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Le foto di Antonio Traviglia per Sant’Agata

Una serie di scatti per fermare le emozioni di una delle feste più popolari e popolane di Sicilia, la Festa di Sant’Agata a Catania.

“Mentem Sanctam Spontaneam, Honorem Deo et Patriae Liberationem “

“Mente santa spontanea, onore a Dio e liberazione della patria “
(Iscrizione impressa sulla tavoletta, stretta dalla mano sinistra di sant’Agata, presente nel busto reliquiario)

La Festa di Sant’Agata è la più importante festa religiosa della città di Catania e si celebra in onore della santa Patrona della città.

Si svolge tutti gli anni dal 3 al 5 febbraio e il 17 agosto.

La prima data è quella del martirio della santa catanese, mentre la data di agosto ricorda il ritorno a Catania delle sue spoglie, dopo che queste erano state trafugate e portate a Costantinopoli dal generale bizantino Giorgio Maniace quale bottino di guerra e dove rimasero per 86 anni.

Dal 3 al 6 febbraio arrivano a Catania quasi un milione di persone fra devoti provenienti da tutta Italia, turisti e curiosi.

Vita di Sant’Agata
Il martirio di sant’Agata di Sebastiano del Piombo. L’amputazione delle mammelle.

La giovane Agata visse nel III secolo.

Esponente di una famiglia patrizia catanese, sin da giovane consacrò la sua vita alla religione cristiana. Venne notata dal governatore romano Quinziano che decise di volerla per sé. Al rifiuto di Agata, la perseguitò in quanto cristiana e, perdurando il rifiuto della giovane, la fece martirizzare e mettere a morte il pomeriggio del 5 febbraio 251. Subito dopo la morte cominciò ad essere venerata da gran parte della popolazione anche di religione pagana. Da qui si sviluppò il culto di Agata che si diffuse anche fuori dalla Sicilia e ben presto il Papa la elevò alla gloria degli altari.

Le origini della festa

Le origini della venerazione di sant’Agata si fanno risalire all’anno seguente il martirio, ovvero al 252. Il popolo nutrì subito una grande devozione per la vergine Agata che si era votata al martirio pur di difendere il suo onore e per non abiurare alla sua fede. I catanesi furono orgogliosi di questa giovane che si rivoltò contro il volere del proconsole romano. In questo si dovette innestare l’odio per l’oppressore straniero.

Per quanto attiene la festa vera e propria è molto difficile stabilire quale fu l’anno di inizio delle celebrazioni. Secondo alcune testimonianze ancora prima della nascita di Agata veniva celebrata una festa pagana durante la quale un simulacro di una vergine veniva portato in processione per le vie della città.

Un’altra tradizione viene riportata da Apuleio ne Le metamorfosi, secondo la quale la festa della dea Iside nella città greca di Corinto avrebbe molti punti di contatto con la festa catanese. In particolare il popolo vestito di una tunica bianca che partecipava ai festeggiamenti viene accostato al saccu, la tunica di cotone bianco indossata in processione dai devoti, che tirano i cordoni del fercolo, per trainarlo lungo il percorso.

Sicuramente i primi festeggiamenti a sant’Agata, anche se non programmati, avvennero spontaneamente il 17 agosto 1126 quando le spoglie della santa catanese, trafugate nel 1040, furono riportate in patria da due soldati, Gilberto e Goselino, dalla città di Costantinopoli. Il vescovo di Catania Maurizio che si recò al Castello di Jaci per accoglierle.

Sparsasi la voce, nel corso della notte, i cittadini si riversarono nelle strade della città per ringraziare Dio di aver fatto tornare, dopo 86 anni, le spoglie della amata martire Agata.

I festeggiamenti erano per lo più di natura liturgica e si svolgevano all’interno della Cattedrale. Ciò sarebbe dimostrato in maniera indiretta da quanto avvenne il 4 febbraio 1169, quando un tremendo terremoto rase al suolo la città di Catania seppellendo sotto le macerie il popolo di fedeli che si trovava all’interno della cattedrale, in preghiera, per la celebrazione del martirio di sant’Agata. In quella occasione, secondo alcune cronache dell’epoca, perirono oltre 80 monaci ed alcune migliaia di fedeli sotto le volte del tempio crollato.

