Una sentenza che nella sua pronuncia aveva dimostrato che il padre\marito nella sua condotta non aveva commesso alcun reato ma nel contempo riapre il dibattito sulla tutela e la condivisione dei figli di coppie separate sopratutto se minori.
storie per far riflettere
Protagonista, rammentando i fatti, è una giovane coppia.
I fatti sul territorio nebroideo, tra Patti e Sant’Agata, in mezzo un minore, ma anche una bella storia (all’inizio) d’amore.
Poi il deterioramento del rapporto, la separazione – cose che capitano – e anche al denuncia di lei contro di lui, accusato di una condotta reiterata con la quale l’ex moglie veniva a suo dire molestata. Atteggiamento che le cagionava, secondo quando denunciato, un perdurante e grave stato di paura, al punto che la stessa temeva per la propria incolumità. Paure che l’avrebbero indotta a mutare le sue abitudini di vita e trasferirsi in altro luogo.
Così, siamo nel 2018, fine di una storia con la denuncia e le accuse di maltrattamenti.
Una serie di indagini, di confronti, di interrogatori con l’intervento del pubblico ministero Andrea Apollonio, ma anche con l’ascolto di testimonianze, letture di sms, che hanno coinvolto amici, parenti, conoscenti dei due giovani. Poi la sentenza assolutoria ed oggi è possibile leggerne le motivate quanto articolate disposizioni.
Fa notizia, questo è chiaro, di questi tempi l’assoluzione del marito (C.T.). Ma al di là dell’evento processuale resta, cuore del problema, il complesso mondo della gestione dei figli, sopratutto se minori, nelle coppie separate maggiormente se in stato di conflittualità ed il ruolo delle cosiddette autorità competenti.
Tornando alla cronaca.
Il marito, che non c’è mai stato di dover passare per chi metteva in atto atti persecutori, rinviato a giudizio, aveva chiesto il rito abbreviato, e ora ne esce totalmente assolto.
Nessuna condotta penalmente rilevante per il Giudice.
Cadono le accuse, rimane il dato dell’esacerbata conflittualità venutasi a creare tra i due ex coniugi sopratutto a cagione delle difficoltà – si legge negli atti – insorte nella determinazione delle modalità di gestione del figlio minore della coppia, che con la madre intanto si era trasferito in altro paese, distante dal padre, nonchè delle modalità attraverso cui assicurare il diritto di visita del padre.
Infatti il padre nella qualità di genitore continuava a rivendicare il diritto di vedere il figlio “per mantenere quella relazione affettiva” che per la madre era diventata a tratti ossessione.
Per il giudice la condotta dell’accusato non è sembrata tuttavia essere stata consapevolmente orientata a procurare alla donna uno degli eventi che lei denuncia e riconducibili ad atti persecutori ed esclude che quanto messo in atto “pur con modalità personalizzate e ridondanti, rivendicava sempre il diritto di visita al figlio minore, avendo – si legge negli atti processuali – come sfondo, comunque un contesto logorato e conflittuale.
Alla fine nelle motivazioni processuali se da un lato crolla anche l’ipotesi che “la fuga della madre” è potuta essere stata indotta dalla paura, dell’ex convivente, dall’altro viene riconosciuto il diritto della donna di poter vivere la sua vita autonomamente, senza interferenze nè “controlli”.
Quindi se viene meno- giustamente in questo caso – l’etichetta del “mostro”, restano in piedi tutte le problematiche che emergono sotto il profilo umano, sociale, educativo, sopratutto quando c’è un minore, della complessità normativa che rende più difficile vedere i figli tra divieti, liti e burocrazia, già in separazioni normali, ingigantite se sussistono cause di conflittualità.
E uscendo dal caso locale si può evidenziare che spesso i padri prima vengono messi da parte, poi del tutto estromessi dalla quotidianità di un rapporto ricco e gratificante e di fondamentale importanza per la crescita equilibrata dei figli.
A dispetto di una legge che affida congiuntamente i minori ad entrambi i genitori, la “collocazione” prevalente presso uno solo di loro (di solito la madre) spesso fa sì che il rapporto si sbilanci a favore di quest’ultimo. Ma la cosa assolutamente intollerabile è lo svilimento, l’annullamento, la perdita di dignità che il genitore non convivente – anche quando ne abbia la possibilità e che dia le necessaria garanzie – deve subire, come genitore, ma anche come persona.
Le riflessioni ulteriori riguardano il ruolo dei professionisti che ruotano attorno ad una separazione, professionisti che spesso hanno un ruolo cardine nel determinare le sorti degli attori in gioco. E che troppo spesso ci si dimentica che l’obiettivo unico ed imprescindibile deve essere la tutela dei minori, la loro salvaguardia a dispetto delle incomprensioni e dei risentimenti degli adulti.
Ecco come un caso giudiziario, in una provincia di confine, nel sud del sud, al di là di come sia finito, possa servire ad aprire al dibattito. Senza pensare a chi abbia vinto o meno… perchè può esserci un orco di meno, o una donna che pur di tutelarsi sconvolga la realtà, ma in mezzo ci sta sempre un figlio.
Riflessioni postume e non di parte.