INQUINAMENTO E TUMORI – Il ruolo di alcuni inquinanti ambientali sulla proliferazione cellulare dei tumori ipofisari
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INQUINAMENTO E TUMORI – Il ruolo di alcuni inquinanti ambientali sulla proliferazione cellulare dei tumori ipofisari

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Presentati i risultati della ricerca.

Esiste veramente un rapporto fra esposizione ad inquinanti ambientali, primi fra tutti gli idrocarburi, e lo sviluppo di tumori dell’ipofisi? Cosa potrebbe giustificare l’aumentata prevalenza di acromegalia (una malattia causata appunto da tumori ipofisari che producono ormone della crescita) nell’area a rischio di Milazzo e della Valle del Mela della provincia di Messina? Perché, in aree a rischio ambientale, la frequenza di forme più aggressive di acromegalia sembra essere maggiore rispetto a zone non inquinate? E perché solo alcune persone fra le tante che sono esposte agli inquinanti ambientali si ammalerebbero? Infine, conoscere il meccanismo d’azione degli inquinanti ambientali potrebbe produrre vantaggi in ambito terapeutico?foto1
Con l’obiettivo di dare risposte a questi interrogativi, è stato portato avanti, negli ultimi anni, un progetto di ricerca finanziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nell’ambito del Programma di Ricerca di Interesse Nazionale 2010-2011 (PRIN 2010-2011), per verificare i motivi della aumentata prevalenza di tumori dell’ipofisi che causano acromegalia (malattia da eccesso di ormone della crescita) nell’area, considerata ad alto rischio per la salute, del bacino Milazzo e della Valle del Mela.
I risultati delle ricerche scientifiche sono stati presentati questa mattina, nell’aula dell’Accademia Peloritana dei Pericolanti dell’Università di Messina.
Gli studi, di durata triennale, sono stati condotti da una task force di esperti, coordinata  dall’Unità di Endocrinologia dell’Università di Messina, sotto la responsabilità scientifica del Prof. Francesco Trimarchi e del Prof. Salvo Cannavò, e ha coinvolto le Unità di Endocrinologia delle Università di Torino, Padova, Ferrara e Pisa, l’Unità di Neurochirurgia dell’Università Vita e Salute dell’Istituto San Raffaele di Milano e il Laboratorio di Neuroscienze del CNR di Roma.
Durante il triennio, sono stati condotti studi clinici e di base, i cui risultati sono stati recentemente pubblicati su prestigiose riviste scientifiche o sono in corso di pubblicazione.foto2
Il progetto aveva lo scopo di verificare se specifici inquinanti ambientali possono modificare il comportamento di cellule sane o tumorali dell’ipofisi, se esistono caratteristiche genetiche che aumentano il rischio di sviluppare tumori dell’ipofisi in specifici contesti ambientali e se la risposta ad alcuni farmaci può essere influenzata anche dalla esposizione a sostanze inquinanti.
La ricerca, infatti, nasce da uno studio epidemiologico condotto dal Prof. Salvo Cannavò e altri Endocrinologi dell’Università di Messina, in collaborazione con l’ASP e con l’ARPA, e pubblicato nel 2010 sull’European Journal of Endocrinology. Tale studio aveva dimostrato che la prevalenza di acromegalia nella Provincia di Messina era simile a quella di altre nazioni europee, ma il rischio di sviluppare la malattia risultava più che doppio nel bacino Milazzo e Valle del Mela, identificato dal Ministero dell’Ambiente come area a rischio per la salute.
L’acromegalia è una malattia rara causata dalla eccessiva secrezione di “ormone della crescita” da parte di un tumore dell’ipofisi. In genere insorge in età adulta e causa problemi scheletrici e articolari, metabolici, cardiovascolari, respiratori, neurologici e neoplastici. Se insorge in età pediatrica comporta anche il raggiungimento di una statura esageratamente elevata (gigantismo).
A prescindere dal territorio di riferimento della ricerca, i risultati illustrati oggi hanno messo in luce il ruolo di alcuni inquinanti ambientali, assai diffusi, sulla proliferazione cellulare dei tumori ipofisari, sulla secrezione ormonale e sulla risposta ai farmaci, e hanno provato che le caratteristiche genetiche individuali influenzano gli effetti degli inquinanti ambientali sia sulla manifestazione di acromegalia che sulla sensibilità alle terapie farmacologiche.
Gli esiti degli studi hanno dimostrato che, effettivamente, alcuni inquinanti ambientali assai diffusi (per esempio i bifenili, il benzene e gli ftalati) modulano la crescita e la secrezione ormonale dei tumori ipofisari, e modificano i meccanismi di risposta ai farmaci. Hanno confermato il coinvolgimento di una specifica via di segnale intracellulare (chiamata AhR) sensibile anche a molti inquinanti ambientali, fra cui la diossina e gli idrocarburi, nell’ attività cellulare, non solo dei tumori ipofisari ma anche di quelli tiroidei (che rappresentano i tumori secondari più frequentemente diagnosticati nei pazienti affetti da acromegalia). Hanno escluso che l’aumentata prevalenza di malattia nell’area di Milazzo e della Valle del Mela fosse imputabile ad altre malattie genetiche, ma hanno provato che la gravità dell’acromegalia e la sensibilità alle terapie farmacologiche dipende proprio dalle caratteristiche geniche della via AhR. Tali evidenze, confermando l’importanza dei registri di malattia per ottenere adeguate informazioni epidemiologiche e di efficienti controlli ambientali per individuare i veri agenti patogeni, contribuiscono ad orientare l’azione scientifica verso interventi mirati di ricerca sanitaria, prevenzione e cura delle malattie dell’ipofisi, coerenti con il moderno concetto della “medicina di precisione”.
L’ulteriore sviluppo delle ricerche, in questo campo, è assicurato anche da un nuovo consistente finanziamento concesso dal Ministero della Salute al gruppo di Endocrinologi messinesi diretti dal Prof. Cannavò, insieme al Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Messina e all’IRCCS Centro Neurolesi Bonino Pulejo, nell’ambito dei progetti di Ricerca Finalizzata 2013.

13 Luglio 2016

Autore:

redazione


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