I temi dell’incontro organizzato da Legambiente dei Peloritani
Venerdì pomeriggio, nel Salone degli Specchi di Palazzo dei Leoni, sono stati dibattuti gli argomenti che in questo momento tengono accese le discussioni sui temi tecnici, giuridici e ambientali legati alla realizzazione del ponte. In contrapposizione, da una parte c’è tutto il sistema che vede al centro la società Stretto di Messina; dall’altra, le associazioni, il movimento e i soggetti e che con dati alla mano si stanno opponendo all’approvazione del progetto definitivo dell’opera. Sullo sfondo, tra l’altro, gli effetti dell’inchiesta di Report, su Raitre.
Gli interventi dell’avv. Aurora Notarianni, del prof. Antonino Risitano e del presidente di Legambiente Sicilia, Tommaso Castronovo. L’incontro è stato moderato dall’ing. Enzo Colavecchio, presidente di Legambiente dei Peloritani.
Fragilità e tensioni, spinte e reazioni, faglie e falle. Mai come in questo momento, la controversa procedura per la realizzazione del ponte sullo Stretto, troverebbe metafore più appropriate tratte dal linguaggio tecnico e trasposte a quello politico. Ne è la riprova, in ultimo, la questione legata alle dichiarazioni, ineccepibili, del direttore del Cas, sulle condizioni delle autostrade e le reazioni che le stesse hanno suscitato nel mondo politico. E “scelta politica e non tecnica” rispetto alla realizzazione o no dell’opera, è giustappunto l’affermazione dell’ad di Webuild, Pietro Salini. Ciò, a conferma che il ponte sullo Stretto sia l’opera più politica che si tenti di realizzare, quando sul piano tecnico si elencano le molteplici prescrizioni che fanno sì che il progetto definitivo dell’opera, spinto fin qui a dismisura, non abbia, proprio alla vigilia del tanto agognato parere del Cipess, autorizzazioni piene e incondizionate. Tra questi pareri, il più importante e vincolante è quello del MASE, concernente la Valutazione di Impatto Ambientale, “positivo” a fronte di ben 62 carenze, tradotte in prescrizioni. Per questo, Legambiente ha presentato ricorso al TAR. Tra i legali incaricati dall’associazione ambientalista, l’avv. Aurora Notarianni: “Quantunque il parere del MASE appaia formalmente positivo – ha detto l’avvocata – sostanzialmente contiene tante di quelle prescrizioni che rende contraddittorio che le stesse possano essere risolte in fase di progettazione esecutiva. Quest’opera non è solo il ponte, è un sistema che riguarda due regioni, due mari, cinque province e ventinove comuni. Abbiamo ritenuto che il parere del MASE fosse fortemente lesivo, perché questa valutazione di incidenza negativa non può essere né compensata, né mitigata da opere collaterali”. In mattinata, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio e coordinatore del Cipess, Alessandro Morelli, era stato alla stazione centrale di Messina per la consegna al Comune delle ex officine RFI: “Perché non veniva a confrontarsi con noi…?” commenta Notarianni. Il ricorso: “Abbiamo deciso di impugnare questo parere del MASE. I motivi riassumono un po’ tutte le criticità, tra cui la distruzione delle zone protette. La direzione della Riserva ha sempre sostenuto che costruire un pilone sul canale Margi comporterebbe la distruzione della Riserva. Non si ha cognizione dell’equilibrio idraulico della laguna di capo Peloro”. Un altro aspetto: “Abbiamo anche contestato la mancanza di VAS – valutazione ambientale strategica, che secondo noi doveva essere effettuata, perché non si tratta di un progetto ma di un piano, un masterplan che condiziona lo sviluppo paesistico di un vasto territorio”. Ambiente e non solo: “L’altro problema è quello della direttiva appalti – spiega l’avvocata – non di minore importanza. L’operazione nasce dalla volontà del governo attraverso un decreto che non ha né i requisiti di necessità, né di straordinarietà, né di urgenza. Ne parliamo da 50 anni… devono spiegare l’urgenza, la straordinarietà e la necessità di un collegamento, quando ce l’abbiamo. Forse pensano che attraversiamo a nuoto o a remi…! La direttiva appalti: “Non bastava al governo resuscitare il progetto e la società Stretto, doveva resuscitare anche il contraente generale Eurolink”. Il dettaglio importante: “La direttiva potrebbe non essere applicata, perché la norma attiene alla modifica del contratto che non c’è, perché era stato caducato, tant’è che c’erano state le risoluzioni e le cause. Eurolink aveva preso anche il 10 per cento quale indennità di risoluzione! Pertanto, non si tratta di modifica contrattuale. Come giustificheranno questo termine?” Nel caso lo fosse: “È consentita a livello europeo in osservanza delle norme sulla concorrenza e il mercato se l’importo non supera il 50 per cento di quello originario. Con 14 miliardi siamo oltre questo limite”. E ancora: “Sotto l’aspetto ambientale abbiamo approfondito il piano di utilizzo terre e rocce da scavo, non trascurando la salute e la sicurezza della popolazione, che sono l’acqua e il sisma. La microzonazione sismica ritengono di risolverla in fase esecutiva. Se poi c’è la faglia attiva ed è capace? Negli atti che hanno depositato sostengono il contrario. Questa è un’assunzione di responsabilità anche da parte degli avvocati che difendono la Stretto di Messina”.