Soltanto nel 1376, anno di costruzione della vara (fercolo), in legno, si presume che siano iniziati i festeggiamenti con la processione per le vie della città. Dal 1209 al 1375 avvenivano processioni con il velo della santa. Il fercolo attuale, tutto in argento su di un telaio in legno, fu ricostruito nel 1946 dopo che nel corso di un intenso bombardamento da parte dell’aviazione britannica, avvenuto il 17 aprile del 1943, era stato seriamente danneggiato quello preesistente, inaugurato nel 1519.

Alla festa puramente religiosa si affiancò una festa più popolare, voluta dal Senato della città e anche dalla popolazione. A questo punto, per evitare problemi di ordine pubblico, venne creato un regolamento al quale dovevano attenersi gli organizzatori dei festeggiamenti. Pertanto in abbinamento alla processione della vara per le vie cittadine, si inserirono spettacoli di natura diversa per intrattenere i fedeli che arrivavano da ogni parte della Sicilia.

Fino al 1692 la festa si svolgeva in un giorno solo il 4 febbraio.

Dal 1712 la festa assunse un’importanza maggiore venendo strutturata su due giornate di festeggiamenti, il 4 e 5 febbraio; forse anche per il fatto che dopo il terremoto del 1693, che rase al suolo tutta la città, Catania venne ricostruita attuando una pianta ortogonale che rese la viabilità più facile con strade più larghe e ordinate, ma soprattutto la città si era espansa e il giro dei quartieri cittadini non poteva più essere effettuato in un solo giorno. Verosimilmente la festa dovette subire delle interruzioni negli anni successivi a due eventi drammatici che distrussero la città:
 Nel 1669, in seguito a una eruzione catastrofica dell’Etna che ricoprì di lava gran parte della città rendendo impraticabile oltre il 50% della viabilità cittadina;
Nel 1693, come già detto, per un terremoto di enorme magnitudo che sconvolse il Val di Noto distruggendo completamente la città.

La festa ai giorni nostri

Ai giorni nostri la festa dura dal 3 al 5 di febbraio. Spesso la festa si conclude il 6 mattino dopo la tradizionale “Salita di San Giuliano” che i fedeli, trainando il fercolo, percorrono di corsa.

In tutte le strade principali del centro storico di Catania vengono approntate delle illuminazioni artistiche che danno una particolare luce di festa a tutta la città. Tutti gli anni vengono variati i motivi ornamentali ma l’effetto è sempre molto coinvolgente e suggestivo.

Il culmine di queste luci si ha alla sommità di via di Sangiuliano, dove viene realizzato un enorme pannello, largo quanto tutta la strada, che, come un grande mosaico di luci colorate, raffigura una scena della vita di sant’Agata.

Esso, per le sue dimensioni, è visibile da lontano e rappresenta un grande affresco sullo sfondo del cielo stellato. Il tema di tale fondale cambia tutti gli anni e rappresenta come una storia a puntate della epopea della santuzza, vezzeggiativo con cui è chiamata dai catanesi la vergine e martire Agata.

I cerei o cannalore

Molto antica è la tradizione dei cerei o cannalori

In principio, forse già nel XV secolo erano quasi dei carri allegorici di Carnevale cambiavano foggia ogni anno ed erano più di trenta. Al giorno d’oggi sono undici e rappresentano le corporazioni delle arti e dei mestieri della città. Si tratta di grosse costruzioni in legno riccamente scolpite e dorate in superficie, costruite, generalmente, nello stile del barocco siciliano, e contenenti al centro un grosso cereo. Questi imponenti ceri dal peso che oscilla fra i 400 ed i 900 chili, vengono portati a spalla, a seconda del peso, da un gruppo costituito da 4 a 12 uomini, che le fa avanzare con una andatura caracollante molto caratteristica detta ‘a ‘nnacata.

