LA BOMBA – Storie della Guerra Mondiale. A Naso l’ultimo “viaggio” di un Pac 47
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LA BOMBA – Storie della Guerra Mondiale. A Naso l’ultimo “viaggio” di un Pac 47

Si è presentata sopra un albero all’appuntamento con la storia , in contrada Maina, pronta per l’ultimo viaggio. Una bomba anticarro segno che da lì era passata la Guerra (foto tratta da AMnotizie)

ottant’anni ma poteva far danni

Un po’ malandata ma ancora in grado, dopo circa ottant’anni di fare parecchi danni se non trattata con i dovuti riguardi.

Niente confidenze ne manipolazioni improprie. Già perché il proiettile ritrovato da Spagnolo su un ciliegio di proprietà e li finito a causa dello smottamento di un muretto potrebbe benissimo essere – spiega Enzo Caputo – di un Pac 47, il micidiale controcarro tedesco, in grado, se ben indirizzato, di mettere fuori uso uno sherman americano.

 

Potrebbe comune trattarsi- continua lo strorico\giornalista – visto che è stato impossibile avvicinarsi per ovvi motivi all’ordigno, transennato e piantonato dai carabinieri di Naso, anche di una bomba da mortaio da 81 italiano.

L’ipotesi più accreditata verte comunque per il cannone tedesco.

Enzo Caputo ne parla con rispetto, con competenza, come chi ha il culto per la storia.

D: Perché propende per un proiettile controcarro?

R: Va tenuto conto dello schieramento italo tedesco della zona in contrada Maina e delle fortificazioni, alcune definibili, seppur impropriamente, in caverna zona.

D: Ci spieghi meglio.

R: Nei primi anni di guerra, si provvide a rafforzare nell’Isola, al pari della Sardegna, il sistema difensivo interno e antisbarco con la costruzione di una serie di casematte e bunker. A Maina ne furono costruite quattro o cinque di cui uno, con campo di tiro diretto sulla SS.116 con feritoia “in caverna” in grado di interdire o quantomeno rallentare l’eventuale avanzata di mezzi corazzati.

D: Qual’era lo spiegamento?

R: Gli Italo tedeschi, subito dopo lo sbarco, allestirono nella Sicilia occidentale una serie di linee difensive, non tanto di sbarramento, poiché era certa l’impossibilità di tenere l’isola, quanto di contenimento per rallentare l’avanzata quanto bastava per evitare l’imbottigliamento delle divisioni impegnate in Sicilia. In quest’ottica l’ultima linea di contenimento fu la Linea Tortorici, la cui esistenza è, pecca tutta nebroidea, poco conosciuta.

Questa linea che iniziava a Floresta e finiva a Zappula aveva due cerniere pericolose per i difensori. Una nel saliente della contrada Grazia e l’altra rappresentata dalla SS.116 che permetteva, forzata Zappulla di prendere alla spalle i difensori. Per poterla tenere il tempo necessario a far sganciare il grosso delle forze la zona in questione fu occupata nella notte del sette agosto dai granatieri corazzati della 29 ma divisione tedesca proveniente da Randazzo.

In particolare dal 15° reggimento granatieri al comando del tenente colonnello Walter Krueger. Unità dotata di pezzi controcarro di piccolo calibro. Contemporameante affluirono da San Fratello ciò che rimaneva della divisione di fanteria da montagna italiana “Assietta”. Le batterie di grosso calibro rimaste, tre, furono schierate tra Cresta di Naso, Bazia e Sant’Antonio mentre a Maina fu destinato ciò che restava della sezione mortai da 81.

In particolare la zona venne presidiata dal 29° reggimento dell’Assietta al comando del Colonnello Mario Fontana. Da qui l’incertezza sul tipo di proietto.

D: Come andò a finire?

R: La linea venne tenuta, anche con deboli contrattacchi, fino a tutto il 10 agosto . Ciò permise, assieme al fallito, negli obbiettivi, sbarco di Brolo, il pieno successo dello scangiamento delle truppe dell’Asse verso Messina.

D: Perché la bomba è venuta fuori dopo 80 anni?

R: Probabilmente, faceva parte di una riservetta di munizioni occultate e riparate in piccole gallerie sottoterra, in prossimità di muretti che ne permettevano l’accesso frontale( era un sistema di riparo di emergenza usato un po’ da tutti gli eserciti).

Ciò spiega il perché sia venuta fuori proprio a causa di uno smottamento del terreno.

D: Quanta storia in un ritrovamento.

R: E si la storia parla. Basta saperla ascoltare.

11 Giugno 2020

Autore:

redazione


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