Il 1 dicembre 2010, dopo due anni di malattia affrontata con lo stesso coraggio e dignità con cui aveva vissuto, moriva nostro padre Paolo Signorelli. La sua vita è stata tutta dedicata ai principi e ai valori che aveva abbracciato da quando era uno studente del liceo Augusto di Roma, e l’attività politica, che di quei principi e valori è il riflesso, nella società degli uomini avrebbe assorbito tutta la sua esistenza. Le sue idee erano indubbiamente controcorrente, non ortodosse, divisive e lui stesso era un personaggio “scomodo”, un Ribelle, un Eretico come amava definirsi. Era ovvio che un uomo con le sue convinzioni avrebbe finito per scontrarsi con il Potere ed i suoi detentori e pagare il prezzo per la sua irriducibilità in termini di libertà personale.

Fare l’elenco dei procedimenti e dei processi subiti da nostro padre sarebbe lungo e quindi evitiamo di addentrarci nei particolari, basta però considerare che nel decennio 1980/1990 non c’è stata inchiesta contro la cosiddetta “eversione nera” di cui il nostro genitore è stato considerato uno dei leader più importanti e in cui, in un modo o nell’altro, non figurasse tra gli imputati se non il maggiore imputato. Si arrivò anche a toccare il ridicolo quando un organo di stampa riportò la notizia che il “professore nero”, come spesso veniva definito in quegli anni, poteva avere un qualche legame con l’attentato a Papa Wojtyla…

Dopo dieci anni trascorsi in carcere, trasferito da un istituto di pena all’altro (a volte senza neanche informarne noi familiari), con la salute minata da condizioni di detenzione spesso non degne di un paese civile, al termine di decine di processi, il nostro amato padre veniva prosciolto e assolto da tutte le accuse e l’unica condanna riportata riguardava il reato di associazione sovversiva di cui non venivano neanche indicati i sodali (sic). Riguadagnata la libertà ha poi dedicato tutti gli anni a venire, fino alla scomparsa, alla battaglia per i diritti dei detenuti tramite il periodico “Giustizia giusta” già di area radicale e di cui diventò l’anima.

Dopo la sua morte, ovviamente, c’è stato per noi famigliari il momento del dolore e della mancanza di un uomo che, nonostante le sue scelte di vita, non ci ha mai fatto mancare il suo amore e la sua guida; quando questa fase è rientrata nell’accettazione della ineluttabilità della fine terrena abbiamo pensato che il nostro genitore avrebbe finalmente trovato la pace da un’esistenza terrena che non gli aveva risparmiato amarezze ed ingiustizie. Ed infine, noi figli e nostra madre, finchè ha vissuto, credevamo di poterci dedicare alla custodia della sua memoria.
Purtroppo non è stato così, ci siamo sbagliati.

Infatti in questi anni con una periodicità quasi regolare hanno continuato ad essere pubblicati articoli giornalistici che, nella maggior parte dei casi, riportavano le dichiarazioni di questo o quel “testimone della corona” per i quali, nel nostro cattolicissimo paese, abbiamo creato la categoria e il termine di “pentiti”, riguardo il ruolo da lui avuto nelle vicende dell’estrema destra italiana e sempre per fatti per cui, ripetiamo ancora una volta, nostro padre è stato pluri-processato e pluri-assolto. Tanto che ci siamo dovuti affidare agli avvocati per denunciare il “pentito” di turno e la testata giornalistica corresponsabile avendo soddisfazione in alcuni casi mentre, per altri, siamo ancora in attesa della pronuncia del giudice.

Quello che è certo per noi figli è che per nostro padre non c’è pace neanche da morto e nei suoi confronti continua la persecuzione che ha dovuto affrontare in vita. Neanche nostra madre è stata risparmiata da questo “accanimento terapeutico” in versione giudiziaria; nell’ottobre 2019, infatti, gli scrupolosi magistrati della procura di Bologna vennero in trasferta a Roma per interrogarla sulle frequentazioni del marito alla ricerca di chissà quali clamorose rivelazioni da parte di una donna ottantacinquenne peraltro ammalata per una patologia neurodegenerativa. Una schifezza assoluta, di più, una porcata inutile che ebbe, come unico effetto, quello di aggravare il già fragile equilibrio psichico di mamma.

Ma, come si suol dire, “al peggio non c’è mai fine”: ci riferiamo alle motivazioni, di recente pubblicate, della sentenza della Corte di Assise di Bologna pronunciata contro l’imputato Bellini nella quale il nome del nostro congiunto viene citato la bellezza di 250 volte (sic). Chi legge questi motivi, alla fine della lettura, non potrebbe che ricavarne la convinzione che il Professor Paolo Signorelli sia stato un autentico dominus dell’eversione nera, interno ai servizi e segreti, in barba a tutte le sentenze di assoluzione pronunciate negli anni da diversi tribunali della Repubblica e vagliate, in ripetute occasioni, dalla suprema corte di Cassazione la quale, al contrario di quanto affermato dai giudici di Bologna, è spesso entrata nel merito delle accuse rivolte a nostro padre senza limitarsi agli aspetti formali.

Nostro padre è stato un uomo contro, incompatibile con ogni contesto che avesse operato contro il Popolo; quelle affermazioni sono false, ignobili, mortificanti ed offensive per chi non può più ribattere di persona. Al termine di questa nostra lettera chiediamo a lei e a tutti coloro che avranno la pazienza di leggerci se questo processo infinito al nostro genitore sia lecito, giusto, in linea con i principi della nostra civiltà giuridica e se un uomo che in vita ha pagato un duro prezzo per le sue idee non debba essere lasciato in pace almeno da morto visto che, almeno fino a prova contraria, è un morto ASSOLTO!!!