Le cannalore, oltre a precedere la processione di sant’Agata nei giorni 4 e 5 febbraio, già 10 giorni prima iniziano a girare per la città portandosi presso le botteghe dei soci della corporazione a cui appartengono, scortate da una banda che suona allegre marcette. Gli undici cerei hanno una posizione ben codificata nell’ordine da tenere nel corso della processione alla quale partecipano:

1. Cereo di Monsignor Ventimiglia o di sant’Aita. È il più piccolo e fu donato nel 1766 da Monsignor Salvatore Ventimiglia allora arcivescovo di Catania.
2. Cereo dei rinoti Questa è la prima delle grandi cannalore in processione, essendo la più antica, ed è costruita in stile barocco.
3. Cereo dei giardinera (ortofloricoltori) costruito in stile gotico, è sormontato da una corona ed è per questo motivo che è soprannominato la regina delle cannalore.
4. Cereo dei pisciari (pescivendoli), in stile rococò,detta anche “a bersagliera”, si distingue per una corona floreale, pendente dagli altorilievi del secondo ordine, che conferisce una sensazione di movimento durante le evoluzioni dell’annacata[4].
5. Cereo dei fruttalora (fruttivendoli), detto ‘a signurina (la signorina) per la sua semplice bellezza. Si distingue per essere realizzato su di una base costituita da quattro cigni.
6. Cereo dei chiancheri (macellai), poggia su di una base costituita da quattro leoni ed ha, nella parte alta, una statua di San Sebastiano patrono della corporazione.
7. Cereo dei pastari (produttori di pasta), è l’unico che ha tuttora il candelone centrale in cera, le altre candelore hanno un cereo in plastica, (l’ultima candelora che effettuò il cambio fu quella dei fruttivendoli, il vecchio cereo è visibile nella cappella dell’addolorata nella parte destra della basilica cattedrale di Catania, vicino la cappella di Sant’Agata, risale ai primi anni del settecento ed è costruito in stile barocco.
8. Cereo dei pizzicagnoli; è costruito in stile art nouveau o liberty ed è realizzato su di una base costituita da quattro cariatidi.
9. Cereo dei putiari (bettolieri), è realizzato in stile impero ed è costruito su una base rappresentata da quattro leoni e da quattro aquile. è il secondo più pesandte dopo quello dei panificatori ed è portato da 10 persone.
10. Cereo dei pannitteri (panificatori) è il più grande e pesante di tutti ed è trasportato da ben 12 portatori o vastasi. La prima sua costruzione risale al XVIII secolo ed è costruito su di una base costituita da quattro statue di Atlante.
11. Cereo del Circolo sant’Agata, è il meno anziano degli undici ed è realizzato in stile neoclassico. In esso sono raffigurati, oltre a sant’Agata, l’altro martire catanese sant’Euplio.

La Vara
Il fercolo di sant’Agata o vara (in catanese), prima del 1379 era in legno dorato molto pregiato, è un tempietto di argento che ricopre una struttura in legno, riccamente lavorato, che trasporta il busto-reliquiario della santa catanese e lo scrigno, in argento, entro cui sono custodite tutte le reliquie di sant’Agata. Costruito nel 1518, in puro stile rinascimentale, è finemente cesellato e ornato, sul tetto di copertura, da dodici statue raffiguranti gli apostoli. Ha forma rettangolare ed è coperto da una cupola, anch’essa rettangolare, poggiata su sei colonne in stile corinzio. Fu costruito dall’artista orafo Vincenzo Archifel operante a Catania dal 1486 al 1533. Il fercolo, in gran parte ristrutturato dopo i bombardamenti della guerra, è d’argento massiccio. Si muove su ruote in gomma piena e viene trainato tramite due cordoni, al cui capo sono collegate quattro maniglie, lunghi più di 200 metri, dai cittadini nel caratteristico saccu.

Dall’addobbo floreale della vara si può riconoscere se si è alla processione del giorno 4 o a quella del giorno 5 febbraio. Infatti, i fiori che addobbano il fercolo, sempre garofani, sono di colore rosa nella processione del giorno 4 febbraio e di colore bianco nel giro interno del giorno del martirio che si festeggia il 5 febbraio.

