Le ipotesi di Gabriele Adinolfi. Da rileggere la sua intervista oggi, nel giorno del rapimento e della strage di via Fani.
Dall’intervista del
Due uomini agli ordini del Sismi, su una moto Honda, comparsi in via Fani nell’ora esatta dell’agguato ad Aldo Moro per vigilare affinché le cose, per le Br, andassero nel migliore dei modi. Le nuove rivelazioni bomba sul rapimento Moro permettono di guardare con una luce nuova a uno dei momenti chiave degli anni di piombo. Tutto sembra ormai portare nella direzione di quelle tesi che Gabriele Adinolfi – ex fondatore di Terza posizione e oggi animatore del Centro studi Polaris – da sempre sostiene e che ribadisce anche nel suo libro, “Quella strage fascista. Così è se vi pare” (Youcanprint)
Adinolfi, il nuovo scoop che riapre il caso Moro è una bufala, una verità già nota o un dato che scompagina tutto quello che credevamo di sapere?
Bella domanda.
Atteniamoci a quanto sappiamo. Ovvero che il rapimento Moro venne preparato in anticipo, che per favorirlo venne rimosso e sostituito il Questore di Roma, che vennero cambiati i vertici dei servizi, che vennero depistate le indagini e che si consentì allo stato maggiore terrorista di aprire a Roma una filiale della centrale Hypérion di Parigi , filiale che fu chiusa subito dopo.
Il Sisde poi controllava via Gradoli, il primo luogo di prigionia di Moro.
Le rivelazioni di questi giorni vanno verificate. Possono aggiungere un elemento come possono essere una bufala o un depistaggio.
Lo scopriremo presto.
A prescindere da queste ultime rivelazioni, chi volle mettere fuori gioco Aldo Moro e perché?
Il perché lo disse lui stesso alle BR. Non, come si racconta, per l’apertura governativa ai comunisti che, anzi era sponsorizzata dalla stessa Cia fin dal 1964 ed ottenne la copertura di Stay Behind già nel 1974, ma per la politica araba e filopalestinese.
Chi? Di sicuro Kissinger e la Trilateral, ma anche alcune potenze mediterranee che paradossalmente erano estranee alla Nato, ovvero la Francia ed Israele che furono parte attiva in tutto l’affare Moro.
Israele ne approntò addirittura le ultime prigioni e verosimilmente ebbe molta influenza nelle decisione finale dell’esecuzione presa contro il volere della maggioranza BR dall’ala brigatista detta Superclan che con il Mossad aveva relazioni privilegiate.
Le Brigate Rosse: quale poteva essere il reale grado di autonomia di un movimento del genere?
Qui eviterei di cadere nei luoghi comuni.
Non esiste formazione politica, armata, rivoluzionaria che, una volta consistente, non debba fare i conti con tutti coloro che vorrebbe soppiantare o cancellare.
Garibaldi, Mussolini, Lenin, hanno avuto la meglio su coloro che contavano di manipolarli.
I brigatisti forse no. Ma se leggete il mio romanzo, quello che parte dalle rivelazioni sulla strage di Brescia come opera di partigiani e del Superclan, vedete che non considero quei combattenti come dei collusi e neppure come dei pupazzi.
Di tutto questo lei parla anche nel suo ultimo libro “Quella strage fascista”. È un romanzo di fantasia? Dove lo si trova e come?
E’ un romanzo ma è un romanzo reale che si basa su tutte le prove – agli atti da sempre – che sono state volutamente ignorate per salvaguardare il teorema di fondo, ovvero la menzogna del potere liberal/comunista e del suo falso e sanguinario mito fondatore di stragismo fascista.
Lo si trova sicuramente alla Testa di Ferro ma si può ordinare sia su www.noreporter.org sia scrivendomi a ga@gabrieleadinolfi..it
Nel suo romanzo Aldo Moro lo volevano morto già nel 1974, soprattutto gli israeliani e il Partito Comunista, che pure doveva molto alla sua politica, l’avrebbe sacrificato.
Io toglierei il condizionale. E’ esattamente quanto è accaduto e così si legge la strage dell’Italicus (Moro era a bordo e fu fatto scendere all’ultimo minuto). Anche lì sono state volutamente ignorate le prove.
L’ex-magistrato Rosario Priore nel suo libro “Chi manovrava le Brigate rosse” (Ponte alle Grazie) ha cominciato a raccontare un’altra verità sul terrorismo rosso. Libri come questo ci avvicinano alla verità o sono ulteriori false piste?
A mio avviso questo libro, scritto insieme a Silvano de Prospo, è molto buono, uno dei migliori tra i dieci o quindici che sull’argomento sono validi.
Ci sono, a mio parere, anche degli errori di valutazione (per esempio sulla dottrina Mitterrand) e un’eccessiva concentrazione sulla valenza francese che, in realtà, va letta in modo più ampio (Parigi come crocevia di Internazionale Trozkista, Commissione Trilateral e partito israeliano). In ogni caso è un saggio notevole e prezioso.
Negli anni ’70 ha subito più infiltrazioni e manipolazioni l’estrema destra o l’estrema sinistra?
Non siamo ridicoli!
