Pensare allo shopping natalizio ci proietta, rectius: ci catapulta, in una frenetica corsa contro il tempo, fatta di code interminabili ed indisciplinate nel caos (oltre che del traffico, anche dei negozi, dalle più variegate dimensioni, che vanno dal centro commerciale alla bottega artigianale), di ansiogene ricerche dell’idea-regalo perduta, di parsimoniose ma, contemporaneamente, voluttuose valutazioni rapide ed approssimative sulla convenienza e/o opportunità di acquisto, di articolate e concitate elucubrazioni mentali, del pari di quelle di pura alta finanza sulle Offerte di Pubblico Acquisto dei più grossi mercati finanziari mondiali o ancora di “storici ” ad incastro, sui cadeau già donati negli anni agli stessi beneficiari di sempre, con solo qualche lieve variazione sul tema, senza mai tener conto delle aspettative di chi li riceve o solo delle caratteristiche caratteriali di quest’ultimo malcapitato.
E dire che l’idea del regalo natalizio, da ricercare magari nei mercatini all’uopo allestiti che si cominciarono ad affermare, già a partire dal ‘300 e quindi abbastanza risalenti nel tempo, è stata sempre in nuce presente nelle organizzazioni sociali europee; tuttavia, se pure la mente ci rimanda una immagine dell’acquisto natalizio, frenetico, irrefrenabile e spesso irragionevole del mondo consumistico attuale, pur ricorrendo a sistemi di coartazione mentale, non si riesce ugualmente a non evocare l’idea contrapposta, a quell’epoca, invece, di una non spasmodica, ma, al contrario, flemmatica, pacata, silenziosa e quasi introspettiva ricerca del regalo, finalmente adeguato alle caratteristiche anche caratteriali di chi lo riceve.
Infatti il mercatino natalizio richiama una tradizione secolare, con radici immerse nella Germania del Trecento. Nel Medioevo i “Christkindlsmarkt” (mercati di Gesù Bambino), allestiti per tutto il mese di dicembre in molti centri mitteleuropei, rappresentavano l’unica occasione delle famiglie per procurarsi oggetti ed addobbi utili alla decorazione dell’abete e del resto della casa.
Oggi le nostre realtà commerciali sempre più evolute, complesse ed articolate, finalmente sembrano non soddisfare più una frangia di popolazione sempre più ampia che invece pare aspiri a tornare a sognare l’atmosfera magica dei mercatini natalizi, che oggi sono entrati a pieno diritto nel costume ed altresì annoverati fra gli eventi più vivacemente coinvolgenti legati alla Festività.
In Italia le prime città a sperimentare nel proprio contesto territoriale, tale forma commerciale semplicistica, rudimentale e quasi anacronistica, sono state quelle altoatesine di tradizione tedesca, che hanno perfettamente colto l’estrema potenzialità dei mercatini, trasformandoli in una eccellente passerella di prodotti artigianali tipici e natalizi.
L’acquisto natalizio in un mercatino ha invero tutto un altro sapore poiché sprigiona sentimenti contrapposti a quelli già vissuti, di rabbia ed insofferenza per le file, di disappunto per l’avvertito dovere di regalare qualcosa tanto per regalarla e perché preteso dalle convenzioni sociali; mutando la modalità di acquisto ed anche la location dell’acquisto e cioè un suggestivo paesaggio natalizio come sfondo per un mercatino, ci si riappropria del piacere di donare per il gusto di farlo e per premiare i portatori di valori oggi dispersi, quali: genuinità, sincerità, lealtà nell’amicizia e comunque nei rapporti umani; peraltro la gioia di donare all’altro, contrapposta all’ipocrisia del dover donare a tutti i costi, senza indulgere a moderazione e sobrietà, spinge al regalo utile e senza eccessi; vivere così questo periodo dell’anno diventerebbe una vera e propria festa dell’emozione che potrebbe riempire di colore e vita i centri storici, ricreando nelle piazze e spesso ai piedi di chiese storiche lo spirito del Natale, attraverso musiche, cori, spettacoli di marionette per bambini, mostre, cantastorie, artisti di strada, Babbo Natale, che fanno da cornice a prodotti dell’artigianato locale nonché le immancabili specialità gastronomiche.
Il modello mitteleuropeo dei mercatini si arricchisce di un’altra storia, quella delle sagre, delle fiere, delle feste paesane, ma anche delle mostre e delle rassegne solitamente strutturate sull’arte culinaria e su quella dei presepi. La diffusione a livello popolare del presepe si realizza pienamente nell’ Ottocento quando in ogni casa si riproduce la Natività, secondo i canoni tradizionali, con materiali – statuine in gesso o terracotta, carta pesta e altro – forniti da un fiorente artigianato. In questo secolo, si caratterizza l’arte presepiale del Meridione specie per l’uso innovativo della cartapesta, policroma o trattata a fuoco, drappeggiata su uno scheletro di filo di ferro e stoppa. Si pensi uno per tutti al mercatino di S. Gregorio Armeno a Napoli, dove ogni anno gli artigiani si inventano un personaggio nuovo del presepe.
Perché questi aspetti conformi alla tradizione possano sopravvivere è necessario valorizzarne anche il profilo commerciale, in occasione delle celebrazioni del Natale attraverso la tradizione del Presepe, che riproduce l’evoluzione antropologica e storica delle diverse civiltà anche mediante le tipicità enogastronomiche, da sempre elemento di riconoscimento di una certa territorialità.
Carmen Caliò
Tratto da “La Voce di San Cono”