La mancanza di “senso dello Stato” è l’espressione di una crisi di valori istituzionali, di reale coscienza democratica, di forti e radicate relazioni fra le varie sedi di formazione dell’indirizzo politico e della cooperazione civica, che dovrebbero costituire il fondamento della Repubblica, richiamata all’art. 1 della Costituzione.
Il senso dello Stato dovrebbe imporre a tutti noi, al di là delle posizioni espresse, di considerare l’attuale situazione con attenzione, rigore e spirito di responsabilità e di riuscire a superare interessi, considerazioni e livori personali. Ma così purtroppo non è.
La dequalificazione dei toni che caratterizza lo scontro e lo fa precipitare fino all’insulto personale e al coinvolgimento del “privato”, è il risultato di un impoverimento culturale dei gruppi dirigenti.
In questo quadro è dunque difficile immaginare che un sistema di oligarchie sempre più ristretto possa cogliere il “senso dello Stato”.
Correggendo le tendenze negative che si sono diffuse, si deve evitare di confondere lo Stato con gli interessi personali delle oligarchie e si deve sviluppare, invece, il senso dei valori fondamentali che la Costituzione ha posto alla base della convivenza civile e democratica.
E noi come Movimento per le Autonomie siamo molto preoccupati di questo.
Nella funzione di rappresentanti del popolo, di tutto il popolo italiano, non possiamo fare a meno di avvertire tutto il peso della responsabilità che ci compete per l’unità della nazione, per la tenuta delle istituzioni repubblicane, per il rispetto degli impegni politici assunti.
Ritengo, in particolare, che lo Stato, con tutte le sue istituzioni, abbia la grave responsabilità di non essere riuscito ad esprimere, lungo tutto l’arco della seconda repubblica, alcun progetto minimo di sostegno alle economie delle regioni meridionali, lasciando che gli elementi di crisi già presenti aumentassero.
La logica dell’intervento straordinario non era certo più riproponibile a partire dagli anni novanta. Ma tale difficoltà culturale e progettuale, tuttavia, non poteva e non doveva abbandonare il Mezzogiorno all’anarchia di mercati irresponsabili.
Va denunciata l’incapacità di sostituire quella logica con un qualunque altro progetto culturale e politico minimamente consapevole delle responsabilità dello Stato per garantire sviluppo equo e coerente.
Oggi, davanti ad una crisi globale, di portata mondiale, che attraversa l’Europa, rimettendo spaventosamente in discussione i livelli di cittadinanza e le acquisizioni di equità della moneta unica, il Mezzogiorno si trova ancora più esposto e fragile. Registriamo l’assenza di un qualunque progetto di iniziativa europea capace di superare prospettive esclusivamente monetaristiche e finanziarie e di proporre iniziative di sviluppo e di recupero della produttività.
Di questioni di questa dimensione dovrebbero occuparsi maggioranze ed opposizioni responsabili.
Di questo dovremmo occuparci come intera classe politica al di là dell’esito odierno.
Ma per farlo occorre un cambio di paradigma. Saremo capaci?
Questo Parlamento, espressione del Popolo, deve essere il vere attore della ricostruzione dello Stato, dell’identità nazionale, del senso di appartenenza, dell’etica dei doveri e delle responsabilità che da valore ai diritti.
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