La procedura e l’attesa: “Il nostro ricorso è iscritto a ruolo. Vedremo se mai ci sarà questa ‘firma’ al Cipess. Spero di no, anche perché stiamo verificando cosa loro possono chiedere in Commissione europea. È nelle intenzioni del ministro Pichetto Fratin chiedere la deroga. Invece Salvini vuole andare avanti. Non si capisce bene cosa faranno. Noi siamo qui ad aspettare, pronti a impiegare tutte le nostre risorse”. Le conclusioni di Aura Notarianni: “Alla chiusura della conferenza dei servizi, cento pareri riportano la preoccupazione che quest’opera incida in modo irreversibile sulla vita, sulla salute e sulla sicurezza di tutti gli abitanti di quest’area”. Il più importante fattore per poter andare avanti: “La solidarietà, peraltro principio normativo alla base del sistema sociale”.
Antonino Risitano, già preside della facoltà di Ingegneria di Catania, esperto di problematiche sulla fatica dei materiali, è titolare tra l’altro di un brevetto nel settore. Il professore si è occupato, nella fattispecie, della sicurezza dei cavi che sorreggono l’impalcato del ponte sullo Stretto. In tal senso, è redattore del documento “Riscontro osservazioni del pubblico” nella procedura VIA e per questo intervistato da Report, su Raitre. Il prof. Risitano ha denunziato la mancanza di prove di fatica sui cavi. “Nessuno pensava che fossero elementi importanti, invece il cavo è l’elemento più importante del ponte – argomenta il prof. Risitano – per questo il progettista deve partire dalla valutazione della possibilità della loro resistenza”. Pur partecipando da semplice “cittadino”, la commissione Via ha invitato la società Stretto di Messina a dare risposte a ciò che egli sosteneva nei suoi interventi. “Io parlo dei cavi, della loro sicurezza, e soprattutto della fatica, del pericolo che ne dipende. Ciò cui mi riferisco è preso esclusivamente dalle stesse pagine del progetto. Siamo in presenza di un’amaca che oscilla, soggetta a ciò che viene definita fatica a basso numero di cicli o oligociclica. Inizialmente nessuno mi ascoltava, finché anche il prof. de Miranda (eccellenza nazionale di ingegneria civile, ndr) ha specificato che le prove di fatica debbono essere fatte, poiché importantissime”. Sulle criticità che egli ha denunciato, Stretto di Messina ha nominato una commissione di tre esperti di alto profilo. “Mi hanno risposto con delle ipotesi che avevo accertato come errate” dice Risitano. Nodo cruciale è il punto IV a pag. 30 del parere del comitato tecnico scientifico. “Il progettista, nella relazione di progetto prodotta al comitato scientifico – spiega ancora Risitano – chiede di cambiare le selle, il sistema di appoggio dei cavi, con quelle tradizionali. Se questo è il sistema, secondo il progettista non c’è bisogno di fare le prove di fatica. Quindi per evitare queste prove il progettista ammette che il progetto è sbagliato. Il comitato scientifico dice che la modifica si può fare, purché si facciano le prove dei cavi e su tutto il sistema, in modo tale che la sicurezza non sia inferiore. Ma bisogna fare prima le prove precedenti, poi queste”. L’accortezza obbligata: “Quelli della resistenza dei cavi non possono essere problemi futuri, occorre accorgersene adesso. Invito tutte le associazioni a unirsi e portare avanti questi punti, spingendo sulla parte tecnica. Solo così c’è speranza di fermare le procedure del ponte”.
Tommaso Castronovo, presidente di Legambiente Sicilia: “Il ponte è un’opera contestata già in passato con estrema puntualità, che ha avuto vicende particolarmente ostili. Purtroppo, ad ogni cambio di governo – prosegue Castronovo – c’è sempre il prurito di politici più o meno seri che vogliono opere che non stanno in piedi né in cielo né in terra. Ci vuole tanta pazienza…”. Vicinanza agli espropriandi: “È necessario esprimere sempre in ogni momento la vicinanza a queste persone che vivono questa precarietà”. I temi: “Dobbiamo rendere edotti tanti cittadini messinesi e non solo, sulle tante contraddizioni di questo progetto da un punto di vista tecnico, giuridico e ambientale. Quest’ultimo per noi ha rilevanza notevole in merito al paesaggio e alla biodiversità”. La critica a Salvini: “In un suo intervento insisteva sulla resistenza di quest’opera, come l’unica che resterebbe in piedi in caso di terremoto. Frase improvvida e crudele che fa capire la debolezza di questo progetto. Piuttosto, perché con questi 14 miliardi e oltre non si interviene per rendere antisismiche le abitazioni che non lo sono?” Non solo ponte: “I fondi sviluppo e coesione devono servire per recuperare il gap infrastrutturale sociale della nostra regione rispetto alle altre, invece, vengono destinati un miliardo e 200 milioni per il ponte e 800 milioni per la realizzazione degli inceneritori. Opere inutili”.
Enzo Colavecchio, presidente di Legambiente dei Peloritani contesta le affermazioni di Pietro Salini, ad di Webuild, circa la realizzazione dei ponti in zone sismiche. “In Giappone ha citato il famoso ponte Akashi Kaiky che ha subito un terremoto catastrofico nel 1995. In realtà il ponte Akashi Kaiky è lungo quasi due chilometri, mentre quello sullo Stretto misurerebbe 3 chilometri e 300 metri, quindi, tra i due non c’è paragone. Poi, quel terremoto avvenne quando il ponte era in fase di costruzione ed erano state realizzate soltanto le pile, che furono danneggiate. Proseguendo i lavori hanno eliminato il traffico ferroviario, riducendolo a infrastruttura soltanto stradale”. Dunque, obiezione ineccepibile. “Il più lungo ponte ferroviario misura 1.463 metri”, precisa Colavecchio, che durante il dibattito aveva lanciato un messaggio agli attivisti No ponte: “Siamo tutti insieme, non ci arrenderemo mai”.
Corrado Speziale
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