L’estrema sinistra era molto più agguerrita, numerosa e articolata in tutto il mondo. Più gerarchizzata e da sempre dialettica con servizi dell’est e dell’ovest. Controllata sistematicamente dal Mossad fin dal 1971 e dalla Cia tramite l’Internazionale Socialista.
L’estrema destra non aveva peso specifico né alcuna struttura che le potesse consentire di essere appetibile per qualsiasi stratega.
Come risponde all’accusa di aver formulato, con le sue tesi sullo stragismo, una difesa aprioristica del neofascismo dell’epoca? Davvero le infiltrazioni stavano tutte dall’altra parte? La destra radicale non deve formulare alcuna autocritica?
Accusa? Per piacere. Io consiglio a chi la muove di andare da uno psicanalista o, se non basta, da uno psichiatra.
Autocritica? Sfido chiunque a trovare da qualche parte una critica radicale, spietata e articolata quanto la mia al neofascismo. E per giunta di lunghissima data…
Ma qui si tratta d’altro. Per alcuni le cose devono stare così come le vuole il potere.
Con gli americani coglioni che cercano di fermare a colpi di bombe l’avanzata dei rivoluzionari comunisti e che per farlo invece di assoldare killers o mafiosi arruolano mitomani da bar e poi li coprono. E come li coprono? Creando false piste tutte contro l’estrema destra e proteggendo l’estrema opposta sempre, da Piazza Fontana alla Stazione di Bologna.
I mitomani manipolati? Ci furono di sicuro e li troviamo negli ambienti meno gerarchizzati e più spontaneisti ma, tranne qualche depistatore, nessuno li ha mai presi sul serio: non hanno avuto alcun ruolo rilevante nella strategia della tensione perché non erano buoni né per il re né per la regina.
Eppure c’è ancora chi nell’estrema destra è fissato con i fascisti assoldati.
Il fatto è che quest’area terminale è piena zeppa di segaioli che si proclamano rivoluzionari; che non sanno concepirsi come tali se non assumendo le parole d’ordine e gli schemi del nemico. E poi, siccome sono degli inutili e degli incapaci, debbono abbarbicarsi alle figure dei cattivi maestri e dei fascisti collusi perché offrono loro l’alibi del perché quelli che tanto bramano li riconoscano, ovvero militanti o intellettuali di sinistra, invece li snobbano e li schifano. Ammettere la realtà così com’è e non con la sua damnatio, significherebbe per tutte queste nullità che si sentono rivoluzionari e che riescono ad esibirsi in questo clima di democrazia terminale, di fare sì autocritica, di guardarsi sì nello specchio e di ammettere, appunto, che sono nullità. E questo lo può fare chiunque, ma non le nullità.
Cosa vuoi dire a questi qua? Lo ripeto: provate con uno psicanalista e se non bastasse con uno psichiatra!
Dalla storia all’attualità: anche la rivolta nazionalista ucraina è stata accusata di essere “funzionale” all’atlantismo. Ma cosa significa essere funzionali? Come distinguere davvero gli utili idioti? Qual è il modo corretto per rapportarsi ai fenomeni di questo tipo, senza ingenuità in un senso o nell’altro?
Tutta questa storia – che di fatto è una spartizione concordata tra Russia e Occidente – è stata letta come uno scontro di civiltà che però non esiste; in molti hanno sperato, o sperano, in uno scontro frontale che non c’è.
Sapete bene che sono stato probabilmente il primo in Italia a sostenere la linea di Putin e non ho cambiato parere. Solo che in molti hanno praticato un’identificazione irrealistica e mistificante che presenta anch’essa dei tratti psicotici (si chiama identificazione protettiva).
Secondo questa logica un popolo dovrebbe rinunciare alla sua fierezza e alla sua indipendenza e tenersi un regime corrotto, ladro e poliziesco che, prima ancora della battaglia in pazza Maidan aveva eliminato trecento oppositori.
Per far tornare lo schema che molti di noi si sono fatti nella propria casa calda, un popolo e dei militanti, dovevano fare gli schiavi. E se non l’hanno fatto, se sono andati allo scontro, se hanno lasciato cento Caduti, non possono che essere pupazzi altrui.
Siamo una volta di più nella psicopatia.
Basta andare a verificare e si scoprono le cose come stanno.
Al di là del potenziale storico che posso comprendere che capiscano in pochi, nel giudicare si è perduta la gerarchia dei valori, quella dell’essenziale, si sono smarriti il senso del sacro e lo spirito guerriero.
Al punto da poter tifare per chi in Ucraìna vuole la pelle dei “neonazisti” o dei “fascisti” in nome della causa bolscevica.
C’è anche chi liquida l’annuale marcia lettone delle Waffen SS come provocazione antirussa e la vorrebbe fermare, così come vorrebbe rimuovere il monumento alle Waffen SS di Riga.
Cosa si può rispondere? Che in effetti la critica al neofascismo è stata troppo blanda.
Non a quello del passato però ma alla caricatura nevrastenica, isterica e onanistica che ne ha preso il posto oggi.
Fortunatamente ci sono molti che hanno la sufficiente umiltà, la natura retta e l’istinto giusto per voltare le spalle a questi chiassosi tafani che vivono solo nella palude punzecchiando tutto quanto muove. E che avrebbero considerato manipolati e traditori tutti i grandi del passato a cominciare da Mussolini.