Manzoni non si era mai preoccupato molto delle vicende legate al famoso condottiero corso. Tuttavia, una volta scomparso, sentì il desiderio di raccontarne le gesta, dal successo al declino, senza esaltarlo o criticarlo. Fu scritta in soli tre giorni, grazie ad una forte spinta emotiva, tra il 17 e il 19 luglio dello stesso anno.
Qui sotto trovate il famoso testo (completo), mentre in fondo segnaliamo una pagina dove leggere la spiegazione di questi versi.
Alessandro Manzoni
Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore orba di tanto spiro, 5 così percossa, attonita la terra al nunzio sta, muta pensando all’ultima ora dell’uom fatale; né sa quando una simile 10 orma di piè mortale la sua cruenta polvere a calpestar verrà. Lui folgorante in solio vide il mio genio e tacque; 15 quando, con vece assidua, cadde, risorse e giacque, di mille voci al sonito mista la sua non ha: vergin di servo encomio 20 e di codardo oltraggio, sorge or commosso al subito sparir di tanto raggio; e scioglie all’urna un cantico che forse non morrà. 25 Dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno, di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno; scoppiò da Scilla al Tanai, 30 dall’uno all’altro mar. Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza: nui chiniam la fronte al Massimo Fattor, che volle in lui 35 del creator suo spirito più vasta orma stampar. La procellosa e trepida gioia d’un gran disegno, l’ansia d’un cor che indocile 40 serve pensando al regno; e il giunge, e tiene un premio ch’era follia sperar; tutto ei provò: la gloria maggior dopo il periglio, 45 la fuga e la vittoria, la reggia e il tristo esiglio; due volte nella polvere, due volte sull’altar. Ei si nomò: due secoli, 50 l’un contro l’altro armato, sommessi a lui si volsero, come aspettando il fato; ei fe’ silenzio, ed arbitro s’assise in mezzo a lor. 55 E sparve, e i dì nell’ozio chiuse in sì breve sponda, segno d’immensa invidia e di pietà profonda, d’inestinguibil odio 60 e d’indomato amor. Come sul capo al naufrago l’onda s’avvolve e pesa, l’onda su cui del misero, alta pur dianzi e tesa, 65 scorrea la vista a scernere prode remote invan; tal su quell’alma il cumulo delle memorie scese! Oh quante volte ai posteri 70 narrar sé stesso imprese, e sull’eterne pagine cadde la stanca man! Oh quante volte, al tacito morir d’un giorno inerte, 75 chinati i rai fulminei, le braccia al sen conserte, stette, e dei dì che furono l’assalse il sovvenir! E ripensò le mobili 80 tende, e i percossi valli, e il lampo de’ manipoli, e l’onda dei cavalli, e il concitato imperio, e il celere ubbidir. 85 Ahi! Forse a tanto strazio cadde lo spirto anelo, e disperò; ma valida venne una man dal cielo e in più spirabil aere 90 pietosa il trasportò; e l’avviò, pei floridi sentier della speranza, ai campi eterni, al premio che i desideri avanza, 95 dov’è silenzio e tenebre la gloria che passò. Bella Immortal! benefica Fede ai trionfi avvezza! scrivi ancor questo, allegrati; 100 ché più superba altezza al disonor del Golgota giammai non si chinò. Tu dalle stanche ceneri sperdi ogni ria parola: 105 il Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola, sulla deserta coltrice accanto a lui posò. Poesia scritta nel 1821 e dedicata a Napoleone.
Alessandro Manzoni (Milano, 7 marzo 1785 – Milano, 22 maggio 1873)