Mobilitandoci in tal senso sia a livello di opinione pubblica che all’interno dei rispettivi partiti o movimenti di riferimento; e augurandoci una altrettanto forte “pressione” (legittima una volta tanto) da parte del mondo imprenditoriale e dell’informazione. Ecco quel che pensa Antonio Arena, attento osservatore della politica italiana con esperienza anche in campo della politicha e delle politiche europee.
Lui scrive.
Nonostante le feste (alcune sobrie altre meno) cui si è assistito nel post voto, in termini assoluti, non ha vinto nessun partito o coalizione.
Le dinamiche elettorali evidenziano che M5S e Lega hanno avuto un notevole aumento dei loro consensi; FdI aumenta i propri parlamentari ma resta stabile sui trends degli ultimi anni; perdono FI, Pd, +Europa e centristi vari; ridimensionato LeU; marginali ma da non sottovalutare i voti ottenuti dalle “ali estreme”, Casa Pound/Forza Nuova e Potere al popolo.
Se la “res pubblica” in Italia avesse una diversa e superiore valenza valoriale, a risultati definitivi acquisiti, i leaders dei sedicenti partiti “vincitori” dopo aver ringraziato i propri cittadini-elettori, avrebbero dovuto esternare la difficoltà a creare un governo sostenuto da una maggioranza politicamente stabile.
Infatti ipotizzare maggioranze “governative” durature con tali rappresentanze parlamentari è quantomeno azzardato, e ogni ipotesi di alleanza (5S-Lega, 5S-Pd, Pd-Lega…) non ha alcuna seria possibilità di reggere per non più di pochi mesi o addirittura settimane.
E’ facile prevedere: – dopo l’insediamento delle due Camere l’elezione di due presidenti cosiddetti “di garanzia” ; – incarico per obbligo costituzionale da Mattarella agli “esploratori” Salvini e Di Maio (con relative polemiche sull’ordine cronologico tra i due), con ambedue che rimetteranno il mandato esplorativo per evidente impossibilità di avere una maggioranza parlamentare; – incarico ad un tecnico per un “governo di scopo” o a termine con l’obiettivo di approvare il Def o Dpf (come ci chiede la Commissione UE), e fare votare una nuova legge elettorale che preveda maggioranze certe.
Queste le previsioni “realistiche”, ma poiché queste mal si conciliano con gli “interessi” (più o meno comprensibili) di molti (da augurarsi non la maggioranza) dei neo eletti, ai cittadini cui interessa solo il bene pubblico non resta che mobilitarsi per chiedere di tornare a votare, in tempi brevi, ma con una nuova legge elettorale che preveda la possibilità di governare avendo una maggioranza stabile nei due rami del Parlamento.
Ci si appelli al Presidente della Repubblica, si protesti sui media e sui social, si faccia pressione sui partiti o movimenti di riferimento, ma si pretenda che si rivoti con una nuova legge elettorale che dia governabilità e maggioranze parlamentari.
E poi aggiunge
Con quattro giorni di “ritardo” rispetto alle mie riflessioni [ esternata sui social ndr] il politologo Galli della Loggia giunge alle mie stesse conclusioni.
Unica “dissonanza” è che ritiene non ci siano le condizioni politiche per cambiare subito la legge elettorale e quindi rinvia tale possibilità ad un nuovo “non augurabile” stato di empasse.
Comprendo ma dissento: i rischi per l’Italia nel ritornare a votare con questa legge elettorale sarebbero altissimi.
Secondo me la soluzione sta nell’obbligare questo parlamento e questi partiti a fare subito una legge elettorale con premio di maggioranza.
“Obbligarli” nonostante le loro resistenze.
Mobilitandoci in tal senso sia a livello di opinione pubblica che all’interno dei rispettivi partiti o movimenti di riferimento; e augurandoci una altrettanto forte “pressione” (legittima una volta tanto) da parte del mondo imprenditoriale e dell’informazione.