Il lavoro di Anna Ricciardi, convince, appassiona, racconta… Un taglio nuovo che promuove cultura e tradizione, quella popolana, fatta di rituali, parole e “letture” che è uno dei tratti dell’identità del popolo isolano. Così l’esperimento teatrale voluto da Anna Ricciardi, che poi diventa lavoro corale, dentro il quale musica, testi, corpi si amalgamano, comunicato, si allungano, evocano, in un prodotto unico, piacevole da seguire, profondo nei contenuti, ricco di suggestioni che ha raccolto consensi e critiche favorevoli di chi l’ha potuto seguire nel contest, a sua volta magico, del Convento di san Francesco nel cuore di una Patti antica. Certamente da riproporre nella notte tindaritana, d’estate, al Teatro. La “Majare” è stata una produzione del Teatro dei Due Mari
Le majare, streghe, maghe fate sono trattate con cura quasi scientifica dal padre degli studi della tradizione popolare siciliana Giuseppe Pitrè (1841/1916) a tal punto da avere testimonianze ricche su preghiere, riti, invocazioni al diavolo, filtri per l’amore e contro il malocchio.
Il testo affonda nella primo quadro proprio sulla ripresa di questo mondo rimasto intatto nella sua forza evocativa, simbolica, onirica.
Una majara, ispirata ad una majara realmente esistita a Patti, che viene condannata dall’inquisizione pur essendosi prestata alle necessità del potere ecclesiale che, per ovvie ragioni di opportunità, aveva bisogno di coprire scandali e intrighi.
Nel secondo quadro il testo fa riemergere l’antica leggenda di Donna Villa, la Maga di Tindari, un’antica Circe famelica che attrae con il suo canto i marinai per rubarne e conservare negli anfratti della sua grotta sotto il promontorio di Tindari i tesori.
Se ciò non accade infilza con le sue dita le pareti della grotta e fa tremare la terra.
Ma turbata nel cuore dall’unico marinaio che la fa innamorare, perde la sua divinità per diventare fimmina d’amuri.
L’innesto di invocazioni religiose alla Madonna per scampare alla maga, fanno emergere il carattere sacro e profano di tradizioni marinaresche del territorio tirrenico pattese.
L’ultimo quadro è dedicato alle donne di Fora, che vagavano solo di notte e facevano tante marachelle tra cui quella di annodare in treccia i capelli dei bimbi.
Trecce che non dovevano essere tagliate per nessun motivo, pena lo scambio del bimbo nella culla!
Questo è un rimando interessante alla favola del bambino cambiato di Pirandello.
Avvolgenti e autentiche le sei attrici che hanno evocato poteri sovrumani:
incantevole e pregnante Margherita Smedile che cura ogni espressione con poesia;
forte e d’impatto come sempre Cinzia Maccagnano che ha curato anche la regia sfruttando la suggestione del convento di San Francesco;
Marta Civello e Stefania Di Stefano esilaranti, commoventi e sognanti;
Gemma Lo Bianco e Giulia Lanzarotta hanno rappresentato la maiaria e la malia amorosa con danze tribali raffinate.
In ultimo il lavoro musicale di Salvo Nigro che ha creato tra madrigali, tarante, suoni siciliani e mediterranei un clima davvero magico, non considerando la musica sottofondo ma parte integrante del tessuto drammaturgico
M.S.M.
(foto di Salvo Amato sono gentilmente concesse da Anna Ricciardi)
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