Quello festeggiato il 24 giugno, è il Battista, detto anche il”Giovanni che piange”, non solo a causa del suo triste destino ma anche perché il sole in questo giorno sembra iniziare un cammino a ritroso che lo porterà a raggiungere il punto più basso sull’orizzonte alla fine di dicembre. Il Giovanni festeggiato il 27 dicembre, invece, al solstizio d’inverno, è l’Evangelista, chiamato anche il “Giovanni che ride”, perché felice per il suo contribuito offerto quale apostolo alla diffusione del verbo divino nel mondo, ma anche perché il sole inizia il cammino in avanti verso la sua massima declinazione positiva rispetto all’equatore celeste. La visione di un Giovanni Battista che deve “abbandonare la scena” trae spunto anche da un passo del Vangelo secondo Giovanni, 3, 25-30, in cui si legge:
«Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un giudeo a proposito della purificazione. Andarono perciò dal Battista e gli dissero:”Rabbi, colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai reso testimonianza [il Cristo], ecco sta battezzando e tutti accorrono a lui”. Giovanni rispose: “Nessuno può prendere qualcosa se non gli è stato dato dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: Non sono io il Cristo, ma io sono stato mandato innanzi a lui […]. Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire”s.»
Dai luoghi selvaggi venite o fate,
e per qualche istante a questa terra badate;
venite danzando dall`irreale collina
per risvegliare il potere e compiere la volontà divina;
nel mio giardino gioite e danzate;
possa la sua terra pullulare di fate!
Erbe, fiori, piante del giardino,
liberate ogni spirito divino!
Brillino ovunque sfere di luce fluttuanti
dalle Terre degli Elfi belle e lucenti….
La rugiada che cade in questa notte ha straordinarie virtù. Le piante raccolte dopo essere state bagnate dalla rugiada possiedono straordinarie virtù curative.
Se volete raccogliere la rugiada, potete stendere un panno tra l’erba, strizzandolo poi il mattino successivo. Oppure scavare una piccola buca, in cui inserirete un bicchiere o un altro contenitore. Sopra di esso poi metterete un telo impermeabile, fissato ai bordi della buca (in alto) e con un foro al centro proprio sopra l’orlo del bicchiere (sul fondo). La rugiada si depositerà sul telo e scenderà nel vostro contenitore.
Ecco comunque un piccolo elenco di erbe che non possono tuttavia mancare nella preparazione di quest’acqua dai magici poteri:
Artemisia
è una pianta apparentemente modesta, che si trova facilmente nei campi, sul ciglio della strada. Ha in realtà un notevole passato, vanta doti e capacità assolutamente eccezionali. È la pianta più celebre, forse, delle note “erbe di S. Giovanni”
Ce ne sono tante di artemisie ma la più conosciuta è il celebre assenzio, l’Artemisia absinthium.
Un suo rametto fa sì che il viandante senta meno il peso della via.
Scaccia i diavoli, neutralizza il malocchio e la iettatura.
La leggenda legata a quest’erba: è la storia di una ragazza che andando a passeggio finisce, per incidente, in una buca piena di serpenti. Sul fondo dell’abitacolo c’è una pietra luminosa. I serpenti, affamati, sono condotti lì dalla regina dei serpenti. Leccare la pietra e saziarsi è tutt’uno. La ragazza ben presto imita i serpenti e con loro sopravvive. Ed ecco, l’inverno è passato, si fa avanti, faticosamente, la primavera. I serpenti si snodano, intrecciano le code in modo da formare una scala: la ragazza può uscire all’aperto, può rientrare nel mondo. Prima che questo avvenga la regina dei serpenti le fa un dono: le dà facoltà di comprendere il linguaggio delle erbe, di conoscere le loro proprietà medicamentose. In cambio, lei non dovrà mai nominare l’artemisia. La giovane donna ben presto si rende conto di comprendere, in effetti, tutto ciò che le erbe si dicono, quello che suggeriscono. Un brutto giorno però un uomo le domanda, senza preavviso, come si chiami la piccola pianta che nasce nei campi, ai bordi dei sentieri. E lei, senza riflettere, risponde: è l’artemisia. E di colpo, ecco che il linguaggio delle piante le diviene estraneo, ecco che non lo comprende più cosa sussurrano i fiori dei campi: ha dimenticato tutto. E’ per questo, conclude la storia, che l’artemisia – Cernobil, in russo – è detta anche “pianta dell’oblio”.
