I PROBLEMI DELLA RICERCA IN ITALIA – Perché le percentuali sono così basse nel nostro paese?
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I PROBLEMI DELLA RICERCA IN ITALIA – Perché le percentuali sono così basse nel nostro paese?

Ricerca scientifica e investimenti

Storicamente parlando e considerando alcuni dei movimenti culturali, artistici e sociali della storia umana, molte delle innovazioni sono oggetto di una produzione tutta italiana. Se altri paesi possono vantare una grande competenza in termini prettamente produttivi, l’Italia ha sempre potuto contare su cervelli che superassero i corrispettivi europei e mondiali, per quanto non sempre è stato possibile contare su un adeguato supporto, in termini di valorizzazione, del nostro paese. Uno degli aspetti più tristi e di controsenso, per la storia della ricerca scientifica italiana, risiede proprio nella problematica che c’è nel tentare di valorizzare i cervelli del nostro paese.

Un numero di pubblicazioni scientifiche altissimo ma che, purtroppo, non viene coadiuvato da un supporto che sia in grado di trattenere la competenza e la genialità, per un paese che mantiene potenzialità artistiche ma che, almeno oggi, non è in grado di sfruttarle. Ma quali sono i problemi della ricerca in Italia e perché le percentuali sono così basse nel nostro paese?

I numeri della difficoltà italiana in sede di ricerca

Quando si parla di ricerca si fa riferimento ad una macroarea piuttosto vasta, che investe diversi settori ma che – generalmente – interessa soprattutto il settore universitario, per tutti coloro che vogliono proseguire i propri studi ben oltre la laurea e la specializzazione conquistata. Lanciarsi nel mondo della ricerca prevede che ci sia il supporto di una commissione, generalmente anche di professori che si conoscono e con cui c’è già stato un lavoro pregresso in termini di tesi e pubblicazioni scientifiche, la quale assegnerà dei bandi per borse di studio affinché si possa lavorare ad un progetto per perseguire le proprie abilità in una determinata materia. Quando ciò avviene, c’è possibilità di investire nel proprio futuro, lavorando alle proprie conoscenze ed effettuando ricerca su una determinata materia o su un aspetto della stessa, per inventare una nuova disciplina o un approccio che, in futuro, possa essere insegnato attraverso qualsiasi canale.

L’Italia ha a disposizione un sistema di cervelli mai banale in tal senso: i nostri studenti superano di circa due punti in percentuale i coetanei europei per intuizioni, tematiche e specifiche categorie di ricerca, che si traducono in pubblicazioni scientifiche. Materie come la sanità, la medicina, il progresso tecnologico, la biodiversità ma anche l’arte nella sua accezione più generica vengono costantemente sviscerate in favore di nuovi approcci che permettono di ottenere pubblicazioni e materiale per CV, ma non basta: l’Italia è peggiore, rispetto a tutti gli altri paesi, per statistiche che riguardano fondi governativi, supporti per lo studente, destinazioni di ricerca, bandi e infrastrutture dedicate ad esprimere il proprio talento. Il genio, lì dove si esprime con la possibilità di una pubblicazione, viene frenato da un paese che non regge i numeri altissimi, ma purtroppo raramente incoraggiati verso la propria destinazione.

Perché investire nella ricerca è importante?

Realtà sociali disastrose come il Covid hanno dimostrato quanto importante sia il compito della ricerca, che deve essere alla base di quella pretesa di innovazione che possa accelerare i tempi, fornire delle soluzioni e aiutare l’essere umano in alcune delle sue quotidiane attività. Investire nella ricerca, allora, è importante rivoluzionando in parte anche il sistema universitario, che però si trova di fronte ad un altro problema: a meno che non si parli di strutture private o para-statali, che si reggono grazie a tassazioni elevate e supporti aziendali, l’università non riesce a fronteggiare la quantità di studenti potenziali in maniera adeguata, di fatto riducendo sempre più il supporto extra-ateneo, anche in caso di ricerca. Con il pnrr e con gli oltre 10 miliardi investiti nel potenziamento della ricerca e dell’università si è fatto un passo in avanti, ma l’Italia non può continuare più a tagliare risorse da destinare ad un sistema che, se abbandonato, rischia di autofagocitarsi.

19 Gennaio 2024

Autore:

redazione


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