Lo scrigno
Lo scrigno che contiene le reliquie di sant’Agata è una cassa d’argento in stile gotico, realizzata intorno alla fine del XV secolo dall’artista catanese Angelo Novara. Il coperchio anch’esso in argento fu realizzato dallo stesso artista che costrui la vara. Esso è riccamente istoriato con immagini della vita di sant’Agata e contiene le sue reliquie racchiuse in diversi reliquiari. Esse sono costituite dalle due braccia con le mani, dalle due gambe con i piedi, dai due femori e dalla mammella oltre al santo velo. I reliquiari che le contengono sono tutti di diversa fattura in quanto costruiti in epoche differenti.

Il busto reliquiario di sant’Agata

Il busto della santa, completamente in argento, è stato realizzato nel 1376 e contiene anch’esso delle reliquie di sant’Agata. Infatti nella testa, ricoperta da una corona donata dal re inglese Riccardo Cuor di Leone di passaggio a Catania di ritorno da una Crociata, è stato inserito il teschio della santa catanese, mentre nel busto è inserita la cassa toracica. Il busto fu realizzato dall’artista Giovanni di Bartolo, su incarico del vescovo di Catania, Marziale che esaudì un desiderio di Papa Gregorio XI, ed è ricoperto da oltre 300 gioielli ed ex voto. Oltre alla già menzionata corona, si possono citare alcuni dei più importanti gioielli donati alla santa: due grandi angeli in argento dorato che sono posti ai lati del busto di Sant’Agata; una collana del XV secolo incastonata di smeraldi, donata dal popolo di Catania anche se molti attribuiscono questo dono al viceré Ferdinando De Acuna; una grande croce riccamente lavorata del XVI secolo; il collare della Legion d’Onore francese appartenuto al musicista catanese Vincenzo Bellini; croci pettorali appartenute a vescovi di Catania, Dusmet, Francica Nava, Ventimiglia; un anello appartenuto alla regina Margherita che lo donò nel 1881 nel corso di una visita a Catania.

L’abbigliamento dei cittadini

I devoti che trainano il fercolo, vestono un saio di cotone bianco detto saccu, un copricapo di velluto nero detto scuzzetta, un cordone monastico bianco intorno alla vita, dei guanti bianchi e un fazzoletto, anch’esso bianco, che viene agitato al grido Tutti divoti tutti, cittadini viva sant’Aita.

L’origine ed il significato di questo saio bianco è molto dibattuta. Alcuni lo fanno risalire al fatto che nel 1126 al ritorno delle spoglie della santa a Catania, la cui notizia si sparse durante la notte, il popolo si riversò per le strade in camicia da notte. Ma questa versione cozza contro la storia in quanto l’invenzione della camicia da notte risulta essere successiva a quell’epoca. Altri sostengono che si riferisca al culto di Cerere di cui si è detto prima.

Probabilmente nessuna di queste ipotesi è quella vera e occorre dare conto alle testimonianze di alcuni cronisti del tempo. Nel XVI secolo la vara veniva trasportata dagli ignudi. Nel seicento, Pietro Carrera scriveva quanto secondo lui era accaduto la notte del 17 agosto del 1126:
« imperoché all’hora gran parte de’ cittadini (intendo dei maschi) andò ignuda a ricevere il santo corpo […]; al che ciascun si mosse sull’esempio del vescovo Maurizio, che vi andò a piedi scalzi e ciò fu fatto per volontaria afflizione e penitenza presa per puro affetto e devotion della Santa »
(Pietro Carrera)

Ma lo stesso Carrera ci dice che ai suoi tempi i portatori indossavano un camice di stoffa bianca che arrivava fino alle ginocchia ed avevano le gambe nude e i piedi scalzi. Evidentemente questa usanza si è andata evolvendo nei secoli fino ad arrivare all’abbigliamento odierno.

Le cerimonie religiose
3 febbraio – La processione dell’offerta della cera

Il giorno 3 febbraio si ha l’inizio dei festeggiamenti religiosi con la processione dell’offerta della cera a sant’Agata, detta anticamente la processione della luminaria. La processione, alla quale partecipano il clero, le autorità cittadine con in testa il sindaco e la giunta comunale, gli antichi ordini militari e cavallereschi, parte dalla Chiesa di Sant’Agata alla Fornace in Piazza Stesicoro, detta a caccaredda, ovvero la fornace in cui sarebbe stata martirizzata sant’Agata, per raggiungere, attraverso la via Etnea e piazza Duomo, la Cattedrale di sant’Agata.

