicesima stazione, i “Giudei” segnarsi il capo con il gesto della “croce” … prima di perdesi nella fragorosa risata, nascosta dalla maschera dopo la danza, volteggiando intorno ad un palo, sabbica quanto antica e profana lap dance religiosa.
foto di Massimo Scaffidi