LA STORICA BATTAGLIA DEL 4 LUGLIO 1299
Cultura

LA STORICA BATTAGLIA DEL 4 LUGLIO 1299

di Giuseppe Li Voti

PREMESSA
A distanza di oltre sette secoli dalla storica data del 4 luglio 1299, che vide i due fratelli Aragonesi Federico III e Giacomo II l’un contro l’altro armato per volere dell’allora papa Bonifacio VIII, chissà perché alcuni si sono ricordati di questa famosa e storica battaglia del 4 luglio 1299. Forse più che per ricostruirne la sua importante storia, per voler far credere che la battaglia avvenne nelle acque del mare di Capo d’Orlando e non alla foce del fiume Zappulla.

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Anch’io con tutta modestia e senza pretesa alcuna, poiché la storia non è leggenda che va arricchita con la fantasia, intendo dire la mia attenendomi ai fatti storici dell’epoca, così come ci sono stati tramandati, ricostruendo nel modo più fedele possibile la storia di questa battaglia, inquadrandola nel periodo storico in cui si è svolta.

I FATTI PRIMA DEL 1299
Con l’insurrezione del Vespro del 31 marzo nel 1282 gli Angioini vennero cacciati a furor di popolo dalla Sicilia e l’entusiasmo di quel momento storico fu tale che venne tramandato nei canti popolari come ad esempio di Vizzini e di Borgetto

Vizzini
Nun v’azzardati a vèniri ‘n Sicilia,
Ch’hannu juratu salarvi li còria;
E sempri ca virriti ‘nta Sicilia,
La Francia sunirà sempri martoria:
Oggi a cu dici chichiri ‘n Sicilia
Si cci tagghia la testa ppi sò gloria;
E quannu si dirà qui fu Sicilia
Finirà di la Francia la memòria.
(Canti popolari siciliani, c XL.VI, c 26 Catania, Galatola 1857)

 

 

 

 

Borgetto
La Sicilia è la terra di li rosi,
Binidittu lu Diu chi nni la fici!
‘Nta lu ‘vernu produci tanti cosi,
Lu beni surgi d’ogni sò paisi;
Trapani viva! lu sali arricosi;
Viva Missina, ‘dda donna filici!
Palermu ha firmatu tanti cosi
Pri dàricci l’assartu a lu Francisi:
E lu Francisi cu la sò putenza
‘N Sicilia facìa malacrianza,
Lu pani nni livava di la menza,
Francisi si vidianu ad ogni stanza;
Iddi fidannu nni la sò putenza
E nu’, mischini sutta la sò lanza!
Nta un’ura fu distrutta la sò simenza,
Fu pri tunnina salata la Franza.
(41 Salamone Marino, Canti popolari siciliani, XX , pag. 748.)

