“I beni comuni non si identificano né col ‘privato’ né col ‘pubblico’, sono piuttosto un terzo elemento chiamato a triangolare con gli altri due. Quando trattiamo i beni comuni dobbiamo spostare l’attenzione sull’agire in comune, quello che conta del comune è proprio l’agire, a partire dalla questione del lavoro che è centrale”. Le parole dell’economista Laura Pennacchi riassumono il senso della tre giorni di formazione a Longi (Me), promossa e organizzata dal movimento Un’altra Storia, presieduto da Rita Borsellino.
Quattro i punti di impegno politico per il movimento Un’altra Storia da rilanciare al mondo politico per valorizzare i beni comuni e i concetti di comunità e territorio, ovvero promuovere nuove forme di governance pubblico/privato/comune partendo dai beni comuni, come una grande occasione per esaltare la relazionalità, riscoprire la natura sociale dei processi economici, praticando la politica in senso nobile, la politica come servizio e come dedizione; attivare spazi di partecipazione democratica per ridurre la distanza tra istituzioni e cittadini; produrre innovazione sociale, attraverso lo scambio di competenze e fra generazioni; e ancora costituire presidi per prevenire forme di corruzione nella Pa e garantire trasparenza.
“Se lo Stato, le istituzioni e la democrazia deperiscono, deperisce anche la sfera pubblica; se la democrazia è erosa, è erosa la sfera pubblica e sopravvivono solo individualità frammentate ed irrelate e pertanto sono destinate alla sconfitta”, ha detto nel suo intervento Laura Pennacchi, economista e direttrice della scuola della Buona Politica all’interno della “Fondazione Lelio Basso”, già sottosegretario al Tesoro del primo governo Prodi.
Sono intervenuti anche Walter Canafoglia, responsabile dell’Ufficio Partecipazione del comune di Modena, Franco Manno, psicoterapeuta, presidente dell’ associazione Spazio Reverie, Emanuele Villa e Jesse Marsh. “Un’altra Storia intende farsi interprete di quel popolo del cambiamento che è la nuova soggettività politica, quella che non ama le etichette, le guerre di bottega e i personalismi”, ha detto Alfio Foti, coordinatore regionale.
Al termine della tre giorni i partecipanti della formazione “VIVERE IL CAMBIAMENTO”, hanno voluto esprimere con una nota “piena solidarietà e sostegno al Pm della Dda di Palermo Nino Di Matteo per le gravi e reiterate intimidazioni ricevute e ai magistrati impegnati nel processo che si occupano di rapporti tra mafia e politica”.
“La notizia sulla preparazione di un attentato dinamitardo ad un magistrato che ha dimostrato con i fatti il suo attaccamento allo Stato, alle regole democratiche, alle leggi e alla Costituzione e che giornalmente è in prima linea nella lotta alla mafia, è un fatto di gravità assoluta che continua a destabilizzare la vita democratica del nostro Paese – si legge nella nota -. Invitiamo le Istituzioni, le forze politiche e i cittadini a mobilitarsi per garantire sicurezza al procuratore Di Matteo e dei magistrati antimafia e sostegno all’iter processuale che accompagna le delicate indagini sui rapporti tra mafia e Stato che le procure di Palermo e di Caltanissetta conducono oggi con grande fatica, scarsità di uomini e mezzi, isolamento istituzionale ed accerchiamento politico. Siamo convinti che la verità sia il solo strumento che può garantire serenità e continuità democratica all’Italia e che nessuno, ne i criminali mafiosi, ne le forze ed i soggetti politici eversivi, possano fermare il lavoro dei magistrati che stanno facendo luce sulla gravissima trattativa Stato/mafia che portò alle stragi di mafia del 1992” .
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