La lotta al terrorismo della cooperazione italiana e USA in Africa
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La lotta al terrorismo della cooperazione italiana e USA in Africa

di Antonio Mazzeo

Delegazione di altissimo livello quella giunta show_image_npadvsinglephoto.phpa Gaò, Mali, per la cerimonia conclusiva dell’inedita “missione umanitaria” Ridare la luce 2009, organizzata dall’Associazione Fatebenefratelli per i Malati Lontani (AFMAL) congiuntamente al Ministero Affari Esteri (MAE), all’Istituto Superiore di Sanità, all’Aeronautica militare e all’Esercito italiano, e la sponsorizzazione di Alenia Aeronautica (gruppo Finmeccanica), produttrice di cacciabombardieri e velivoli da trasporto militari.

Tra i partecipanti ci sono infatti il Capo di Stato maggiore della difesa, generale Vincenzo Camporini, la responsabile della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo della Farnesina, dottoressa Elisabetta Belloni, il Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare, generale Daniele Tei e il Capo del Corpo sanitario dell’AMI, generale Ottavio Sarlo. Quasi una consacrazione del nuovo modello di “cooperazione allo sviluppo” che il governo italiano intende implementare nei prossimi anni: tagli sostanziali ai finanziamenti pubblici; utilizzo di contributi di aziende e industrie private; organizzazioni non governative ed associazioni di volontariato sostituite da università e istituti di ricerca; sempre meno progetti a medio-lungo termine e priorità agli interventi d’emergenza nelle aree geografiche d’interesse per l’economia nazionale. Il tutto possibilmente diretto, coordinato e realizzato da task-force di militari e civili, riproducendo in scala minore quanto gli Stati Uniti d’America stanno sviluppando in Africa grazie alla partnership tra AFRICOM (il comando delle forze armate per le operazioni nel continente africano) e USAID, l’Agenzia per gli aiuti allo sviluppo.     

abstract_311_x_203Generali e direttrice per la cooperazione hanno voluto incontrare nell’ospedale di Gaò i medici militari e il personale sanitario di cliniche e ospedali pubblici e privati italiani che “hanno eseguito circa 600 operazioni di cataratta ed altri interventi chirurgici”, effettuando altresì “corsi specifici per i medici locali sulle tecniche di rianimazione d’urgenza cardio-polmonare e sull’utilizzo di nuove tecniche operatorie in chirurgia addominale e laparoscopica”. Come spiegato dall’addetto stampa del Ministero della difesa, parte della formazione è “stata diretta in particolare ai giovani medici militari italiani, frequentatori del Corso di perfezionamento in medicina aeronautica e spaziale, sulle patologie tipiche delle zone altamente disagiate e tropicali”. 

“C’è il progetto di rendere permanente questa attività equipaggiando l’ospedale di Gaò in modo da formare una leva di personale maliano”, ha annunciato la dottoressa Elisabetta Belloni. “La Cooperazione Italiana vuole investire su questa iniziativa e spero che attorno ad essa possano nascere altre attività di sviluppo, come centri per la fornitura di energia o acqua”. “Si tratta di una missione molto apprezzata, portata avanti con efficienza straordinaria e particolare gradimento della popolazione locale”, ha invece dichiarato il generale Vincenzo Camporini. L’alto ufficiale ha poi precisato le reali finalità della massiccia presenza militare nella missione Ridare la luce. “Considero questo genere di attività parte integrante dello scopo di una forza armata perchè ridurre il disagio sociale nelle zone dove può radicarsi il terrorismo è funzionale alla prevenzione di conflitti”. Vecchio assunto teorico-strategico quello di Camporini, al centro dei manuali anti-guerriglia delle truppe francesi in Algeria, dei berretti verdi in Vietnam, degli agenti CIA e dei “consiglieri militari” statunitensi presenti in America latina negli anni ’60, ’70 e ’80. Oggi è tema di approfondimento dei corsi destinati agli ufficiali africani che il Comando AFRICOM organizza con sempre più frequenza in tutto il continente.