Nell’isola era stata creata la Comunitas Siciliae, cioè la Confederazione delle città siciliane, che rispettò le autonomie delle città stesse, salvò l’unità ideale del Paese, ma non fu in grado di condurre la guerra contro un nemico molto più forte. Si pensò allora di offrire la Corona di Sicilia al re d’Aragona Pietro III, detto il “Grande”, perché nel 1262 aveva sposato Costanza di Svevia, figlia di re Manfredi, e quindi legittima erede del regno di Sicilia. Infatti nel mese d’agosto del 1282, il re d’Aragona ricevette l’offerta della Corona di Sicilia dagli inviati del Parlamento siciliano riunito a Palermo nella chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, attuale chiesa della Martorana.
180px-pietro_iii_daragnPietro III sbarcò a Trapani il 30 agosto e fu accolto con grande festa. Viaggiando per terra arrivò a Palermo il 4 settembre. L’accoglienza, che i Palermitani riservarono al marito della loro regina, fu trionfale. Essi andarono ad incontrarlo a sei chilometri fuori dalle mura.
Il cronista contemporaneo Saba Malaspina scrive che, quando Pietro III entrò in città, il clamore della folla ed il suono delle trombe si sentivano da Monreale. Finiva così la Comunitas Sicilae e nasceva il Regno dell’isola di Sicilia che il suo re considerò un Regno indipendente, il Regno di sua moglie.
Dunque dai documenti appare chiaro che gli Aragonesi, al contrario degli Angioini, non conquistarono la Sicilia, ma furono chiamati dai Siciliani dopo aver cacciato gli Angioini (crf Mariano Caltabiani, “I Vespri Siciliani”, Riposto 1983).
La famosa battaglia svoltasi il 4 luglio del 1299 alla foce del “Fiume Zappulla” va inquadrata nel contesto storico del “Vespro Siciliano”.
Eletto Papa, il 24 dicembre 1294, il cardinale Caetani, col nome di Bonifacio VIII, dopo aver trasferito la sede papale da Napoli a Roma, per sottrarre l’istituzione all’influenza di Carlo d’Angiò, dichiarò nulle tutte le decisioni assunte dal suo predecessore Celestino V.
Il pontificato di Celestino V durò dal 29 agosto al 13 dicembre 1294, perché il Cardinale Caetani lo fece arrestare e lo rinchiuse nella rocca di Fumone, di proprietà dei suoi familiari, dove rimase sino alla morte e si spense dopo aver celebrato l’ultima messa.
Eliminato così il suo avversario, il primo atto politico del nuovo papa Bonifacio VIII fu quello della risoluzione della controversia in corso tra gli Angioini e gli Aragonesi, per il possesso della Sicilia. Questa controversia si protraeva sin dall’epoca del “Vespro Siciliano,” cioè dal 1282.
giacomo_ii_daragonaMorto Pietro III d’Aragona l’11 novembre 1285, gli successe Giacomo II che parteggiava per l’Angiò e spinto dal Papa sottoscrisse la pace di Anagni con la quale rinunciava ai suoi diritti sulla Sicilia a favore del Papa Bonifacio VIII, mentre questi, a sua volta, li avrebbe trasferiti a Carlo d’Angiò, ottenendo in cambio il consenso del Papa a conquistare la Sardegna e la Corsica e dare così origine al regno di Sardegna e della Corsica; ciò, naturalmente, avrebbe cancellato la gloriosa pagina storica del “Vespro” scritta col sangue dei Siciliani.
Sicché il Parlamento siciliano, riunitosi nel castello Ursino di Catania, invitò il Re a recedere dai suoi propositi e, vedendo la sua ostinazione, lo dichiarò decaduto dal trono di Sicilia e preferì il suo governatore Federico III d’Aragona. Il Papa, malvolentieri, dovette acconsentire e incoronò Federico nella cattedrale di Palermo il 25 marzo 1296; questi regnò sino al 1337.
Di contro l’ammiraglio Ruggero di Lauria, grosso feudatario, preferì passare dalla parte angioina-aragonese di Spagna. Federico riprese la guerra del “Vespro” e conservando la Sicilia portò la guerra in Calabria e nel Napoletano. Allora Bonifacio VIII nel 1297, convocò a Roma Giacomo II e Carlo D’Angiò e li esortò a riconquistare la Sicilia secondo il trattato di Anagni.
Per ordine di Giacomo, dovettero abbandonare la Sicilia sia Giovanni da Procida sia Ruggero di Lauria, il primo medico molto stimato alla corte sveva e l’altro eccellente uomo di mare, che si erano adoperati a preparare il” Vespro.” Il Lauria divenne ammiraglio della flotta alleata anti-siciliana, mentre la madre Costanza dovette abbandonare il figlio prediletto Federico e raggiungere Giacomo a Roma. Così accadde che i due fratelli si trovarono l’un contro l’altro armato, Giacomo a capo degli Angioini e Federico re di Sicilia.

