Eccola.
Non è esperienza infrequente incontrare per strada Vittorio Ballato e trovarsi coinvolti nell’ascolto di una sua ultima composizione poetica.
E Poeti, prima ancora che nel comporre o nel governare la metrica, si è nei gesti delicati, nei modi gentili e perfino nella postura.
Al cospetto di Vittorio Ballato, dunque, è difficile equivocare.
Poesia dialettale, quella di Ballato, che, con le sue mille sfaccettate espressività
onomatopeiche, traduce ogni stato d’animo e ogni stupore, dove uno sguardo indovina connessioni segrete tra le cose e permette ad una luna che rischiara meravigliosamente una notte, perfino di apparire unica e irripetibile, in altro luogo o in altro tempo.
certi casitti… pari foru fatti
ppi parrari ‘ntra iddi… senza vuci
e scutari ‘u gnauliu di jatti.
Vittorio Ballato, alla sua seconda raccolta di poesie, dà nuovamente dimostrazione di possedere una innata propensione allo sguardo estatico e creativo, di padroneggiare la rima, con disinvolta e congeniale facilità, rivelando un’anima profondamente innamorata del bello.
Il poeta dà voce all’indicibile, agita violentemente i recessi dell’anima, con una forza che è centripeta e centrifuga al contempo: una percezione afferrata sapientemente al volo come il fugace sfavillìo di un riflesso sull’acqua.
L’Autore, si stupisce, quando gli si rivela una verità, contemplata nello splendore del creato e trasmette il suo messaggio di comprensione dell’ineffabile, in un moto di trascendenza, antico quanto l’uomo, che, attonito dinnanzi al Mistero, si dibatte tra finitezza e infinitezza.
O’ tramuntu sugnu ddà, davanti o’ mari
a miditari, riflettiri, pinsari o misteru d’’a vita d’ogni jornu:
ma chi cci fazzu ccà?… ma d’unni vegnu?
mittitilu a catina
spugghiatilu
attuppatici a vucca,
è ancora libiru.
Livatici u travagghiu
u passaportu
a tavula unni mancia
u lettu unni dormi,
è ancora riccu.
Un populu,
diventa poviru e servu,
quannu ci arrobbanu a lingua
addutata di patri:
è persu pi sempri.
Diventa poviru e servu,
quannu i paroli non figghianu paroli
e si mancianu tra d’iddi.
I. Buttitta
L’Autore, in una sorta di divertissement, dove è percepibile un affettuoso ossequio, ci permette di espungere facilmente dai versi la vis ironica e amara di Renzino Barbera, con la sua ripiegata malinconia e il verso pungente.
Un percorso poetico, quello di Vittorio Ballato, tracciato su un piano di onesta e sincera esperienza amatoriale, suscettibile di accedere ad un territorio nel quale, la fresca sensibilità lirica si rivolge al mondo, con indulgenza e severità al tempo stesso.
L’ironia può salvarci dall’alienazione da spread e trading.
Sottrarci agli abissi della mercificazione dell’essere umano, riconsegnandoci ad un tentativo di elevazione sull’abbrutimento da minaccia di default.
Consente di guardare Oltre.
Ornella Fanzone ha aggiunto:
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Sono nato a Brolo il 27.06.1941. Per circa 35 anni, fra supplenze varie e titolarità, ho esercitato la professione di insegnante elementare girovagando in lungo ed in largo per diversi comuni della Provincia di Messina […]
Scrivere poesie in dialetto siciliano è stata, da molto tempo, la mia passione. Questa vocazione è scaturita, in parte, dall’ascolto o dalla lettura di componimenti in versi dialettali e in lingua italiana, composti dai miei fratelli maggiori Carmelo e Pippo, molto più validi di me, che non hanno voluto pubblicare, almeno fino ad oggi, i loro bei lavori. […]
Per quanto mi riguarda, sono state le mie figlie Gianna e Gabriella, che a suo tempo mi hanno invogliato a pubblicare gli scritti del mio primo volumetto. Sia nel primo che in questo mio secondo lavoro, ho cercato di mettere in risalto alcuni valori spesso dimenticati: la famiglia, l’ingiustizia, la natura, l’onestà, l’amicizia, la pace, l’amore verso i valori morali e civili, ecc…[…]
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