Sul fatto che oggi il social network sia la principale piattaforma di confronto e dibattito non ci piove, del resto è ovvia conseguenza del progresso e del cambiamento di usi e costumi che dall’animata agorà ateniese si sia giunti, nei secoli, alla piazza virtuale. Un fenomeno assolutamente interessante è quello dell’intensificarsi del dialogo, fino a livelli spesso poco piacevoli per il lettore, in corrispondenza di momenti focali della vita sociale.
L’attivarsi del popolo virtuale ha, come tutti ben sappiamo, permesso di vincere la battaglia sull’acqua (oggi, purtroppo, nuovamente in pericolo), ha permesso di dire no al nucleare e ad una giustizia “speciale”; ha permesso che si scendesse in piazza, fisicamente, per l’esercizio delle libertà costituzionali.
Nel nostro piccolo, il social network permette ad una comunità di poter porre all’attenzione di tutti il malcontento e la soddisfazione per singoli aspetti della vita cittadina o per questioni molto più generali nonché impegnative. Soprattutto, se l’atmosfera tesa delle prossime amministrative inizia ad insinuarsi con sempre maggiore veemenza tra le strade, le piazze, i bar e le abitazioni del mio paesino.
Trascorso così il periodo natalizio e superato il problema dei tanto desiderati addobbi (di cui, con prontezza, è stata immediatamente denunciata la inadeguatezza alle aspettative gioiosane), nei giorni passati il dibattito si è spostato su una questione ben più seria e che di certo non è circoscritta entro il territorio comunale: l’apatia giovanile.
Innegabile, il disinteresse imperversa tra i giovani. Si tratta del frutto più amaro dei nostri tempi, di una società votata al superficiale: non ci s’incuriosisce alla vita, non si prova a leggere negli eventi al fine di poter elaborare una riflessione libera ed indipendente, si cammina senza una metà e ci si accontenta, spesso, di sogni tutti uguali. Si perde così, la capacità di osservare, l’attenzione per i particolari; si perde la diversità.
Gioiosa Marea è, da questo punto di vista, un luogo come tanti: i ragazzi popolano i bar e ci stanno fermi per ore, lasciando che il tempo passi e basta. Fanno decine e decine di giri in macchina, e li si vede raramente passeggiare. S’incontrano e non parlano.
E Gioiosa, che cos’ha che sia in grado di poter distrarli dalle loro consuete non-occupazioni? Gioiosa ha i bar, i ristoranti, le sale giochi, le piazzette vuote, soprattutto se è inverno ed il freddo non è solo dovuto alla stagione.
Quindi è su qualcosa di diverso da quello che siamo abituati a vedere che servirebbe riflettere.
Per lo meno, sarebbe opportuno che ad ognuno, giovani e non, venisse garantito il diritto di scelta, che non è qualcosa di astratto o che deve restare cristallizzato in enunciazioni di principio che sembrano a molti parecchio distanti dalla realtà che viviamo. Si tratta, piuttosto, di un presupposto indispensabile per le azioni che a tutti i livelli si possono porre in essere per cercare di aprire uno spiraglio di cambiamento. Offrire il diritto di scegliere come passare la serata, piuttosto che rassegnarsi ad una birra al bar, forse, scalfirebbe il disinteresse.
Ed i giovani, dal canto loro, dovrebbero smetterla di accontentarsi. In questo arduo percorso di vera e propria ricostruzione della società, il compito è senz’altro di un’amministrazione attenta e pronta a recepire il nuovo, ma è anche delle associazioni che sul territorio operano e che non si limitino ad offrire quello che per anni ha riscosso successo, sempre nella stessa formula: la ridondanza appesantisce e la pesantezza stanca. Coinvolgere i giovani non vuol dire offrirgli quello che già hanno: serate danzanti e schiuma party li avvicinano per una sera, non li si ritrova al mattino, ne’ nei giorni successivi.
Gioiosa ed i suoi giovani possono fare molto di più perché ognuno è diverso dall’altro. Per poter elevare il grado di vivibilità del nostro paese, servirebbero delle politiche giovanili in grado di tener conto di istanze, tra loro, profondamente diverse. Servirebbe, a Gioiosa, un “rinascimento culturale”, che ne faccia un luogo di incontro, di novità ed un ventaglio di scelte.
Come altri giovani, ho 24 anni, una laurea ed il sogno, per cui quotidianamente m’impegno e che spesso non mi permette di vivere a pieno la vita gioiosana, di essere un magistrato e di poterlo fare qui al Sud, nonostante guardarmi intorno spesso mi scoraggi profondamente.
Vorrei che Gioiosa, come altri centinaia di paesini del Sud, cambiasse. Vorrei che Gioiosa riscoprisse la bellezza.
Sara Marino Merlo