IL FIUME ZAPPULLA E LA SUA NAVIGABILITÀ
Prima di parlare della storica battaglia navale che si svolse alla foce dello Zappulla, per gli increduli e per i dubbiosi sulla sua navigabilità, va detto che all’epoca questo fiume era navigabile perché aveva la foce ad estuario, dovuta agli effetti erosivi dell’onda di marea e dell’onda di riflusso, ragion per cui il mare si inoltrava per miglia all’interno. La sua foce all’imbocco nel punto più angusto misurava circa m. 1.000 e la sua ampiezza andava fin oltre la contrada Due Fiumare, a quattro miglia circa dall’imbocco, cioè a m. 5920 e a più di sei miglia dalla spiaggia, cioè a 8880 m., essendo un miglio mille passi, ed equivalendo questi a m. 1480, era quasi uniforme.
Gli estuari nel Medioevo costituivano porti naturali preziosi e venivano sfruttati perché rendevano utile la risalita della navi il più lontano possibile verso l’interno.
A dimostrazione della navigabilità di molti fiumi della Sicilia va ricordato che già in passato i Selinuntini si valevano del porto che offriva la foce del fiume Mazara (Holm, I, 286), e lo stesso fiume Teria (oggi San Leonardo) era navigabile per un certo tratto e rendeva facile l’accesso a Lentini (JEAN BERARD, La Magna Grecia, Ttor. 1946, pag 90) ed Edrisi in Amari, (B.a. s. , I, 72) di Lentini scrive: “ Giace su la sponda del fiume che da lei prende il nome, pel quale risalgono dal mare le navi belle e cariche e approdono dinanzi questo paese, dalla parte di levante.”
caracca_e_galee_rInfine va ricordato che il fiume Zappulla prende il suo nome dal luogo posto due miglia a monte dal punto in cui confluisce il fiume Milè-Galati, al confine a mezzodì con la contrada S. Marina e la località Colamarco, che secondo il Gaetani ha il significato: “D’onde si cala al mare;” mentre sulla sinistra è la contrada S. Maria di Cuma che deriva dal greco: Kumà = onda, flutto, come dire S. Maria del Mare.
Una chiara conferma in merito si ha poi dal fatto che, essendo il territorio di S. Marco, sin dalle sue origini, limitato da un lato dalla spiaggia rettilinea e dall’ampio letto dello Zappulla, e dall’altro dall’angusto del Rosmarino, proprio per questo l’antico e molto noto arsenale di Sàn Màrcu , si trovava in una rada interna alla foce dello Zappulla (I PERI, passim. S. Franchina pag. 41), nei pressi della contrada Fornace, sulla riva sinistra del fiume, oggi a circa tre miglia dal mare e sotto Capri. “La spiaggia è bella. Quivi si costruiscono delle navi, col legname che si taglia nelle montagne vicine (Edrisi, in Amari, B: a:s:, II, 66). Ciò evidentemente quando scriveva Edrisi nel 1154 e fino a tutto il secolo XIV, quando non si erano ancora costituite le comunità di Mirto, Capri e Frazzanò che smembrarono il territorio di S. Marco.”
Dell’arsenale di S. Marco si parlò anche nel 900 allorquando gli Arabi volsero la loro attenzione ai Nebrodi centrali, zona custodita da alcune fortezze e popolata da numerosi centri: S. Angelo, Ficarra, Sinagra e Naso nelle vallate; l’arsenale di S. Marco, Fitalia, Longi, Galati, Santa Maria, Castania e Tortorici in quella del Fitalia, Militello ed Alcara in quella del Rosmarino.

