di Roberto Menia, Tratto dal mensile “Area”
Nel 150esimo dell’unità d’Italia non è peregrino chiedersi cosa è e cosa può essere la destra oggi. Io mi rispondo che prima di tutto è e dev’essere il “luogo politico” della Nazione.
La Patria non è un’idea che puzza di nostalgia. L’Italia si deve rigenerare e gli italiani devono riconoscere e infuturare i valori sui cui si fonda il nostro essere comunità di destino.
Debbono, al tempo stesso, recuperare il culto della tradizione, il senso del passato e della storia comune, e quindi riconquistare fiducia nell’avvenire; per essere un esempio bisogna essere esemplari.
Un uomo che si spoglia di tutto ciò che lo ‘lega’, che perde le tradizioni e ripudia il passato, proteso esclusivamente a una corsa verso l’avvenire, privo dei riferimenti che l’hanno formato, è un uomo sradicato, che vive un presente di comodo e diventa demiurgo della sua infelicità. L’uomo conservatore è quello che non sceglie i suoi valori sulla base del ‘vecchio’ e del ‘nuovo’, bensì per il loro contenuto universale: il progresso senza ideologie, la consapevolezza dei propri limiti e il ripudio della ragione e della religione assurti a simboli di culto.
Ora che i retaggi dei conflitti del secolo scorso pesano di meno, la nostra destra sembra aver superato quella sorta di complesso di inferiorità che ne ha condizionato per decenni l’agire: scardinata la logica della ferrea contrapposizione rossi-neri, la destra ha compreso che bisogna recuperare le centrali di produzione culturale, lanciare l’offensiva di riconquista della statualità e dei suoi presidi in nome dell’orgoglio nazionale e dell’etica repubblicana.
Vogliamo provare a declinarla, la nostra destra?
E’ quella che intende l’uomo come soggetto autonomo, libero da ogni massificazione e capace di puntare sempre sulla libertà contro tutti gli autoritarismi, di ogni sfumature e colore. Quella destra che auspica un’Italia che guarda con attenzione alle rivoluzioni liberali e sociali europee, perché la difesa autentica e non demagogica dello Stato sociale nasce proprio dalla lotta contro lo Stato burocratico, ipertrofico, contro i parassiti che in esso si annidano e si moltiplicano, che chiedono un’assistenza che inevitabilmente sfocia nell’assistenzialismo.
La destra sente il senso profondo della comunità nazionale, del bene comune, della continuità della Patria e del progresso ordinato. Destra è meritocrazia contrapposta all’egualitarismo forzato di sinistra; destra è studio severo e responsabile contrapposto alla scuola facile e al 6 ‘politico’; destra è sobbarcarsi il fardello delle responsabilità contrapposto alla volontà di scaricarlo sulla previdenza sociale; destra è rispettare i valori dell’ordine nazionale contrapposto alla messa in discussione dell’intero sistema-Paese. Destra è in primo luogo una concezione equilibrata del diritto e del dovere, perché chi sbaglia paga, perché la legge, le istituzioni sono gli assiomi dell’equilibrio democratico.
ùLa democrazia si fonda il principio di eguaglianza, ma eguaglianza non è egualitarismo: gli esseri umani sono allo stesso tempo eguali e diversi, unici ed irripetibili, è la specificità la loro caratteristica fondamentale. L’uomo, nelle relazioni che lo collegano agli altri, agisce utilizzando anzitutto gli elementi che lo differenziano e deve, quindi, essere valutato di conseguenza.
Destra non può che essere l’ambizione ad uscire da un’ottica strettamente materiale per interpretare il mondo e definire invece una più consona accezione sacrale. Spiritualità, senso di appartenenza alla Nazione ed allo Stato, valorizzazione della famiglia sono, in fondo, gli assiomi del diritto naturale, di quel giusnaturalismo che per San Tommaso d’Aquino altro non era che ‘l’insieme di principi etici, generalissimi’, ovvero il diritto dell’uomo a rivendicare sempre la propria libertà.
Per la destra, come insegnava Papa Wojtyla, “il Patriottismo si colloca nell’ambito del quarto comandamento, il quale ci impegna ad onorare il padre e la madre. E’ infatti uno di quei sentimenti che la lingua latina comprende nel termine pietas, sottolineandone la valenza religiosa…
Il patrimonio spirituale che ci è trasmesso dalla Patria ci raggiunge attraverso il padre e la madre, e fonda in noi il corrispettivo dovere della pietas.
Patriottismo significa amore per tutto ciò che fa parte della patria: la sua storia, le sue tradizioni, la sua lingua, la sua stessa conformazione naturale. E’ un amore che si estende anche alle opere dei connazionali e ai frutti del loro genio. Ogni pericolo che minaccia il bene della patria diventa un’occasione per una verifica di questo amore…”
La difesa della propria cultura e della propria identità non va intesa quindi come negazione dell’altrui identità e dell’altrui diritto ad esistere; la difesa delle proprie radici e delle proprie ragioni non si rovescia nell’odio contro le radici e le ragioni altrui in una sorta di delirante darwinismo.
Essere di destra vuol dire amare l’Italia, avere spirito di servizio, senso dello Stato, rispettare il rigoroso codice di comportamento che si propone di combattere gli abusi, di valorizzare l’esempio degli italiani migliori, vuol dire sostenere un’Italia che garantisce la libertà, che propugna un’uguaglianza garantita nel punto di partenza, un’uguaglianza nelle opportunità.
Un’Italia in cui il merito e le capacità sono gli unici criteri di selezione della classe dirigente. Un’Italia che combatte l’etica relativista, soggettivistica, la cultura del disimpegno e dell’apatia, il laicismo che non offre riferimenti e non si prende neppure la briga di cercarli; un’Italia che combatte gli eccessi della burocrazia e della lentocrazia.
Essere di destra è cercare di riunire nuovamente, 150 anni dopo, tutti gli italiani intorno all’amore per la propria Patria; riscoprire la fierezza di essere italiani, uniti dalla convinzione che in ogni essere umano brilla l’aspirazione di una scintilla interiore, di un sogno ideale e personale da realizzare. Perché oggi come ieri la destra c’è ed è la scommessa del nuovo senza omettere i valori fondanti della nostra cultura nazionale: la Patria, il lavoro, il rispetto per l’autorità e per la responsabilità individuale. È un’idea che si contrappone all’immobilismo degli imbalsamatori, strenui difensori della cultura del nulla, degli innamorati delle poltrone.
Roberto Menia è Coordinatore Nazionale FLI