La processione ha inizio con la sfilata in corteo delle undici cannalore, questa volta non seguite dalla banda. Seguono l’arcivescovo metropolita, i capitoli delle basiliche Cattedrale e Collegiata, il sindaco con la giunta comunale, autorità civili e militari oltre al clero dell’arcidiocesi. Il sindaco si reca alla chiesa di San Biagio su di una carrozza settecentesca del Senato catanese assieme ad alcuni membri della giunta mentre altre autorità prendono posto in una seconda carozza più piccola. Da alcuni anni le due carrozze sono esposte in permanenza nell’atrio del Palazzo degli Elefanti, la sede del municipio di Catania.

4 febbraio – Il giro esterno della città
I festeggiamenti del giorno 4 hanno inizio con la messa dell’aurora. Essa rappresenta la prima funzione religiosa in onore della santa. Con la chiesa invasa dai fedeli con il camice bianco, si assiste prima all’uscita del simulacro e dello scrigno dalla camera blindata in cui vengono conservati. La scena è molto toccante e suggestiva con i cittadini che sventolando il fazzoletto bianco esplodono nell’urlo:
(SCN)
« jè ccu ‘razzia e ccu cori,
pì sant’Ajituzza bedda, ca stà niscennu,
cittatini!
semu tutti divoti, tutti?
cettu, cettu!
abbìva sant’Ajita,
cittatini!
abbìva sant’Ajita.
tutti divoti, tutti?
cettu, cettu! »
(IT)
« con grazia e con cuore,
per sant’Agatuccia bella, che sta uscendo,
cittadini!
siamo tutti devoti, tutti?
certo, certo
cittadini, cittadini,
cittadini!
evviva sant’Agata,
cittatini!
evviva sant’Agata.
tutti devoti, tutti?
cittadini, cittadini! »

Viene poi portato il mezzobusto contenente le reliquie sull’altare maggiore ed ha inizio la messa detta dell’aurora. Durante il tragitto dalla camera del tesoro all’altare maggiore viene intonato l’inno di sant’Agata:
Candelore in processione in via Etnea il giorno 5 nel giro interno alla città.
Il fercolo di sant’Agata in processione il giorno 4.
La villa Vincenzo Bellini durante la festa di Sant’Agata a Catania. 3 febbraio 1993
Fedeli in camice bianco lungo il tragitto della processione il giorno 5.
« Inneggiamo alla martire invitta

Rifulgente di luce divina
Inneggiamo alla grande eroina
Presso l’ara cosparsa di fior
Anelante di palpiti sacri
Si diffonda la gioia nel cielo
Ed all’ombra del mistico velo
Sorga l’inno festoso dei cuor

Tu che splendi in paradiso
Coronata di vittoria
O sant’Agata la gloria
Per noi prega, prega di lassù

Esultante nei duri tormenti
Luminosa nel carcere oscuro
Ella affronta con animo puro
Le minacce di un uomo crudel
Non ascolta le vane lusinghe
Le promesse di un sogno radioso
Vince il fuoco e del cielo armonioso
L’innamora l’eterno splendor

Tu che splendi in paradiso
Coronata di vittoria
O sant’Agata la gloria
Per noi prega, prega di lassù

Per i secoli vola il Suo nome
E risuona pei monti e sul mare
Circonfuso di sole è l’altare
Il suo corpo conserva fedel
Su! leviam cittadini l’evviva
Al valor centenario possente
Di colei che pregava morente
Il signor della vita immortal

Tu che splendi in paradiso
Coronata di vittoria
O sant’Agata la gloria
Per noi prega, prega di lassù »

(A. Corsaro – L. Licciardello)

Alla fine della messa, il fercolo con sant’Agata, preceduto dalle cannalore, inizia il giro esterno della città. La prima parte del percorso si snoda sotto Porta Uzeda con ‘a calata da marina e poi in via Dusmet passando sotto i bastioni delle cinquecentesche mura di Carlo V. Qui fino agli anni settanta avveniva un lancio di fettucce colorate da parte dei seminaristi. I platani sottostanti, spogli di foglie data la stagione, si rivestivano così di nastri colorati creando una fantastica immagine cromatica.