Aglio e cipolle, spighe ed iperico, mentuccia e scilla, per anni, hanno protetto il cammino dei viandanti, in notti magiche quali sono quelle del solstizio estivo: e con loro, l’artemisia.
La si è portata addosso, per la sua virtù di scacciare demoni e spiriti malvagi, influssi negativi.
La si è portata in tasca, perché ha sempre favorito i viaggi.
Erba del paradiso terrestre, erba di S. Giovanni, l’artemisia non protegge solo i viaggi fisici, ma anche, evidentemente, quelli spirituali, quelli che volgono verso mete celesti.
È un’erba di S. Giovanni, erba del sole: ci protegge quindi contro i fuochi negativi, i fuochi nemici: basterà un mazzetto di artemisia dietro l’uscio per proteggere la casa dalla folgore.
Non per nulla, secondo alcune versioni, la notte di S. Giovanni è in grado di secernere un carbone che è efficace contro i fulmini, particolarmente protettivo se preso quella notte.
Ancora una virtù ha l’artemisia: ed è quella di “donare l’incorruttibilità e di vincere la caducità delle cose”. Si temperava, un tempo, l’inchiostro col succo di artemisia, per rendere la carta inattaccabile dalle tarme: la parola divina, il verbo deve durare al di là del tempo, oltre la caducità delle cose umane.
protegge dalle negatività. Si brucia come incenso, si mette nei talismani. Si può fare un infuso di rosmarino per purificare il corpo.
Prezzemolo
purifica e protegge.
Iperico
è detto fiore di San Giovanni perché sfregando i petali tra le dita, si macchiano di rosso: il sangue del santo. Portarlo all’occhiello nella notte della festa protegge dalle streghe.
Lavanda
le nostre nonne la raccoglievano nel momento della fioritura per farne mazzetti fitti, strettamente legati assieme sempre con un filo di lavanda, per metterli tra la biancheria. Oltre a dare un gradevole profumo alla biancheria propizia la purificazione, la felicità, l’amore, la pace, la protezione. Si può utilizzare anche come incenso.
Aglio
conosciuto fin dall’antichità, Plinio lo cita come guaritore di molti mali.
Salvia
ad essa è legata un’antica leggenda: si racconta che mentre la sacra famiglia era in fuga, Maria chiese ad una rosa di proteggere Gesù, ma la rosa non volle per paura che i soldati potessero sciupare i suoi fiori e così la Madonna la condannò ad avere fiori belli, ma poco duraturi e uno stelo spinoso. La vite rispose negativamente e così la Madonna decise che i suoi tralci sarebbero stati tagliati ogni anno e i frutti presi dai vendemmiatori. Il cardo rifiutò a sua volta e ebbe anch’esso le spine. Unica pianticella che disse subito di sì fu la salvia che con il suo profumo riuscì anche ad addormentare il Bambino Gesù. Maria la benedisse e la fece divenire una pianta diffusa in tutti gli orti, utile per guarire e per cucinare.
Questa leggenda ha fatto si che la salvia raccolta in particolare nella notte di San Giovanni fosse una vera panacea da cui dipendeva la salute della famiglia.
Menta
ha molte qualità benefiche, si credeva, nella civiltà contadina che, sparsa sul pavimento di casa prima di una lunga assenza, allontanasse gli insetti. Una sua varietà, la mentuccia, viene usata ancora oggi per preparare un piatto tipico della sera di S.Giovanni: le lumache di San Giovanni.