I FATTI
Chiarito, per quanto è stato possibile, l’argomento sulla navigabilità del fiume Zappulla, ritorno a dire che i due fratelli Aragona si trovarono l’un contro l’altro armato in due interessanti battaglie navali, la prima delle quali ebbe luogo, verso la fine dell’inverno 1299, nel tratto di mare antistante Patti, dove una flottiglia catalana del Lauria, mentre ritornava dopo aver portato vettovaglie a quel presidio militare, fu sorpresa e vinta da Federico III. Le galee vennero catturate e lo stesso suo nipote Giovanni Lauria fu preso prigioniero.
federico_iii_daragonaQuesta sconfitta fece pensare a Giacomo che la guerra si presentava incerta e di lunga durata, di poco onore per lui che combatteva contro il fratello per servire la causa degli Angiò, suoi vecchi nemici, così a fine marzo del 1299, tolse l’assedio a Siracusa e, lasciati cinquecento cavalli e duemila fanti nelle fortezze occupate, salpò per Napoli e di là ritornò in Aragona.
Ma Papa Bonifacio VIII per la sua sete di potere allettò con altre promesse Giacomo d’Aragona il quale preparò un’altra spedizione e il 24 giugno 1299 partì per Napoli con Roberto d’Angiò, l’ammiraglio Ruggero di Lauria e il feudatario angioino di Tortorici Bertrando de Artus. (Amari, cit.II 350 e n.2 – Amari pag. 430 n.1). Nello stesso giorno il Parlamento di Messina deliberava la continuazione della guerra per la difesa della Sicilia.
In questa occasione la squadra angioino-catalana puntò decisa alla foce dello Zappulla sulla cui spiaggia contava di sbarcare uomini e cavalli, oltre a vettovaglie ed armi per rifornire i castelli della Valle del Fitalia di proprio dominio. Nel pomeriggio del 3 luglio del 1299 le 56 galee erano già ormeggiate alla foce dello Zappulla, quando apparve al largo di Capo d’Orlando la flotta siciliana accorsa con ritardo per poter impedire lo sbarco.
Così re Giacomo durante la notte si preparò alla battaglia e fece salire sulle galee gli uomini dei castelli precedentemente occupati, quali: Fitalia, Naso, Capo d’Orlando, Tortorici, Ficarra, S. Piero Patti e Novara di Sicilia. La battaglia iniziò all’alba del giorno seguente, sabato 4 luglio 1299, tra mare e battigia alla foce dello Zappulla. La squadra angioino-catalana comandata da Ruggero di Lauria, che in passato si era battuto per le sorti della Sicilia, forte di 56 galee contro le quaranta di quella siciliana, inflisse gravi perdite alla flotta guidata da Federico III. 
All’inizio la battaglia venne sostenuta, da terra, da arcieri e frombolieri chiamati dai castelli vicini Fitalia, Tortorici, Capo d’Orlando, Ficarra e S. Marco.
Dopo una incerta fase di combattimento, ventuno galee siciliane vennero catturate e ne seguì una sanguinosa sconfitta. Lo stesso re dopo essersi battuto valorosamente cadde ferito e fu portato in salvo dalla sua nave che frettolosamente lasciò le acque dove era avvenuto lo scontro. I resti della flotta siciliana, per la prima volta, in diciassette anni, tornarono a Messina che dava fiducia al Re Federico III.
Re Giacomo non approfittò della vittoria, forse per non infierire contro il fratello, e se ne ritornò in Spagna. Quest’atto venne considerato dal Papa come tradimento, e con rinnovato impegno si rivolse a Carlo de Valois, fratello del re di Francia, sperando di trovare un alleato capace di infliggere un colpo mortale alla Sicilia, ma le cose non andarono come aveva sperato il pontefice.
Infatti Carlo di Valois arrivato in Sicilia l’attraversò bruciando e depredando, ma arrivò a Sciacca distrutto dalla malaria e per paura di un forte attacco da parte di Federico III accettò la pace offertagli. Così la guerra dei Vespri Siciliani terminò vent’anni dopo, con la pace di Caltabellotta, detta anche di Castronovo, il cui trattato venne firmato tra Carlo di Valois, come capitano generale di Carlo d’Angiò e Federico III, nel castello del Pizzo il 31 agosto del 1302. Così si concluse la guerra tra Aragonesi e Angioini con la definitiva separazione dal Regno di Napoli e gli Angioini persero definitivamente l’isola.