Il fercolo prosegue poi per le altre strade del giro esterno della città fra due straboccanti ali di folla. Nel corso del giro effettua una sosta in piazza Carlo Alberto davanti al Santuario della Madonna del Carmine. Raggiunge poi la piazza Stesicoro dove si trovano i luoghi che ricordano il martirio di sant’Agata.

Qui infatti esistono la Chiesa di Sant’Agata al Carcere e la Chiesa di Sant’Agata alla Fornace in cui la vergine Agata subì il martirio. A questo punto c’è l’avvenimento più caratteristico della giornata. Lungo a cchianata de’ Cappuccini, il fercolo di sant’Agata viene trainato di corsa fino al culmine della stessa, giungendo così dinanzi alla Chiesa di san Domenico, nella omonima piazza.

Raggiunta la Chiesa di Sant’Agata la Vetere, la prima cattedrale di Catania, la processione si ferma qui per alcune ore. Verso sera, dopo una messa nella piccola Chiesa di Sant’Agata la Vetere, riprende il giro esterno della città che attraversa i quartieri dell’ antico corso, dei cappuccini, del ‘u futtinu[18], di san Cristoforo e degli Angeli custodi, per rientrare in cattedrale, alle prime luci dell’alba e negli ultimi anni la mattina del giorno 5. Qui si da luogo a fantasmagorici spettacoli di fuochi pirotecnici.

5 febbraio – Il giro interno

La festa ha inizio con il solenne pontificale, concelebrato dai vescovi di tutta la Sicilia, in presenza del legato pontificio che è solitamente un cardinale. Partecipano il clero catanese al completo, le autorità civili e militari ed il popolo dei fedeli. Nel pomeriggio, verso le diciotto, ha inizio il giro interno della città. Il fercolo percorre la via Etnea fino al Giardino Bellini, per deviare poi in via Caronda che percorre fino ad arrivare in piazza Cavour o, come dicono i catanesi, ‘u bbuggu dove, davanti alla Chiesa di Sant’Agata al Borgo, ha luogo uno spettacolo pirotecnico.

Alla fine la processione scende, lungo la via Etnea, verso la cattedrale fino ai Quattro canti dove gira a destra per effettuare di corsa a cchianata ‘i Sangiulianu  Questo è il momento topico dal punto di vista spettacolare. Il fercolo trainato di corsa dai citatini raggiunge la sommità della salita fra due ali di folla plaudente. Per via dei Crociferi, la più bella strada barocca di Catania, il fercolo si avvia verso la cattedrale. Viene effettuata l’ultima sosta davanti al convento delle suore benedettine che, da dietro le grate del loro monastero, intonano dei canti a sant’Agata. Quindi, quando il sole sta per sorgere (o, più spesso, quando è già sorto da molte ore), sant’Agata fa rientro in cattedrale salutata da un nutrito spettacolo pirotecnico.

La festa del 17 agosto

Questa festa è forse la più antica nel tempo, in quanto si rifà ai festeggiamenti spontanei che si verificarono nella notte del 17 agosto dell’anno 1126 quando le spoglie della santa martire catanese vennero riportate a Catania da Costantinopoli, dai due soldati Gisliberto e Goselmo.

La festa si svolge in maniera ridotta rispetto ai grandiosi festeggiamenti di febbraio, ma attira comunque nel centro storico migliaia di fedeli, turisti e curiosi. Oltre alla messa in onore di Sant’Agata, nel tardo pomeriggio si svolge una breve processione con lo scrigno contenente le reliquie e il mezzobusto reliquiario, nei dintorni della Cattedrale e di piazza Duomo, con straordinari giochi pirotecnici all’arrivo a piazza Borsellino e all’uscita e al rientro delle reliquie.

