In una società che continuamente fornisce al nostro sguardo soggetti belli e perfetti, nei quali “l’immagine ha il solo scopo di rappresentare il prodotto”, che diventano quindi vuoti feticci, Roberto Raffaele risponde con originalità all’omologazione ed alla spersonalizzazione massicciamente dilaganti, mettendo in mostra, al contrario, soggetti dignitosamente carichi di imperfezioni, provati dal tempo e dalle mille storie vissute, ma anche sopravvissuti, al tempo ed a quelle stesse storie.
Soggetti vivi e nobili, ricchi e reali, assolutamente tangibili dietro la lente della macchina fotografica, vicini allo spettatore, infinitamente umani. Soggetti unici, liberi dalla menzogna del sorriso da fototessera o da foto di ricorrenza. Ciascuno presente a se stesso e a modo suo.
Magari assorto nel ricordo di ciò che la guerra, pur nella sua brutalità, ha potuto comunque offrire, come nel caso della Signora Elena , greca che nell’occasione bellica conobbe il soldato che poi diventerà il proprio marito.
Espressioni sorprese nei gesti semplici di una Esistenza e comunque ancora vive e piene di energia.
Sguardi sequestrati di colpo da ricordi ed emozioni lontane: altrove, in un mondo negato ai più, in un mondo proprio, incredibilmente presente. Un mondo intimo e complesso che taglia fuori chi non può comprenderlo, e che è la vera casa di chi ha vissuto in prima persona momenti, luoghi, affetti, passioni, pensieri che un numero non potrà sintetizzare mai.
Le date rappresentanti i momenti salienti della vita dei protagonisti di questo spaccato sulle realtà umane, gli anni di nascita, di matrimonio, e poi ancora quelle della nascita dei figli, in maniera inedita ed originale, si fondono in un grottesco e presuntuoso codice a barre, nell’illusorio progetto di sintetizzare un essere misterioso e complesso come l’uomo, tanto nella sua fisicità quanto nella sua forma più ineffabile, in un codice univoco e limitato.
Rughe, occhi umidi, labbra segnate, capelli radi, denti, cicatrici, diventano un vasto ed affascinante insieme di caratteri che impreziosiscono anime solo apparentemente distanti, tuttavia incredibilmente vicine, reali e segnate, imperfette e proprio per questo, singolari: manufatti della vita e del tempo. In netta contrapposizione alla perfezione delle forme, all’omologazione, all’indistinguibilità, serialità ed artificiosità, impresse dalla macchina ai prodotti, tutti identici.
Pelle, imperfezioni, espressioni e sguardi umidi, ricchi di verità e nobili, sottolineano l’assoluta trivialità del principale simbolo del consumismo: il codice a barre. Manifestazione fredda e reale di un mondo che si è proposto di convertire e codificare la realtà sensibile, tutta in stringhe e cifre. Di schedare e catalogare ogni cosa. Di riporre e mostrare. Di vendere.
Gente “comune” appartenente ai nostri luoghi: unica e irripetibile.
Luca Scaffidi Militone