g__n__ral_poudiougou_gabriel_podiougou2_623368533“L’obiettivo comune della collaborazione tra le nostre forze armate e quelle degli Stati Uniti d’America è di combattere il terrorismo”, ha dichiarato il generale Gabriel Poudiougou, Capo di Stato maggiore dell’aeronautica militare del Mali, in occasione della recente visita a Bamako di Mike Callan, vice-comandante di US Air Force Africa. “Relazioni più strette ci permetteranno di costruire un migliore quadro operativo nella lotta al terrorismo a tutti i livelli, locali e internazionali”, ha poi aggiunto Poudiougou. Due mesi fa il Dipartimento della Difesa ed AFRICOM hanno donato alle forze armate maliane velivoli tattici, fuoristrada, attrezzature di comunicazione e armamenti vari. “Hanno un valore di 5 milioni di dollari e permetteranno alle forze di sicurezza del Mali di spostarsi, eseguire trasporti e comunicare nelle aree più impervie e desertiche”, ha precisato il portavoce dell’ambasciata USA a Bamako. “Washington è sempre pronta a rispondere alle necessità dei nostri amici maliani e di tutti i nostri alleati in Africa occidentale nella lotta contro le milizie armate, inclusa al Qaeda, che sono attive nelle regioni settentrionali”.

Dopo l’attacco armato dell’organizzazione Al Qaeda in the Islamic Maghreb (AQIM) al confine tra Mali e Niger nel luglio scorso, in cui sarebbero morti 28 militari maliani, il governo locale ha dichiarato “guerra totale” alle organizzazioni islamiche radicali. In chiave “anti-terrorista” è stato tentato pure il riavvicinamento con i gruppi ribelli Tuareg che lottano per il riconoscimento dell’autonomia e dell’identità culturale. In questo sforzo di riconquista del territorio e del consenso popolare nelle regioni sub-sahariane, Bamako conta sull’assistenza incondizionata di Washington. È stato dato il via, in particolare, ad un piano infrastrutturale finanziato e coordinato da USAID e dal Comando AFRICOM di Stoccarda e che vede operare sul campo gli uomini dell’US Army Engineers. Attualmente sono in via di esecuzione 44 progetti nelle regioni più remote del Mali e del Niger: si tratta della costruzione di 32 pozzi d’acqua, 7 scuole, 2 piccoli presidi sanitari e 2 “banche di sementi”, costo totale 1,7 milioni di dollari. “Questi progetti beneficeranno gli abitanti, i nomadi Tuareg e i Wodaabe”, ha affermato Darrell Cullins, responsabile progetti in Africa dell’Europe District del Corpo d’ingegneria dell’esercito USA. Per “promuovere la libertà economica ed investire sul capitale umano”, il Mali è stato inserito dal Dipartimento di Stato tra i paesi del cosiddetto “Millennium Challenge Account”, il piano di “riduzione della povertà e di promozione della crescita economica” avviato nel 2004. Sono previsti interventi per 461 milioni di dollari, finalizzati in particolare all’irrigazione di un’area di 15.000 ettari per la produzione di riso e all’installazione di attrezzature nell’aeroporto internazionale di Bamako per il trasferimento dei prodotti ai mercati esteri. Accanto allo sviluppo delle monoculture per l’esportazione, USAID sta incoraggiando le “politiche di alleggerimento dello Stato nell’economia”, promuovendo i programmi di privatizzazione dei servizi e lo smantellamento di molte grandi imprese statali.

L’intervento di Washington non si fermerà tuttavia alle regioni sub-sahariane. “Per il futuro lavoro nel continente – ha aggiunto Darrell Cullin – l’US Army Enginners ha firmato un Multiple Award Task Order Contract (MATOC) che prevede il design e i lavori di realizzazione e manutenzione d’infrastrutture e di servizi destinati alla popolazione africana, per cui è prevista una spesa di 14,8 milioni di dollari entro il settembre del 2011. Il MATOC opererà principalmente in Niger, Ciad, Mali, Senegal, Marocco, Mauritania, Tunisia, Gabon, Ghana, Nigeria e Liberia, con la collaborazione dei militari presenti in Corno d’Africa e dell’US Navy”. Cooperazione, dunque, sempre più armata e militarizzata.

 

foto da www.melitoonline.it;portal.lombardinelmondo.org; bp.blogspot.com

19 Dicembre 2009

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admin


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