Altre manifestazioni
A sira ô tri
Fuochi pitotecnici della A sira ô tri , la sera del 3 febbraio

La sera del 3 di febbraio, ( ‘a sira ‘o tri, cioè la sera del 3), si svolge in piazza del Duomo, davanti alla Cattedrale, un concerto di canti dedicati a sant’Agata, eseguiti da corali cittadine. Davanti ad una folla festante questo rappresenta un momento di omaggio alla vergine catanese. Alla fine del concerto ha luogo uno spettacolo piromusicale che per durata e bellezza non ha eguali. A questo proposito quando si vuol citare un evento fuori dal comune, i catanesi dicono: «mancu ‘a sira ô tri»(“Nemmeno la sera del tre febbraio”) ad indicare la grandiosità dell’evento.

In tempi recenti, per ben due volte, la festa di sant’Agata è stata sospesa a seguito di avvenimenti che hanno colpito la sensibilità popolare.

Nel 1991, a seguito dell’invasione dell’Iraq (Prima guerra del golfo), venne deciso di non effettuare la festa e le uniche manifestazioni furono le funzioni religiose in onore di sant’Agata. Davanti alla delusione e alle proteste dei catanesi l’arcivescovo mons. Luigi Bommarito decise di permettere il 4 febbraio una breve processione del busto reliquiario, portato a spalla, nel tratto di via Etnea da Piazza Duomo a Piazza Stesicoro.

Nel 2007, a seguito degli incidenti scoppiati al termine della partita di calcio di serie A Catania-Palermo svoltasi il 2 febbraio, veniva ucciso l’ispettore capo della Polizia di Stato, Filippo Raciti. A seguito di questo fatto, le autorità cittadine e l’arcivescovo di Catania, decisero di effettuare la festa apportando alcune modifiche in segno di lutto. Tutte le manifestazioni extra religiose (illuminazione, candelore, carrozze del Senato, fuochi artificiali e Trofeo sant’Agata podistico) vennero annullate.

I dolci per grandi e piccini
Le cassatelle di sant’Agata dolce tipico catanese

Non potevano mancare, in periodo di festa, i dolci legati alla tradizione della santa catanese. Oltre alla famosa calia e simenza, presente in ogni festa a Catania, vengono realizzati per la ricorrenza alcuni dolciumi che hanno un riferimento a sant’Agata, come i cassateddi di sant’Aita e le olivette. Si tratta di dolci caratteristici della festa di sant’Agata e sono simbolici e attinenti alla vergine catanese. Le cassateddi fanno riferimento alle mammelle, per questo detti anche minnuzzi ri Sant’Àjita , che furono strappate alla santa durante i martirii a cui venne sottoposta per obbligarla ad abiurare la sua fede. Le olivette, invece, si riferiscono ad una leggenda che vuole sia stato un albero di ulivo, sorto improvvisamente, a nascondere la vergine Agata mentre era ricercata dai soldati del console romano Quinziano.

Per saperne di più Bibliografia

Emanuele Ciaceri, Culti e miti, nella storia dell’antica Sicilia Catania 1910 (fuori commercio)

Santi Correnti, L’avventurosa vicenda in Agata nobile e martire, supplemento a Prospettive, Catania 1991 (articolo)

Maria Adele Di Leo, Feste patronali di Sicilia, Roma 1997 (Libro non registrato all’IBSN)

Giovanni Lanzafame, Le candelore, barocco in movimento, Catania 1988 (Libro non registrato all’IBSN)

Adolfo Longhitano, Il culto di sant’Agata in Agata, la santa di Catania, Bergamo 1998 (Libro non registrato all’IBSN)

Salvatore Lo Presti, Il fercolo in Agata nobile e martire, supplemento a Prospettive, Catania 1991 (articolo)

Santo Privitera, Il libro di sant’Agata, Boemi editore, Catania 1999 (Libro non registrato all’IBSN)

Salvatore Romeo, Sant’Agata V.M. e il suo culto, Catania 1922 (edizione antica fuori commercio)

AA.VV., Enciclopedia di Catania a cura di Vittorio Consoli, in tre volumi, Editore Tringali, Catania 1987 (edizione antica fuori commercio)

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