Ci trovo anni di pittura e ricerca artistica e filosofica dentro a questa opera, Alessandro Maio. Roberto Santoro
Nei boschi, nelle campagne o ai lati delle strade in terra o, da sempre esposte a cornice di palazzi giardini o vetrine, la pigna emoziona ognuno e, ognuno immagina dare un senso a cosi tanto mistero essa esprima e, di augurio ridente e universale, di ricchezza materiale e spirituale essa ne diventa foriera. Dunque oggetto ricco di simbolismo e di significato.
Pensare comune è il riferimento alla prosperità o alla fertilità, per esempio, poiché la pigna oltre a contenere grande quantità di semi assume la tipica forma ovoidale e non poteva, di conseguenza, non costituire metafora per gli artisti di ogni genere per celebrarne le peculiarità, con la propria arte. Con l’amico e maestro Maio, spesso intratteniamo discussioni inerenti il messaggio che l’arte propina a chi con essa instaura un proprio dialogo, e quando casualmente ci si trova di fronte la visione di una Pigna, particolare veramente, la meraviglia prende anche noi, io d’ammirazione colpito, Alessandro di folgorazione comunicativa futura coinvolto, con la stessa.
Sola, ultima rimasta di una grande produzione artistico artigianale, esposta sul lunghissimo scaffale del magazzino di terrecotte, mostrava ancestrali messaggi di bellezza prima e di simbolismi vari dopo, rivelando al maestro artista Alessandro Maio l’idea di un racconto esistenziale. Rimane, infatti affascinato ammirando la grande pigna, uscita dal forno con un destino segnato da un indirizzo preciso, contiene difetti che sembrano tele adatte a impressionarci sopra messaggi subliminali, difetti che diventano indizi chiari per la sua pittura e la sua creatività.
Sembra questa scultura grezza, non più seriale, sottendere a un miracolo in grado di penetrare i segreti dell’ arte plastica e con ciò assaporare l’abilità e il genio dell’artista che da lì a poco, con la calligrafia delle sue forme e colori si rivelerà come storia oggettiva. Inizia con la scelta dei colori, il concretizzare la sua visione di fertilità che sulle guance mobili della terracotta si palesano chiari e descrittivi. Un grande squarcio nella parte più prospiciente l’esterno, associa all’idea di una nascita quella della crescita costante e libera di ogni forma di vita.
Il distacco dei colori, caldi come il rosso tramonto e freddi come il blu cobalto, a fasce oblique e vorticistiche, ne contorna e amplifica la funzione di condizione-metafora connessa al corpo della donna nella gravidanza e nel parto.
Alessandro si sofferma nell’impressionare di rosso la pancia della Pigna, non a caso esso è il colore dell’amore e del sangue, della passione e della fierezza, il colore di chi insegue libertà e successo, il volo verso le cime più alte. Nel suo dissolversi ecco entrare il rosso nel blu, il blu colore della calma e della serenità. Crea Alessandro un equilibrio perfetto nello sguardo dello spettatore e curiosità nell’animo dello stesso.