Non deludono affatto le aspettative le due serate di concerti che hanno visto la numerosissima partecipazione dei fan del Festival e dei suoi ospiti al teatro greco di Tindari martedì 9 e mercoledì 10 agosto, atto conclusivo della settimana dell’Indiegeno Fest 2016.
Il festival, giunto alla sua terza edizione, ha saputo riassumere magistralmente gli appuntamenti con la buona musica d’autore, passando dall’indie pop al rock, dal blues al folk, in un evento variegato e dalla musicalità qualitativamente di altissimo livello, senza tralasciare i temi di discussione socialmente utili, come la tavola rotonda su “Immigrazione e Legalità” della prima serata (4 agosto – Patti Marina), e la solidarietà, con la raccolta fondi devoluta ad Emergency. L’Indiegeno conferma, con la sua edizione 2016, la sua dignità di prezioso e raro evento di promozione artistica, culturale e di promozione sociale e territoriale, tramite le visite guidate e le degustazioni incentrate sulla gastronomia locale, elemento d’orgoglio per il comune di Patti, ma anche per il comprensorio della Costa Saracena e per la regione siciliana, grazie anche alla numerosissima partecipazione di amanti del genere e curiosi provenienti pure dalle province limitrofe.
Il Festival, oltre ad aver valorizzato il calendario degli eventi estivi del territorio, ha rappresentato e continua a rappresentare un’utile vetrina per gli artisti locali e non dello scenario “d’essai” della musica contemporanea, in controtendenza se non addirittura “in direzione – o ‘indie-rezione’, potremmo dire – ostinata e contraria”, citando De André, rispetto ai “trampolini” ben più popolari ed inflazionati dedicati agli artisti emergenti dei generi più “di massa”.
Nonostante l’assenza per malattia di Artù, i gruppi di questo martedì sera, grazie all’energia sul palco di Francesco Motta, la simpatia e l’originalità dei testi di Dente, in quella che lui stesso, nei suoi intermezzi al limite del cabaret, definisce ironicamente una “selezione dei miei ‘best of’, pescati un po’ a casaccio, tanto i pezzi sono tutti belli”, e il valore aggiunto del già celebre headliner della serata Eugenio Finardi, sul palco di Tindari con il suo nuovo spettacolo “40 Anni di musica Ribelle”, hanno regalato ad un entusiasta pubblico di giovani e meno giovani un’eccezionale conclusione dell’edizione 2016, completata dagli artisti di mercoledì sera.
Non è cambiato niente
E niente cambierà
Se continuiamo a correre
La polvere negli occhi
Fermiamoci a pensare
Rubiamo due fucili
Piantiamoli in un bosco
E ci servirà a capire
– “Se continuiamo a correre”, Motta
A nido d’ape o a lisca di pesce
Facciamo una cassetta tutta come ci va.
Mettiamo un letto sul pavimento
Che al mal di schiena ci pensiamo nell? aldilà.
Prendiamo tutti gli accorgimenti,
La testa a nord, le gambe 10 gradi a sud-est.
Non hai fatto un grande affare
ad andarti a innamorare
di uno come me
che sto invecchiando male
fra rabbia e delusione
e un futuro che non c’è
e il mondo che sognavo
e tutto ciò per cui lottavo
ora sembra inutile
hanno vinto i culi stanchi
gli arrivisti, gli arroganti
che più falsi non ce n’è
Urlo alla Luna e al Sole
le mie inutili parole
che nessuno sta a ascoltare
e allora ho voglia di bruciare
gridando a squarciagola
come Savonarola
“E alla ‘serata’ conclusiva molta più gente” che la sera prima, gli spettatori riempiono la cavea e il parterre per gli attesissimi Afterhours, introdotti dai talentuosissimi gruppi di Daniele Celona, Giovanni Truppi e Cassandra Raffaele, i quali, insieme e ciascuno a modo proprio con le peculiarità del proprio inconfondibile stile, che li ha resi voci note e apprezzatissime del genere indie, hanno permesso di concludere in bellezza un appuntamento che, ci auguriamo, possa diventare sempre più un punto di riferimento per l’hinterland e per tutti coloro che vogliano dedicarsi, in futuro, qualche giornata all’insegna della buona musica.
Tempo che non ho per stringerti le mani
tanto me ne andrò, sia oggi o sia domani che cambia?
Ora mi muovo di nuovo e di nuovo non ho
più niente nessuno da difendere
Mi muovo di nuovo e di nuovo non ho
il senno, l’istinto per restare inerme
Cammina male però fa buon viso,
fa buon viso a cattivo gioco,
perché lui è il pilota e lo sapeva dall’inizio
che fai buon viso a cattivo gioco
o fai cattivo viso a cattivo gioco,
e lui ha scelto.
Il pilota è vivo, il pilota è vivo, il pilota è vivo,
non è morto nessuno
tutto si può aggiustare,
tutto si trasforma e va a finire male.
Cominciano scomode le giornate
Lunghe tribune, noiose anticamere.
Di tempi grigi ne ho pieni i fianchi
Di menzogne rinnovate con le gambe sode e snelle
Di bandiere a mezza asta e cerimonie
Di discorsi altisonanti sulla fama e sul successo
Viviamo un momento assai precario
Ma non mi abbatto
Perché non sono un albero
Io non mi abbatto perché non sono un albero
Io non precipito perché non sono pioggia
I miei pensieri non sono rampicanti
Ma se s’intrecciano userò dei districanti
Scava sotto i buoni c’è un cadavere
Sotto ai cattivi un angelo
Ucciso da un’idea
Dicevi che la gente ha ciò che merita
E tu eri mia
E noi soli non
Saremmo morti mai
L’ho nascosto dentro me
Così bene in fondo a me
Che la vedo la tua luce, sai
Ma non riesco a ritrovare il tuo nome
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