ENZO CAPUTO PARLA, OGGI 25 APRILE, CON FRANCESCO E MARCELLO.
Sono Marcello è ho fatto il mio dovere fino in fondo per la libertà e le generazioni a venire.
Sono Francesco, ho sparato sul Santerno i miei ultimi colpi mentre i miei compagni cadevano uno dopo l’altro bruciati dai lanciafiamme… alla fine rimase solo la bandiera. Merito la pena di morte perché non ho disertato perché ho fatto solo il mio dovere.
“Sono Marcello è ho fatto il mio dovere fino in fondo per la libertà e le generazioni a venire. Sono stato sui monti nella neve e nel freddo senza cibo ne armi ne ho visti morire tanti… Su quei monti in mezzo a quegli alberi dai “frutti strani” devi cercare la tua libertà.”
Un altro tassello della Guerra Civile, la più orrida delle guerre, aveva preso forma.
“O ragazza dalle guance di pesca/ o ragazza dalle guance d’aurora/ io spero che a narrarti riesca/ la mia vita all’eta` che tu hai ora”.
Le note di Italo Calvino facevano da sottofondo mentre andavo all’appuntamento con Marcello. Il punto fissato per l’incontro era dentro un boschetto poco oltre gli alti argini del fiume Senio. Guardai il cellulare erano le 13,00 del 18 aprile. Una macchia sul vetro impediva di vedere bene l’anno forse per uno scherzo del tempo. Dapprima in lontananza poi sempre più vicina apparve un giovane dai vestiti laceri e bruciacchiati. Ora la provinciale aveva lasciato il posto ad un tratturo che mi obbligava a lasciare l’auto.
La radio continuava a suonare: “Coprifuoco, la truppa tedesca la citta` dominava, siam pronti: chi non vuole chinare la testa con noi prenda la strada dei monti.” Intanto il giovane dalla divisa lacera e dalli mani bruciate aveva cominciato a parlare. Volevo chiedergli tante cose. Non me ne diede il tempo. Parlava di getto quasi a liberarsi di un peso. “Sono Francesco, ho vent’anni e sono di Argelato. Credevo in qualcosa, a vent’anni si hanno degli ideali è giusto averli servono a non morire…La voce ora era rotta dell’emozione … Sono Francesco, ho sparato sul Santerno i miei ultimi colpi mentre i miei compagni cadevano uno dopo l’altro bruciati dai lanciafiamme… alla fine rimase solo la bandiera, un lembo- mi indicò alcuni brandelli tricolore con il quale si era fasciato il petto.
Si questo tricolore con il quale ora, in tanti si puliscono le scarpe. Sono Francesco e sono colpevole di avere creduto, di avere combattuto di averlo fatto assieme allo “straniero”. Merito la pena di morte perché non ho disertato perché ho fatto solo il mio dovere.
La storia mi ha già giudicato. Avrei voluto fare tante domande, per capire o avere riscontri. Un rumore improvviso gli chiuse la bocca per sempre. Continuai a camminare “ Tutto il male avevamo di fronte tutto il bene avevamo nel cuore a vent’anni la vita e` oltre il ponte oltre il fuoco comincia l’amore.” Ascoltavo con il pensiero “sospeso tra l’aorta e l’intenzione”. Ora gli alberi avevano lasciato il posto alla piazza di una grande città. Anche li c’erano alberi dai quali penzolavano i resti di fazzoletti di diversi colori. Avevamo vent’anni…Non e` detto che fossimo santi/ l’eroismo non e` sovrumano/ corri, abbassati, dai corri avanti/ Ogni passo che fai non e` vano. Non riuscivo a spegnere la musica. Ora a canticchiare c’era pure Marcello con in spalla uno “stend” ed in mano una “luger” :” Silenziosa sugli aghi di pino su spinosi ricci di castagna una squadra nel buio mattino discendeva l’oscura montagna. La speranza era nostra compagna a assaltar caposaldi nemici conquistandoci l’armi in battaglia scalzi e laceri eppure felici.” Non ebbi bisogno di chiedere. “
Sono Marcello è ho fatto il mio dovere fino in fondo per la libertà e le generazioni a venire. Sono stato sui monti nella neve e nel freddo senza cibo ne armi ne ho visti morire tanti… Su quei monti in mezzo a quegli alberi dai “frutti strani” devi cercare la tua libertà.” Marcello così come era apparso scomparve. Un altro tassello della Guerra Civile, la più orrida delle guerre, aveva preso forma. Il ventre molle era stato, come stabilito a Yalta, destabilizzato la “Saga” dell’Otto settembre grondava il sangue di tanti ventenni da entrambe le parti.
Ormai tutti han famiglia hanno figli che non sanno la storia di ieri io son solo e passeggio fra i tigli con te cara che allora non c’eri. E vorrei che quei nostri pensieri quelle nostre speranze di allora rivivessero in quel che tu speri o ragazza color dell’aurora…” La “musica della storia” aveva esaurito pentagramma. Credo proprio che la poesia Walt Whitman sia senza tempo : O Capitano mio capitano”
Enzo Caputo – storico e giornalista
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