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L’OPINIONE – Dopo il discorso di ieri di Conte… Basilio Caruso dice la sua

Serve la ragione e un’adeguata dose di maturità democratica. Senza ciò, ci attenderà solo una prospettiva: il precipizio

quasi un editoriale

Di sinistra, da sempre, per dieci anni sindaco del suo paese, sindacalista che sa guardare la società che cambia, anche da un osservatorio particolare, tastandone cuore e polso. Basilio Caruso è coerente a se stesso, dotato di spirito critico, di un’attenta osservazione e di una correttezza intellettuale che anche gli avversai gli riconoscono, oggi scrive la sua opinione – quasi un’editoriale – sul discorso del Premier di ieri sera.

Lo pubblichiamo con piacere.

La mia opinione, sul Presidente del Consiglio Conte, non è mutata granché rispetto alla fase iniziale.

In quel poco che è variata, non posso non riconoscere che è cresciuto. Però, per diventare, prima leader, e poi statista, ancora di strada dovrà farne non tanta, ma tantissima. E i tempi saranno lunghi, perché dipendono dalla velocità, nel caso di specie rallentata dall’assenza di una adeguata cultura politica di base.

Fino a non molti anni fa si cresceva nei partiti, dove c’era una preselezione delle classi dirigenti, mentre oggi, la formazione fatta sul campo, raramente porta a risultati positivi e comunque no in tempi brevi.

Il populismo ha annullato i partiti, anche grazie all’abolizione del finanziamento pubblico. Di quelle aggregazioni private, che avevano indirettamente funzioni pubbliche e che costituivano una gamba fondamentale del sistema democratico, è rimasto quasi nulla.

Tutto mi sarei aspettato, tranne il fatto che, grazie a fascisti incalliti e neo fascisti, abituati a mentire in maniera spudorata anche di fronte a fatti incontrovertibili (il fatto stesso di non dire la verità, in tempi e luoghi diversi, sarebbe stato motivo per incriminare chi si candida a rappresentare il popolo), potessero costringermi a spezzare una lancia a favore del Presidente.

Pur considerando improvvida e inopportuna, sia per il modo, che per il luogo, ma anche per il tempo (venerdì Santo), ritengo che alla base della reazione di ieri – nel metodo obiettivamente una caduta di stile – ci siano le reiterate provocazioni e falsità, create artatamente da quelli che ho detto prima e che non rinomino per non dar loro tutto questo onore.

Invito i tanti che hanno preso la palla al balzo per dare addosso a Conte, ad osservare, in maniera un po’ più obiettiva l’argomento trattato, ricostruendo le fasi storiche, approfondendole e raccontandole in maniera veritiera e obiettiva.

Senza ipocrisie, senza falsità, senza partigianeria. Anche se nel merito si può essere, come si può non essere, d’accordo.

Partiamo dal 2010 e andiamo avanti. Vediamo chi c’era al governo e quali erano le maggioranze. Poi cambia poco se personalmente un parlamentare quel giorno sia stato assente e non abbia espresso il suo voto personale. Se non era presente e non ha detto nulla, comunque ha condiviso il percorso del partito di appartenenza. Se, invece, si partirà con l’ultima falsità, quella secondo la quale Conte o Gualtieri avrebbero firmato il Mes, si partirebbe con il piede sbagliato.

Questo significherebbe ammettere che il Presidente ha fatto bene a cantargliene e suonargliene in maniera diretta.

Questi cialtroni non aiutano il processo democratico, perché ad ogni situazione antepongono l’interesse politico di parte. Anche quando sanno di mentire spudoratamente. Parlano alla pancia del Paese, a quella gente inviperita per le più svariate ragioni, accecata dall’odio contro tutto e contro tutti, in primo luogo verso le istituzioni.

Sarebbe ora che si cambiasse passo. Alla fine di questo trambusto, a lasciarci le penne non saranno loro, ma il Paese. E l’Italia non è un soggetto astratto, l’Italia siamo noi, tutti noi, coloro che saremo chiamati a pagarne le spese.

Voltiamo pagina. Facciamo lo sforzo per acquisire una adeguata capacità di analisi critica di merito, no agendo e votando con sconsiderate reazioni emotive. Serve la ragione e una adeguata dose di maturità democratica. Senza ciò, ci attenderà solo una prospettiva: il precipizio

Redazione Scomunicando.it

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