Presentiamo l’Incipit del libro Finis Europa? L’Europa non è la NATO (Milano, 2024) di Antonio Arena.
Europa: un delitto quasi perfetto.
(dalla quarta di copertina)
Questo saggio ha l’ambizione di dimostrare che un’altra Europa sarà possibile solo prendendo coscienza di quelle cause che l’hanno fatta deragliare dai suoi propositi ideali.
Un nuovo inizio sarà possibile se si riconosceranno come non casuali gli eventi rivelatisi dannosi per l’Europa; se si comprende che contro di essa hanno agito e continuano ad agire potenti nemici esterni ed interni; se si prende atto che taluni dei compagni di cammino (o soci per meglio dire) sono entrati nel “Club Europa” principalmente per meri scopi mercatisti, cercando (e talvolta riuscendovi) di cambiarne lo statuto fondante; se si superano le pulsazioni vetero nazionaliste (da tutti contro tutti); se si eviteranno le forzature normative e interpretative dei Trattati a vantaggio di alcuni Stati (Germania su tutti) e penalizzanti per altri (Italia su tutti); se si porrà fine, in politica estera, alle fughe in avanti da parte di singoli Stati membri, che hanno causato altrettanti o maggiori danni alla coesione europea di quanto non abbiano fatto le rigidità sui decimali di deficit da parte della Commissione europea; se si lasceranno ai margini delle Istituzioni europee tutte quelle pulsioni o input pseudo valoriali e relativistici che provengono da lobbies o influencer globali, che dividono più che unire e che pretendono di “indicare la giusta via” ai cittadini europei – dove per giusta via si intende il sottostare ai diktat del politicamente corretto.
Un saggio scritto con l’unico intento di contribuire al dibattito di idee su tali tematiche.
È già in libreria o comunque ordinabile sia nelle stesse librerie o nei “negozi” on line (Ibs, Hoepli, Mondadori, Feltrinelli, Amazon…).
A Messina già copie disponibili presso la libreria Ciofalo/Mondadori (accanto Municipio)
Si vogliono indicare i nemici interni e quelli esterni all’Europa, gli ignavi, le iene e gli sciacalli che ne hanno causato una profonda e quasi letale crisi.
L’Europa – soprattutto quella post ’89 – ha avuto più opportunità per darsi una dimensione politica sganciata dagli Usa o quantomeno paritaria con questi. E, in più fasi storiche, formidabili sono state le sue potenzialità economiche. Ma un’Europa troppo autonoma era un rischio da non correre. Ed ecco che, dissoltasi l’Unione Sovietica, le successive plurime crisi, guerre ed emergenze sono state non solo funzionali agli Usa per riaffermare la loro leadership mondiale ma hanno (quanto incidentalmente?) anche tarpato le ali ad un possibile neo rinascimento europeo. La strategia imperialista degli Usa ovviamente ha dimensioni globali e l’Europa non può non esserne parte organica. Pertanto le guerre degli Usa diventano le guerre dell’Europa; le sanzioni degli Usa ai Paesi “canaglia” diventano le sanzioni dell’Europa ai Paesi “canaglia”. E poiché non bastano le armi e la produzione industriale per mantenere la leadership mondiale, il pensiero liberista (fatto proprio dalla Thatcher e da Reagan) dà il decisivo input alla liberalizzazione e globalizzazione disordinata dei mercati, alle delocalizzazioni, alla finanza predatoria e speculatrice. E pazienza se a pagarne le conseguenze sono in primo luogo le società europee basate su un welfare diffuso (da smantellare e ridimensionare) e con numerosi asset strategici economici di proprietà statale (da privatizzare ovvero svendere).
