Il caso ha riguardato un dipendente Telecom che, ricorreva al giudice del lavoro avverso il suo trasferimento da Reggio Calabria a Castrovillari; ricorso che veniva rigettato sia dal Tribunale di primo grado che dalla Corte d’appello, basandosi sul fatto che il fratello handicappato del lavoratore e, da quest’ultimo assistito, non era stato considerato dalla competente commissione medica, in situazione di handicap grave, tale da giustificare l’inamovibilità del lavoratore.
La norma di cui si discute, in pratica è l’art 33 co 5 della L. 104/92 (agevolazioni per lavoratori che assistono soggetti portatori di handicap) il quale, a seguito della novella del Collegato lavoro, L. 183/2010, dispone che: “Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.
Gli Ermellini, dopo aver richiamato la ratio della legge 104 e l’orientamento giurisprudenziale in materia di assistenza ai disabili, afferma che “il diritto del lavoratore a non essere trasferito ad altra sede lavorativa senza il suo consenso non può subire limitazioni anche allorquando la disabilità del familiare non si configuri come grave risultando la sua inamovibilità – nei termini in cui si configuri come espressione del diritto all’assistenza del familiare comunque disabile – giustificata dalla cura e dall’assistenza da parte del lavoratore al familiare con lui convivente, sempre che non risultino provate da parte del datore di lavoro – a fronte della natura e del grado di infermità (psico-fisica) del familiare – specifiche esigenza datoriali che, in un equilibrato bilanciamento tra interessi, risultino effettive, urgenti e comunque insuscettibii di essere diversamente soddisfatte”.
E’ dunque fondato il ricorso del lavoratore, “avendo la Corte territoriale ritenuto legittimo il trasferimento per non ricorrere, nella specie, una situazione di accertata gravità delle condizioni del familiare disabile, senza però che in alcun modo fosse stata provata alcuna ragione che, in una situazione di contrapposizione di interessi tutti a copertura costituzionale, potesse valere alla stregua di un corretto bilanciamento di interessi a legittimare il trasferimento disposto dalla società ed a privare il disabile del suo sostegno familiare”.
Domenico Raffaele Addamo
Fonti: www.lavoroediritti.com – www.diritto24.ilsole24ore.com