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JAZZ – L’ “indomabile” Antonello Salis

 

“Quando ho iniziato a scrivere le prime idee di Time in Jazz 2012, dedicato al fuoco, la prima persona che ho pensato dovesse parteciparvi è stata Antonello Salis”.

Lo ha detto Paolo Fresu nel presentare il concerto piano solo che lo straordinario pianista – fisarmonicista, suo amico di vecchia data, ha tenuto nel parco eolico di “Sa turrina manna” a Tula, piccolo centro del Logudoro.

Lo stesso direttore artistico di Time in Jazz, precedentemente, in occasione dell’apertura dei concerti serali a Berchidda, aveva così motivato la propria scelta circa il leitmotiv che introduceva gli eventi: “In un festival dedicato al fuoco non poteva mancare una sigla scritta da Antonello Salis”.

L’assonanza, quindi, tra l’eclettico musicista sardo di Villamar, classe 1950, dall’aspetto saraceno e dal cuore grande, ed il fuoco, simbolo dell’irrefrenabile forza della natura, è palese sia nelle frasi di Paolo Fresu che nel pensiero e nei ricordi di chi segue e conosce Salis. Ed il rapporto, l’affetto, la stima reciproca che i due musicisti si trasmettono a vicenda è proprio grande. Non a caso il trio PAF, composto dai tre “amici” Paolo (Fresu), Antonello (Salis) e Furio (Di Castri) è tra i più longevi e rappresentativi del jazz italiano.

E poi Salis è uno dei veterani, un pioniere del festival di Fresu: è stata sua, nel ferragosto del 1997, la memorabile esibizione piano solo che ha aperto la tradizione dei concerti dentro le chiese campestri di Berchidda. Il luogo che ospitò l’evento fu la chiesa di Sant’Andrea: un pezzo di storia da ricordare, un passo d’antologia.

Il parco eolico di Tula è un’area immensa, che si sviluppa lungo le alture che dominano il lago di Coghinas, in cui svettano i giganti eolici, enormi girandole impattanti ma silenziose, mosse dal vento.

Antonello Salis è particolarmente carico e concentrato nell’affrontare, da solo, il primo dei suoi svariati impegni in quest’edizione di Time in Jazz. Intanto, a stretto giro, l’indomani sera, in Piazza del Popolo, a Berchidda, lo attendeva, per il concerto finale di ferragosto, il pubblico delle grandi occasioni. “Giornale di bordo” è il titolo dell’album – progetto che Salis, da autentico “capitano”, in prima serata, ha proposto assieme al suo “equipaggio”, composto da Gavino Murgia, Paolo Angeli ed Hamid Drake: tre sardi ed un afroamericano, in una miscela vincente per tecnica, talento ed originalità.

 

Ma andiamo intanto al pomeriggio.

L’estroso pianista, sotto il sole che tendeva ad abbassarsi sul promontorio di Tula, come suo solito, “attrezza” il cuore del pianoforte con vari strumenti ed oggetti che percossi provocano un suono suggestivo, a tratti surreale. I suoi virtuosismi esaltano la platea, che tuttavia resta in religioso silenzio, perché il concerto è un continuo divenire di note ed emozioni. Non ha pause: un’ora e quindici minuti volano come quel vento che muove le gigantesche pale eoliche che fanno da sfondo all’evento. Il musicista si concede solo una brevissima pausa necessaria per lasciare il pianoforte ed imbracciare la sua mitica fisarmonica.

La performance contiene spaccati di una variegata cultura musicale ondeggiante tra la magnifica tradizione sarda, l’improvvisazione jazzistica ed una moderna creatività senza confini, che in pochissimi riescono a sviluppare a tale livello.

Salis dimostra di possedere un genio innato nel sincopare le sue energiche e focose  improvvisazioni sulla tastiera con pezzi lenti, raffinati, che emozionano la platea.