Verbena
è simbolo di pace e prosperità. I greci ed i latini la chiamavano Hiera botane, l’erba sacra, e le attribuivano dei soprannomi pomposi: “lacrime di Iside”, “sangue di Mercurio”, “erba di Ercole”. A Roma gli steli fioriti della verbena venivano raccolti in un luogo sacro del Campidoglio e con essi si incoronavano i sacerdoti che facevano parte del collegio dei fetiales incaricati di esaminare le cause dei conflitti tra Roma e gli altri popoli. In latino i nomi della pianta verbenaca, verbenae, derivano da un’antichissima radice indoeuropea da cui proviene anche il greco rhabdos, verga, o più precisamente bacchetta magica.
La pianta consacrata anticamente a Venere, Venus Victrix, incoronata di verbena e mirto, veniva utilizzata nella preparazione dei filtri d’amore. In Gallia la verbena, in celtico ferfaen, comunicava l’ispirazione divina ai bardi che per cantare se ne incoronavano. Considerata una panacea per molte malattie, aveva il pregio di proteggere dal contagio durante le epidemie, molto frequenti durante il Medio Evo.
Ruta
detta anche “erba allegra”, perché è un’efficace talismano contro il maligno; già conosciuta da Aristotele come rimedio contro gli spiriti e gli incantesimi.
l’Incantesimo delle Noci
San Giovanni è da sempre collegata al noce e ai suoi frutti, È’ proprio durante questa notte che si devono raccogliere dall’albero le noci dette appunto di San Giovanni per la preparazione del nocino, il liquore ottenuto dalla infusione delle noci ancora verdi e immature, nell’alcol.
L’utilizzo del mallo di noce come ingrediente per medicinali, o liquori risale a tempi antichissimi, notizie precise sull’origine del nocino non sono però precise. Si racconta che la ricetta sia stata portata in Italia dai francesi, infatti il culto del noce come “albero delle streghe” era di origine druidica e fu esportato dai Britanni, pozioni ritenute magiche si preparavano infatti in Bretagna utilizzando noci acerbe…. è anche probabile che le varie formule siano derivate da un Liqueur de brou de noix o ratafià di mallo, in cui al posto dell’alcool si usava l’acquavite.
Preparazione
recati ai piedi di un noce il 24 giugno e raccogli 24 noci acerbe;- le noci dovrebbero essere raccolte da mani femminili;- prepara gli ingredienti: oltre le 24 noci acerbe e piccole occorre 1/2 litro di alcool a 95 gradi, 2/5 di litro di acqua, 600 gr di zucchero, alcuni chiodi di garofano, una stecca di cannella, (facoltativa scorza di limone);- metti le noci tagliate in 4 nell’alcol dentro un vaso di vetro, chiudi e lascia macerare per una notte;- stappa ed aggiungi i chiodi di garofano, la cannella ed eventualmente la scorza di limone, chiudi ermeticamente e lascia macerare per 48 giorni agitando il vaso di vetro almeno una volta al giorno;- fai scaldare l’acqua e facci sciogliere lo zucchero;- attendi che lo sciroppo sia freddo e mescolalo all’alcol già filtrato;- imbottiglia e con pazienza aspetta altri 48 giorni( in ogni caso più si aspetta e meglio è) poi siediti in poltrona e sorseggia un buon bicchierino di questa particolarissima bontà. Dopo il nocino si può fare un secondo nocino usando le noci rimaste e ripetendo l’infusione con vino bianco secco anzichè con l’alcool, stesso procedimento.Inutile dire che questo è meno saporito, ma, un tempo si usava in attesa che fosse pronto quello buono.
La felce che fiorisce nella notte di San Giovanni
È questa un’erba che nessuno ha mai visto in fiore, perché, in un momento della stessa notte, fiorisce, forma il seme e torna ad essere come prima e sarebbe atto empio spiare il momento di quella fioritura. Chi, aperto un fazzoletto sotto la pianta, andasse in un crocicchio, poggiando il mento su di una forca, vedrebbe passare streghe, stregoni, maghi, diavoli, che si befferebbero di lui, ma in compenso, scorsa la notte e raccolto il fazzoletto coi fiori per avventura caduti, avrebbe seco un potentissimo talismano per ottenere da altri qualsiasi cosa, perché quei fiori eserciterebbero una forza irresistibile, da far piegare qualunque volontà.
tratto da http://www.fateefate.it/consigli/cgiugno.htm
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