Cultura

LA GRANDE MENZOGNA – Paolo Borsellino protagonista nella straordinaria interpretazione di David Coco, per Nutrimenti Terrestri

– di Corrado Speziale –

L’opera, scritta e diretta da Claudio Fava, alla sua prima regia teatrale, è andata in scena domenica scorsa a Messina, al Teatro Annibale di Francia dinnanzi a un pubblico numeroso e motivato. “La grande menzogna” ha aperto “Il miglior tempo della nostra vita”, rassegna che celebra i 40 anni d’attività di Nutrimenti Terrestri, compagnia teatrale attiva su tutto il territorio nazionale e riconosciuta dal ministero della Cultura, che ha tra i fondatori l’attuale direttore artistico Maurizio Puglisi.

David Coco, con un monologo straordinario, ha appassionato il pubblico interpretando magnificamente il ruolo del magistrato ucciso, che svela, riflette, denuncia e ammonisce, raccontando di sé e della sua vicenda, secondo la ricostruzione dei fatti rappresentata efficacemente da Claudio Fava.

Paolo Borsellino santo, martire, eroe. Ma dove sta il rispetto? E soprattutto, “dedicatemi la verità”. Per questo, ecco un’altra storia. A parlare è proprio il magistrato ucciso nella terribile strage del ’92 a Palermo, in Via D’Amelio. A fargli da immancabile compagnia, il classico pacchetto di “Esportazioni”. Una nuvola di fumo, evanescente come la verità negata e svanita nel nulla, sovrasta Borsellino, offuscando irrimediabilmente questa pagina di storia. Un atto tra i più atroci della fine del secolo scorso, adesso raccontato tra scene e retroscena dalla stessa vittima.

Silenzi, bugie, omissioni, manipolazioni. “La grande menzogna”, è il frutto del depistaggio che si verificò nel corso delle indagini conseguenti alla strage: la mafia talvolta fa comodo, è un alibi. “Cosa è successo? La mafia fu. Perché, se non ci fosse bisognerebbe inventarla. In questo Paese fa comodo pensare che dietro la mafia ci sia solo la mafia. Che le ombre sono soltanto macchie di luce”.

Claudio Fava alla sua prima regia, e David Coco sul palcoscenico, ci restituiscono un Paolo Borsellino affrancato da una vita piena di insidie e di nemici, ma soprattutto “amici” da cui guardarsi, libero finalmente di esprimersi e di agire, riflettere, denunciare senza intralci oltre la sua morte. E lo fa ricorrendo talvolta anche ad un’amara ironia: “Vi sembra strano che su certe cose ci voglia scherzare sopra, tanto, morto sono…” Il magistrato vive così la “condizione risolta di chi non c’è più”, riporta la nota stampa dello spettacolo.

Borsellino rivede sé stesso, la sua storia e la sua fine. E si indigna. Fava scoperchia un pozzo di retorica, falsità e ipocrisia di regime e ne trae elementi di denuncia. Ricostruisce il racconto sul supporto storico dei fatti e lo arricchisce di metafore e dettagli che ben convincono e accompagnano il pubblico a rivivere con interesse, passione, ma soprattutto malinconia e rimpianto, questa drammatica pagina di storia. Il tutto, accompagnato dalla rabbia per il tempo trascorso colpevolmente invano, per le tante ferite lasciate dall’ennesima notte italiana che non ha mai visto un’alba.

Sul palco, David Coco è straordinario. Tra recita e introspezione, con una presenza scenica e un’interpretazione da gigante del palcoscenico, perfetta per tempi, dizione e contestualizzazione, l’attore non impersona soltanto Borsellino, ma un pensiero collettivo che risveglia la memoria di tanti. L’attore accoglie ed elabora dentro di sé una figura complessa e ne fa rivivere una parte inedita, sconosciuta, talvolta struggente, frutto di una proiezione del regista in un post mortem in cui la vittima denuncia e svela la storia di sé vivo e morto.  Un martire di mafia che racconta sé stesso e l’insidioso mondo che lo circonda in una sua seconda morte. “Mani sporche, invisibili, hanno tirato i fili della mia morte pure dopo avermi ammazzato. Perché bisogna ammazzare due volte. La seconda è quando prendono la verità e la trasformano in coriandoli…giochi di picciriddi. Delle cose per cui sono vissuto e sono morto non doveva rimanere nulla”, dice Borsellino.

È un modo di sopravvivere a sé stesso, di rivendicare la verità oltre ogni retorica. Una risposta sprezzante verso chi ha decretato la sua fine atroce, ha deviato le indagini e coperto i mandanti. Ma anche e soprattutto un ammonimento alla gente comune, seppur colpita dalla sua morte, “messa in testa come una corona di spine”, e che ha scelto il bene al posto del male, ma che non va oltre. “Non facciamo domande, abbiamo la testa confusa da troppe camurrie, a noi basta piangere il morto una volta l’anno…” Il magistrato dà lettura di sé, come un “atto di fede”, un “amuleto”.

Sul palco, a supportare il racconto nell’aspetto più significativo, i protagonisti – pupi, allo stesso tempo sagome e ombre che occupano la scena, cadono sotto i colpi della realtà dei fatti.

Ma il teatro può restituire la verità? Può farlo laddove non arrivano colpevolmente né la politica, né la magistratura; dove l’informazione è parziale; dove la popolazione, colpita emotivamente, non va oltre il dolore e la rabbia, secondo quanto le viene offerto.

Dunque, se vanno via tutti, resta questo bel teatro col suo sipario aperto sulla storia a dare dignità, laddove questa sembrava sparita per sempre.

“La grande menzogna”, domenica scorsa a Messina, al teatro Annibale di Francia, ha aperto la rassegna “Il miglior tempo della nostra vita”, che celebra i 40 anni d’attività di Nutrimenti Terrestri, compagnia teatrale attiva su tutto il territorio nazionale e riconosciuta dal ministero della Cultura, che ha tra i fondatori l’attuale direttore artistico Maurizio Puglisi.

La rassegna proseguirà presso la stessa sede con altri spettacoli teatrali in cartellone il 10, 17 e 24 novembre.

Redazione Scomunicando.it

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