E’ il caso, tra gli altri, del meraviglioso “In her family” di Pat Metheny, brano contenuto in “Still life (Talking)”, datato 1987, nel quale il famoso chitarrista del Missouri – che Salis conosce bene avendoci suonato insieme anni fa a Sant’Anna Arresi – sovrappone le proprie note a quelle prodotte dalla tastiera di Lyle Mays.

Tutto bello, insomma, con il geniale musicista di Villamar che anche alla fisarmonica dà il meglio di sé, raccogliendo, alla fine, la standing ovation del pubblico.

A Berchidda, la sera successiva.

“Giornale di bordo” è un’altra storia che tuttavia rispecchia in pieno la personalità di Antonello Salis, accoppiata a quella del talentuoso sassofonista Gavino Murgia, abile anche nell’utilizzo della sua straordinaria tecnica vocale, del pioniere della chitarra sarda “preparata” Paolo Angeli, protagonista anch’egli, in precedenza, di un super concerto da solo ad Oschiri, nell’area della splendida chiesetta romanica di Madonna di Castro, e di Hamid Drake, eclettico batterista afroamericano.

Il filo conduttore del concerto non poteva che essere l’album dall’analogo titolo, pubblicato dal quartetto nel 2010, per l’etichetta cagliaritana S’Ardmusic.

“Giornale di Bordo”, in linea con il tema ispiratore del titolo, è un viaggio eccezionale in un immenso oceano musicale, lontano da qualunque stereotipo, dove il talento dei musicisti incontra svariati generi, ritmi ed etnie, tanto da renderlo simile ad un “abbraccio” all’intero Pianeta. Ma è sicuramente un jazz-rock dalle tante sfaccettature costruito su basi fondate sulla tenace tradizione sarda, ciò che risalta maggiormente nella proposta del quartetto.

“Dear prudence”, capolavoro dei Beatles del 1968, in chiave totalmente rivisitata dal gruppo, unico standard dell’album, è stato uno dei brani maggiormente apprezzati dalla platea che gremiva Piazza del Popolo.

Dolce e suggestiva, è stata l’interpretazione di “Corsica tarantina”, ballata ripresa dalla tradizione popolare, che Paolo Angeli, oltre che suonato, ha anche cantato magnificamente.

“Suerte”, brano che sprigiona tecnica, coralità ed energia, ha evidenziato un’importante intesa tra Antonello Salis alla fisarmonica e Gavino Murgia al sax, sorretti dalla bravura degli altri due geniali “naviganti”.

Intensa e suggestiva, come d’altronde appare anche nell’album, è stata l’interpretazione di “Ciao Pina”, pezzo di Antonello Salis alla fisarmonica, in cui lo stesso duetta con il sax soprano di Murgia, dal taglio etnico eccellente in classe e tecnica. Un vero fuoriclasse da considerare tra i numeri uno della categoria.

Un gran concerto, in un contesto, quello del centro storico di Berchidda, che da ben venticinque anni, grazie all’impegno di Paolo Fresu e dei tanti volontari che lo coadiuvano, fa da splendida cornice agli eventi.

Quel palco posto nella piazza principale del paese, neanche a dirlo, ha un fascino particolare. Lì la creatività e lo spirito umano ed artistico di tutti coloro che si sono esibiti nelle varie edizioni, in linea con l’idea portante di Time in Jazz, non conoscono barriere.

Era il 14 agosto del 1998 quando “Suono & Ritmo” un quintetto tutto messinese, facente capo all’associazione La Ragnatela, composto da Giovanna La Maestra, Giovanni Renzo, Angelo Tripodo, Francesca Licata e Giuseppe Gentile, inaugurò, a fianco di Paolo Fresu, l’undicesima edizione di Time in Jazz.

“Oltre il Giardino” –  Silenzi e suoni nell’improvvisazione creativa, era il titolo del progetto. Anche questo è stato un momento di storia, stavolta scritta da musicisti messinesi che con Paolo Fresu, assieme ad una grande passione artistica, condividono innanzitutto autentici sentimenti d’amicizia.

Corrado Speziale

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