JACOPO CAVALLARO – “Il destino lo creiamo noi… con le scelte che giornalmente facciamo e in base alle strade che, volontariamente o involontariamente, percorriamo”
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JACOPO CAVALLARO – “Il destino lo creiamo noi… con le scelte che giornalmente facciamo e in base alle strade che, volontariamente o involontariamente, percorriamo”

Intervista realizzata da Giulia Quaranta Provenzano

Oggi la nostra collaboratrice Giulia Quaranta Provenzano ci propone l’intervista all’attore italiano. Jacopo Cavallaro, classe 1989, è nato da una famiglia di artisti infatti il padre è uno scenografo e la madre è una pittrice…  

Buongiorno Jacopo! Lei è un affermato attore, che ha già all’attivo numerosi ruoli sia in serie televisive che in film e a teatro. Le domando dunque subito qual è il cosiddetto motore interiore che l’ha portata a intraprendere questo suo viaggio nella recitazione. “Ciao Giulia! Credo che il motore di questo mio viaggio nella recitazione sia in primo luogo la passione, il fervore, il fuoco che ho dentro. A tutto ciò si aggiunge e unisce la mia grande necessità di vivere l’esistenza dei personaggi che insceno e scoprire così ancora di più cose che riguardano la mia stessa vita. È dunque un lavoro di scoperta, di liberazione di tutte quelle pulsioni che albergano dentro di noi e a cui difficilmente concediamo la possibilità di emergere, perché la società in cui viviamo ci etichetterebbe se dessimo loro libero sfogo… invece a teatro, come nel cinema, si può essere chiunque senza che il giudizio esterno prevalga appunto su di noi”.   

Da piccolo a cosa, forse, immaginava di dedicarsi una volta divenuto adulto e che bambino è stato? Da piccolo, ma anche tutt’ora, sognavo e sogno di diventare tante cose. Di sicuro una delle professioni alle quali più avrei amato dedicarmi è quella di architetto così da costruire e dare forma alle mie alcove, alle mie tane, e tale è stato difatti un mio grande gioco. Ero un bambino che si rifugiava in personali mondi magici, che viveva di piccole cose semplici e genuine. La campagna dove sono cresciuto mi regalava sempre spunti inediti per intraprendere nuove avventure e creare proprio mondo fantastici”.

L’ambiente geografico e sociale (compreso quello familiare) e l’epoca in cui vive, ma altresì il dna e i primi input ricevuti durante l’infanzia, quanto e in che modo sono stati o no fonte d’ispirazione e determinanti per la sua personalità e soprattutto per quello che concerne la sua creatività? La vita, la crescita e la formazione di un uomo sono tutte cose strettamente legate al contesto sociale in cui egli è vissuto (e vive). Io fortunatamente amo le cose semplici, non mi sono mai concesso lussi estremi. A noi ragazzi abituati a stare nella natura bastava vedersi ogni giorno anche solo per parlare, per portare avanti iniziative come programmi radiofonici in cui succedeva di tutto e si creavano relazioni e avevano luogo riflessioni… si cresceva, così, serenamente lontani dal trambusto d’una società assillante e allucinata”.

Cosa rappresenta per lei la bellezza e l’arte tutta e quale ritiene che sia il loro principale pregio e potere? “L’arte è per me liberazione e possibilità d’espressione attraverso uno dei tanti canali con cui ci si esprime per l’appunto. C’è chi ne predilige uno, di canale, e chi un altro ma comunque l’importante è lasciare libero il proprio mondo interno più inconscio… in modo tale che fluisca e si manifesti. L’arte poi è il risultato finale di un percorso, è un manufatto che di per sé rimane fine a se stesso e tuttavia – se indagato in relazione al cammino che l’artista ha fatto per crearlo – acquisisce subito senso e diventa un’opera d’arte”.

Quale ruolo le pare che giochi l’immagine visiva nella contemporaneità e nel suo iter professionale? È inoltre dell’avviso che proprio l’immagine possa e debba veicolare efficacemente significati emozionali e intellettivi, d’impegno verso un qual certo “quid”, psicologici a riguardo di sé e di coloro con i quali ci si interfaccia e che ne sia un indicatore di verità? Purtroppo viviamo nella società dell’immagine che, di per sé, non è qualcosa di sbagliato perché quando si cerca di dare bellezza alle cose che si fanno e a quello in cui si crede significa anche che dietro c’è un pensiero positivo di una persona che si vuole bene – al contrario, invece, colui che non si ama cede il passo al lasciarsi andare, al non curarsi più. Ora tutto questo però, visto in quest’ottica, significa pure che proprio l’immagine nella quale si crede tanto bisogna che ci appartenga e che ci renda unici… che, quindi, non sia il frutto di surrogati estetici ricopiati da altri individui solo perché con loro ha funzionato il copia e incolla. È giusto che l’immagine che ci creiamo ci rappresenti, che sia ossia il risultato del nostro modo di pensare e di essere e che non diventi spazzatura mediatica pronta a essere sostituita non appena non va più di moda. Bisogna, insomma, crederci nella propria immagine e perseguirla fino alla fine. Ognuno di noi è bello per il fatto stesso di essere singolo”.    

Quale ipotizza che sia la sua peculiarità a livello artistico e quale suppone che sia la caratteristica più apprezzata da coloro con i quali collabora, nonché dal pubblico che la segue entusiasta? Sinceramente?!? Non saprei in quanto faccio quello che sento, sono quello che sono e ciò soprattutto sul palco. Mostro le cose che mi emozionano, non intraprendo alcunché con lo scopo di compiacere qualcuno ma solo perché ne ho voglia in quel momento. Non credo di avere peculiarità, piuttosto penso di vivere tanto intensamente i momenti catartici da diventare essi stessi magia”.

