di Nino Lo Iacono
La storia e le vicende della città di Patti si intersecano con le vicende storiche della Sicilia e in certi casi dell’Italia intera.
Questo intervento vuol palesare la questione del dialetto e del volgare pattese capostipite del siciliano antico.
Nessuna pretesa di sostituirsi ai dialettologi e linguisti, sia chiaro, a cui è necessario lasciare approfondimenti e riflessioni ma c’è in me l’auspicio che gli esperti possano nuovamente attenzionare i ricchi spunti provenienti dalla Città.
Il primo a diffondere la notizia sulla terza pagina del Giornale di Sicilia, fu il 29 marzo del 1983 il compianto Bent Parodi di Belsito, pubblicando i risultati dello studio fatto dal prof. Girolamo Caracausi professore straordinario di Glottologia presso l’Università di Palermo e direttore dell’Istituto di Filologia e Linguistica.
In tale veste organizzò il convegno “Tre millenni di storia linguistica della Sicilia”, che si tenne presso lo stesso Istituto nel marzo del 1983.
Secondo gli studi condotti dal professore Caracausi e dai suoi collaboratori, il primo volgare parlato e quindi il primo dialetto siciliano nacque a Patti.
Nel 1133, i Pattesi ricorsero al Re Ruggero II°, perché facesse chiarezza sui poteri temporali dell’Abate Giovanni.
Questi tendeva a ridimensionare la libertà dei Pattesi per assoggettarli ad una podestà feudale che di fatto nessuno gli aveva concesso.
Il Re, con la stessa e fine diplomazia della madre Adelasia, inviò un documento, stilato dal suo cancelliere Guarino, nel quale vennero definiti i diritti e i doveri dei cittadini e anche quelli del Vescovo, limiti compresi.
Il documento era scritto ovviamente in latino e per la prima volta in doppia copia “ in duo scripta, unum Pactensibus, aliud Episcopus”.
In questo modo il Re volle già distinguere le due realtà, riconoscendo di fatto una divisione di poteri. Il Vescovo, per far comprendere a tutti i cittadini il contenuto delle disposizioni del Re, ordinò che il documento venisse tradotto nella lingua parlata dai cittadini pattesi, oggi si potrebbe dire “ in vernacolo”, e ne ordinò l’esposizione in pubblico presso il portico di S.Ippolito, in modo che tutti ne potessero prendere visione: “vulgariter exposita”.
In virtù di questo innovativo provvedimento, il popolo non solo potè prendere visione e capire il contenuto delle disposizioni reali, ma anche dibatterne in pubblico i contenuti.
Questo può considerarsi il primo episodio in tutta la Sicilia in cui la lingua parlata dai cittadini, appunto il volgare, venne usata ufficialmente e pubblicamente ed in atti ufficiali.
In un periodo storico nel quale si parlavano nelle forme ufficiali il latino, il greco e l’arabo, riconoscere il volgare parlato dai borgesi come lingua , significò avvicinare al potere il popolo e rendere il linguaggio vero veicolo di comunicazione e diffusione di cultura.
In virtù di ciò ,il professore Caracausi, affermò quindi che il primo dialetto apparso nel variegato e complesso mondo dialettale siciliano, sia stato quello pattese.
Un altro primato del quale può fregiarsi la città di Patti.
17 ottobre 2018
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CONTRIBUTI – Lingua e dialetto Siciliano… l’intervista a Girolamo Caracausi a cura di Bent Parodi