L’art. 5 del decreto sviluppo (Decreto-legge 13 maggio 2011 n. 70, convertito nella 12 luglio 2011, n. 106) ha introdotto un’importantissima novità sul regime giuridico della cubatura edilizia che val la pena di approfondire.
La cubatura in edilizia è la volumetria insediabile su una determinata area in base alle previsioni del piano regolatore generale.
Il sistema attuale, in sintesi, prevede che la pianificazione urbanistica avvenga mediante la individuazione di zone in cui è possibile edificare ed altre in cui non è possibile. La cubatura è attribuita solo alle zone deve è possibile l’edificazione, con indici variabili a seconda della tipologia.
Questo significa che durante la redazione degli strumenti urbanistici posizionare un retino che individua le aree edificabili in un posto piuttosto che in altro comporta spostare milioni di euro da un posto all’altro in quanto il valore di un’area edificabile è esponenzialmente maggiore rispetto a quella che non lo è.
Non ci vuole molto ad immaginare cosa ciò inneschi sotto il profilo del clientelismo, della possibile corruzione, degli intrecci di interessi poco chiari, in quanto è evidente che, per ovvie ragioni, ognuno vorrebbe che il proprio terreno fosse edificabile a discapito di quello degli altri e per ottenerlo molti sono disposti ad usare anche strumenti poco ortodossi.
Anche per tali ragioni l’adozione e l’approvazione degli strumenti urbanistici è particolarmente travagliata ed incontra lungo la sua strada centinaia di ostacoli che li fanno ritardare per anni.
In sostanza, l’attuale sistema di pianificazione è spesso poco trasparente, genera rendite ingiuste, muove interessi enormi e poco trasparenti a vantaggio di pochi e a discapito di molti; è motivo di corruzione e malaffare: insomma quei problemi che tutti conosciamo e sui quali non è il caso di dilungarsi.
La nuova norma contenuta nel decreto sviluppo 2011, ha introdotto la possibilità delle cessione separata, rispetto al terreno, dei diritti edificatori cioè della cubatura.
Prima ciò non era possibile, ma, al massimo, mediante l’asservimento, si poteva spostare della cubatura da un fondo all’altro a condizione che fossero contigui o molto vicini.
Ora la legge consente, molto più semplicemente, di trasferire, in tutto o in parte, la cubatura realizzabile su una determinata area.
Il trasferimento avviene a favore di un soggetto determinato, ma non è necessario indicare subito su quale area verrà utilizzata (a differenza di quanto avveniva in precedenza, utilizzando il sistema dell’asservimento). L’acquirente, dunque, potrà decidere in seguito su quale area utilizzare la cubatura acquistata, per realizzare una costruzione, e potrà anche conservare la cubatura acquistata in attesa di acquistare il terreno su cui costruire, oppure rivendere nuovamente la cubatura acquistata.
I diritti edificatori, dunque, sono considerati dalla legge come veri e propri beni immateriali.
Tale meccanismo offre la copertura normativa per introdurre negli strumenti urbanistici la cosiddetta “perequazione urbanistica” già sperimentata da qualche comune italiano ed in particolare in Lombardia. Il principio della perequazione, in sostanza, comporta la separazione della cubatura dalla destinazione urbanistica.
In altre parole, a tutte le aree del Comune (o comprese in zone omogenee all’interno del Comune), viene attribuito lo stesso indice di edificabilità e il proprietario di aree che concretamente non risultano edificabili (perché destinate, per esempio, a uso pubblico o a verde) può cedere la propria cubatura a chi è interessato a costruire, sulla propria area, in misura superiore all’indice.
In questo modo viene compensato il danno derivante dall’attribuzione di una destinazione urbanistica sfavorevole. In sostanza si instaurerebbe un vero e proprio “borsino” dei diritti edificatori che i proprietari potrebbero vendere sul mercato al prezzo che si stabilirebbe secondo la legge della domanda e dell’offerta.
Con tale sistema la pianificazione urbanistica non sarebbe più l’occasione per generare enormi rendite per pochi fortunati i cui terreni vengono resi edificabili, ma tutti i proprietari dei terreni ne trarrebbero beneficio perché, pur non potendovi costruire, potrebbero vendere la cubatura ai proprietari di quelli ove si può costruire.
Gli interessi intorno alla redazione dei piani, le pressioni per spostare zone edificabili da un posto all’altro crollerebbero verticalmente perché comunque tutti ne trarrebbero beneficio e quindi si potrebbe fare una programmazione più seria tenendo conto effettivamente delle caratteristiche del territorio e di tutti gli altri parametri di legge.
I comuni verrebbero sgravati dagli ingenti oneri per l’espropriazione dei terreni necessari per realizzare opere pubbliche in quanto il proprietario espropriato resterebbe comunque titolare della cubatura per cui l’indennizzo da corrispondere sarebbe molto basso ed anzi, al riguardo, si potrebbe prevedere che ai terreni destinati all’espropriazione venga attribuita una maggiore quantità di cubatura rispetto agli altri a titolo di indennizzo completo per il proprietario che però dovrebbe cederli gratuitamente, sicché i comuni non avrebbero alcun onere per la loro acquisizione.
Verrebbe meno, inoltre, il problema della durata dei vincoli di piano che potrebbero restare a tempo indeterminato in quanto i proprietari dei terreni vincolati verrebbero indennizzati e dunque cadrebbero i presupposti che giustificano la temporaneità che tanti problemi ha creato alle amministrazioni costringendole , dopo la scadenza, ad approvare continue varianti per realizzare le opere pubbliche.
Insomma, come detto nel titolo, vi sarebbero vantaggi per tutti i cittadini e non solamente per pochi fortunati. Si eliminerebbe la rendita di posizione ed il privilegio di pochi generata delle scelte delle amministrazioni a vantaggio di una dinamica di mercato che costituirebbe un enorme volano per l’economia.
Semplificherebbe i meccanismi di pianificazione perché sono convinto che con questo sistema i tempi di redazione ed approvazione dei piani si accorcerebbero di moltissimo. Gli enti non avrebbero più sostanzialmente oneri per reperire i terreni per realizzare opere pubbliche. Si tratterebbe di un fatto di grande giustizia sociale in quanto la ricchezza generata dalle scelte urbanistiche sarebbe distribuita nella maniera più ampia ed equa possibile tra tutti i cittadini.
Siccome siamo sotto campagna elettorale, voglio lanciare nel dibattito questa proposta con un occhio alle ricadute che avrebbe sul nostro territorio.
Migliaia di piccoli proprietari che si troverebbero immediatamente con risorse a disposizione disponendo di cubatura da mettere sul mercato. Un’iniezione di ricchezza generalizzata non trascurabile per quasi tutti i cittadini anziché per le solite 20 o 30 persone.
Mi piacerebbe che diventasse una piattaforma condivisa da tutti i candidati che si confronteranno nelle prossime elezioni con l’impegno, una volta eletti, a lavorare in questa direzione tenuto conto che il PRG di Gioiosa dovrà essere approvato durante il prossimo mandato.
Forse in questi giorni le dinamiche “politiche” sono altre.
Ma io mi ostino a pensare che forse è più importante soffermarsi sulle cose da fare e sarebbe più produttivo per tutti sforzarsi di elaborare idee al riguardo.
Io d’ora in poi mi dedicherò a questo.
Quando mi verrà qualche idea che ritengo valida, la metterò a disposizione, non di questa o quell’altra persona, ma della comunità confidando che chi ne avrà la possibilità, se la ritiene efficace, tragga spunto per fare qualcosa di utile per i cittadini.
Vincenzo Amato