C’è qualche suo collega e regista che stima particolarmente e con il quale sarebbe lieto di lavorare nel prossimo futuro? Amo il cinema americano, vorrei tanto prendere parte a una produzione internazionale e uscire fuori dai nostri schema partenopei in maniera tale da scoprire come lavorano in altri posti del mondo. In Italia apprezzo molto Marco Bellocchio, Pierfrancesco Favino, Toni Servillo, Paolo Sorrentino, Matteo Garrone, Luca Guadagnino, Stefano Sollima e mi piacerebbe pertanto lavorare con loro”.   

Lei che cosa ne pensa dei talent show e vi parteciperebbe o no, ma altresì qual è il suo approccio e punto di vista a proposito dei social network? Tutto fa esperienza… altresì un talent e quindi, perché no, vi parteciperei. Se si presentasse l’occasione, ci andrei senza problemi e mi divertirei come faccio in tutto… vivendo intensamente il momento. Dei social riconosco il loro grande potere e ammiro tutti coloro che sanno usarli con grande bravura, sfruttandone al meglio il potenziale – io, in tutta onestà, non mi sento all’altezza del compito e preferisco vivere la vita e le belle esperienze di persona (piuttosto che registrare sempre il tutto con un video, che ne racconti fittiziamente solo i particolari più belli)”.  

I ricordi, la pianificazione e la progettualità, la sperimentazione e l’osare, la razionalità e l’istinto quanto sono rilevanti nella sua quotidianità mentre quanto lo è l’empatia, in primis in ambito recitativo? Tutto è empatia… ovunque nella vita, così come nell’ambito lavorativo, servirebbe essere empatici. Questo non significa combattere la fame nel mondo, ma accorgersi anche delle piccole cose che ci circondano ed essere per l’altro un punto di riferimento (oltre che esserlo sempre e solo per se stessi). Sul palco l’empatia significa appunto sentire l’altro – se essa non ci fosse si ripeterebbero delle parole e basta, senza tenere conto dei compagni”.

A suo dire in che rapporto stanno libertà, resilienza e coraggio? E in tutto ciò, benché io non voglia indurla ad alcuna preconfezionata categorizzazione riduttiva e ingabbiante, dal suo punto di vista, cos’è l’Amore (sia esso amor proprio, per altre persone e animali, per idee e ideali, per situazioni, luoghi, attività e molto altro ancora)? “Libertà è essere se stessi, è il coraggio far parte del gioco della vita. Bisogna avere coraggio ogni giorno, perché l’esistenza ci porta continuamente a dover affrontare e intraprendere sfide… E poi l’amore, se non ci fosse che senso avrebbe tutto? L’amore è basilare. Come esseri umani abbiamo un’arma tangibile in pugno, per quanto difficile, e cioè le emozioni. Avere cultura delle proprie emozioni significa conoscersi e conoscere e in questo proprio l’amore è fondamentale. Dico <<Amiamo, nel bene o nel male, ma amiamo!>>. Amando, possiamo così sentire appunto le emozioni che ci attraversano… e, di conseguenza, ci rendiamo partecipi del nostro vivere”.

Pensa che esista il destino e, se sì, secondo quali termini? Si è, poi, mai interrogato a proposito della sussistenza del male nel mondo in rapporto alla presunta bontà, onnipresenza, onniscienza e onnipotenza della divinità e del suo operato (cioè sulla questione della Teodicea)? Il destino lo creiamo noi… con le scelte che giornalmente facciamo e in base alle strade che, volontariamente o involontariamente, percorriamo. Anche le persone che incontriamo, insomma tutto, è destino. Non possiamo avere alcuna conferma di un determinato percorso, né possiamo prevederne i risultati… ma possiamo prefissarci una meta, un obiettivo. Dobbiamo, però, anche essere disposti – lungo il cammino – a deviare per imboccare un sentiero inaspettato se in quel momento ci rende più vivi. È bene non prefigurarsi e non immaginarsi lungo un’unica direzione perché, se questa non dovesse concretizzarsi, ne potremmo essere sopraffatti. Il mio rapporto con il Divino è qualcosa di intimo e personale, sento divinità dove vedo umanità cioè vivo la figura appunto del divino ai suoi antipodi, in quanto esso è proprio in noi”. 

Infine, prima di salutarci, vuole condividere con noi quali sono i suoi progetti più stretto giro e talune eventuali novità in anteprima? Adesso sono in scena, in tournée siciliana, con due spettacoli… Col “Miles gloriosus” di Tito Maccio Plauto e con uno spettacolo scritto da me che tratta la storia del bandito Salvatore Giuliano – il giorno 30 aprile sarò al Teatro Alfeo di Siracusa con tale testo e invito gli amici della Sicilia a venire a vederlo. Nel frattempo, in tv, stanno andando in onda “Il Patriarca” dove interpreto uno dei protagonisti nel periodo di giovinezza e a breve uscirà pure la fiction “La Ragazza di Corleone” in cui sarò tra gli antagonisti del film. Ho infine finito di girare un docufilm sulla figura di Max Corvo, nel quale interpreto proprio lui… il famoso ragazzo dell’Intelligence americana di Melilli che, nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, scrisse il Piano Corvo con cui gli Alleati sbarcarono in Sicilia”.

24 Aprile 2023

Autore:

redazione


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