Contrarre la malattia non è nè infamante, nè qualche cosa della quale vergonarsene.. ma solo da curare. Essere consapevoli di poter essere positivo, ci deve indurre a mettere in atto comportamenti di salvaguardia, aver la certezza di essersi ammalato e non andare in isolamento, seguendo la profilassi sanitaria e amministrativa è un reato gravissimo.
Ogni giorno i mass media elencano i sintomi caratteristici del Covid-19 (tosse, febbre, affanno, ecc.). Chi presenta tali sintomi deve avvertire le Autorità sanitarie (telefonando ai numeri dedicati all’emergenza epidemiologica) e mettersi in quarantena. C’è il divieto di uscire di casa per chi ha sintomi da infezione respiratoria e febbre maggiore di 37,5°, in caso contrario rischia, oltre all’imputazione per violazione dei provvedimenti dell’autorità, l’imputazione per lesioni personali volontarie, nella forma consumata o tentata, come pure l’omicidio doloso. Più in dettaglio, se la condotta, sorretta dal dolo eventuale, e quindi tramite l’accettazione del rischio di contagiare altri, cagioni lesioni o addirittura la morte, l’imputazione si eleva a lesioni personali e fino all’omicidio doloso. Identica pena si applica a chi ha avuto contatti con persone positive al virus e prosegue ad avere rapporti sociali, oppure a lavorare con altri individui senza adottare precauzioni o informarle.
La fattispecie è stata già ampliamente elaborata dalla giurisprudenza per i malati di HIV che, nella consapevolezza della contagiosità della patologia di cui sono portatori, e quindi con intenzione (dolo diretto) non adottano le necessarie cautele per evitare il contagio. Similmente, chi è consapevole di avere il coronavirus ma non lo dichiara, contravvenendo alle regole di isolamento domiciliare e quarantena, oltre all’imputazione ex art. 650 c.p. (Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità), rischia l’imputazione di lesioni personali e di omicidio volontario, anche solo nella forma tentata. Più precisamente, qualora dolosamente si ponga in contatto con altri soggetti, e a causa di tale condotta ne provochi la morte, rischia le severissime pene (fino a 21 anni di reclusione) per l’omicidio volontario.
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