Il filo che intreccia tutti i luoghi sono le vite degli isolani e degli isolandi che arrivano sull’isola per prendere parte alla commedia; sono parti per attori che prevedono a volte pochi giorni e pochi atti; a volte sono contratti che legano per una vita intera.
È un filo grezzo a volte come le cime delle barche che arrivano alla spiaggia. Colorato, sempre; di blu, come paesaggi che incorniciano l’isola; di nero, come le cronache di personaggi dubbi che ritornano; di rosso, come i gesti sfrontati e le vergogne dei discorsi di cortile.
Un filo che porta e mescola tutti i colori perché mai una storia dell’isola può ridursi a una sola sfumatura, a una sola linea di racconto. È sempre un intreccio di trame e strutture che si inseguono di finestra in finestra, di voce in voce, di sussurro in sguardo, in cui è il complesso coro dei richiami a quello che accadde un tempo, a quello che è successo ieri, a quello che avverrà domani a tratteggiare il ritratto completo di Filicudi.
Una Spoon River eoliana, con personaggi che recitano di volta in volta un piccolo pezzo la propria antologia di vite vissute. Uno spettacolo coinvolgente, la cui quinta è quello scoglio vulcanico che riproduce il Tutto nel suo piccolo sé.