RIFLESSIONI
Ricostruito così tutto il percorso storico della famosa battaglia del 4 luglio 1299, occorre porsi degli interrogativi ai quali rispondere per fare maggior chiarezza.
– Perchè Giacomo II puntò sul fiume Zappulla? Perché era il luogo più idoneo e più sicuro per poter ormeggiare le navi che gli avrebbero consentito di sbarcare uomini e cavalli, oltre a vettovaglie ed armi per rifornire, come avvenne, i castelli della valle del Fitalia, di proprio dominio, i cui uomini fece salire sulle galee mentre altri combatterono da terra.
– Perché Federico aveva pensato di impedire lo sbarco al Fratello Giacomo?
Perché sapeva bene che contava di approdare alla foce dello Zappulla, la qual cosa l’avrebbe favorito in quanto le fortezze dei dintorni erano di suo dominio. Se Federico fosse riuscito ad impedire lo sbarco, è chiaro che lo scontro sarebbe avvenuto in mare aperto nelle acque di Capo d’Orlando, ed avrebbe inflitto alla flotta Angioina, una seconda sconfitta dopo quella di Patti, sia perché le galee nemiche non avrebbero potuto sbarcare uomini e cavali, non avrebbero potuto rifornire di vettovaglie i castelli della valle del Fitalia, e soprattutto perchè non avrebbe potuto avvalersi degli uomini di detti castelli sia sulle galee come anche da terra.
– Quale motivo avrebbe potuto indurre Giacomo II ad approdare sulla spiaggia di Capo d’Orlando quando sapeva bene che a due passi, si trovava il noto estuario del fiume Zappulla che costituiva un interessante porto naturale, e la cui foce aveva quell’ampiezza straordinaria da poter schierare oltre 140 galee?
– Dove si svolse la battaglia? Naturalmente alla foce dello Zappulla, tra mare e battigia, dove le galee di Giacomo II erano ormeggiate, e dove questi durante la notte si era preparato alla battaglia.
Il punto più stretto della foce dello Zappulla misurava all’epoca circa m.1.000; di conseguenza, stando alle ricerche effettuate, essendo la classica e più diffusa tipologia di galea da guerra, la galea “sottile” lunga 45 m. e larga 5, è chiaro che sulla spiaggia all’imbocco dello Zappulla si potevano schierare comodamente oltre 100 galee; inoltre l’ampiezza della spiaggia permise anche, come riportato, di sostenere all’inizio la battaglia da terra da arcieri e frombolieri chiamati dai castelli vicini.
Ma perché, c’è ancora da chiedersi, quasi tutti parlano della battaglia di Capo d’Orlando e non del Fiume Zappulla e quindi di S. Marco?
Vi è poi chi parla di una strana battaglia navale e terrestre riportando: “gli Aragonesi giunsero per primi sulla penisoletta su cui sorgeva il borgo di pescatori, oggi la cittadina di Capo d’Orlando. Saldamente attestati dietro le navi tirate a secco, attesero la flotta siciliana che era salpata da Messina, sicura della vittoria. Federico cercò di impedire lo sbarco ma arrivò in ritardo. Ciò nonostante la flotta siciliana doppiò il capo quando ormai il nemico si era attestato saldamente sulla spiaggia.”
Ora c’è da chiedersi, dov’era a Capo d’Orlando questa penisoletta? Cosa significa doppiò il capo? Parlando di mare, doppiare significa oltrepassare, navigando, un determinato punto, capo, promontorio, ostacolo, ecc. Ed è chiaro, quindi, che quando Federicò doppiò, cioè superò il borgo dei pescatori, Giacomo era già riuscito ad approdare allo Zappulla, e non sulla spiaggia come è stato affermato.
Stando, poi, a quanto si vuol far credere, sostenendo che gli Aragonesi si attestarono dietro le navi tirate a secco e attesero la flotta siciliana, com’è che non si parla dello sbarco degli uomini, dei cavalli, delle munizioni, e delle vettovaglie che sarebbero servite per rifornire i castelli della valle del Fitalia?
Alla fine, la logica ed il buon senso dovrebbero indurre, chi scrive in merito, a conoscere bene il territorio dell’epoca per rendersi conto che l’unico posto idoneo per l’approdo di qualsiasi flotta navale, nella zona, era soltanto quello della foce ad estuario del fiume di Zappulla, che i fratelli aragonesi ben conoscevano, e non avrebbe potuto esserci ben altro motivo per preferire la limitrofa spiaggia di Capo d’Orlando, al fiume di Zappulla, molto noto non solo per la sua navigabilità, ma anche per il suo arsenale dove venivano costruite delle navi col legname delle vicine montagne, come riportato dallo storico Edrisi nel 1154.
Alla luce di quanto riportato, concludo la ricostruzione di questa storica battaglia, con quanto dice l’abate Meli nel suo libro Storia antica e moderna della città di S. Marco : “ Il documento è base di ogni ricerca seria e consente la ricostruzione storica, riportando alla luce la memoria degli uomini e dei fatti antichi. Quando manca il documento viene a mancare ogni certezza e alla mancanza del documento subentra la tradizione (A.Meli p. 26 e 27).”

24 Agosto 2009

Autore:

admin


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