Tali crisi e spinte esterne hanno rallentato e mortificato la crescita politica unitaria europea grazie anche all’azione interna (quasi un “gioco di sponda”) da parte di alcuni Stati membri e di alti esponenti delle Istituzioni europee, agli egoismi ed interessi nazionalistici e alla debolezza di taluni Governi nazionali (e tra questi quelli italiani). L’ampliamento della UE ai Paesi dell’Est Europa (poco propensi, o addirittura ostili, a strategie autonome rispetto a quelle degli Usa e della Nato) ha rallentato notevolmente il percorso verso una politica estera e di difesa europea e contestualmente ha favorito la posizione di quei Paesi membri che tendevano a privilegiare l’aspetto mercatista dello spazio europeo rispetto a quello politico. In alternativa ad una piena adesione altre strade potevano essere percorse quali le cooperazioni rafforzate o trattati bilaterali di collaborazione. Non è una coincidenza che i più convinti sponsor di tale duplice allargamento (Nato e UE) verso l’Est europeo siano stati gli Usa e la Gran Bretagna.
Oggi, in pieno scontro Usa/Nato-Russia (in prospettiva ampliato alla Cina), purtroppo, i confini dell’Europa coincidono esattamente con i confini della Nato, e la sua autonomia va diluendosi nel grande “contenitore” euro-atlantico (allargato ai Paesi dell’anglosfera nel Pacifico, al Giappone e alla Corea del Sud), dove inevitabilmente hanno un ruolo preponderante gli USA.
L’I-Dea Europa quale spazio geopolitico autonomo, quale blocco indipendente in un mondo ormai multipolare, sembra un obiettivo quasi irraggiungibile.
L’Europa ritorna provincia (ammesso che abbia mai smesso di esserlo), ai margini dell’impero politico e finanziario con capitali Washington, Wall Street e la City.
Quello odierno è il periodo più critico per l’Europa e, di conseguenza, per l’Italia. L’unica speranza per questa di uscire dal ruolo di Nazione sconfitta e con “sovranità limitata” (sua dimensione post 1945) era far parte di una Europa unita politicamente ed autonoma nelle sue scelte strategiche in campo internazionale. Mortificata l’autonomia europea nel nuovo spazio euro-atlantico, svanisce anche l’aspirazione ad una Italia non più condizionata dalle clausole segrete del Trattato di “pace” imposto dagli Usa.
Restano pochi margini di manovra all’interno delle Istituzioni europee per supportare e difendere i residui interessi strategici ed economici italiani (ammesso che ci si presenti ai tavoli europei con Governi autorevoli). Magra consolazione, battaglia quasi di “retroguardia” in un contesto geopolitico globale in cui si prospettano per l’Europa ruoli secondari e marginali. I vari partiti conservatori e “sovranisti”, mancando di visione e prospettiva comune europea ma paradossalmente disposti ad accettare la sovra nazionalità ancora più invasiva della Nato (a guida Usa), contribuiscono ad acuire tale fase di profonda crisi.
Il cammino dei popoli europei, dalla fine del secondo dopoguerra, richiama quello descritto da Senofonte sui diecimila soldati greci, prima inoltratisi nel cuore dell’Impero persiano nel IV secolo a.C., e poi in fuga verso la salvezza e la libertà: un’anabasi, una lunga marcia in continua lotta contro implacabili e feroci nemici. I diecimila partirono mercenari e, purtroppo, alla fine del viaggio furono di nuovo ingaggiati come mercenari. Raffronto ovviamente forzato poiché non paragonabile il coraggio degli opliti greci a quello dimostrato dai governanti europei (salvo rari casi) in questo lungo e interminabile dopo guerra. L’analogia è sullo status.
L’Europa era “mercenaria” nel 1945 e lo ritorna dal 2022.
(Incipit estratto da Antonio Arena, Finis Europa?. L’Europa non è NATO, OAKS editrice, Milano, 2024 – ISBN 9791280190932)
Antonio Arena
giornalista pubblicista, saggista, esperto di politica europea ed estera, dal 1978 al 2014 già funzionario italiano presso il Parlamento europeo.
l’indice del libro
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