Oggi, venerdì 17 giugno
Note di ribellione si inseguono in una melodia antimoderna nel nuovo libro di Marcello Veneziani, “La Cappa – Per una critica del presente”. Una ribellione che è poi un riscatto, una progressiva rigenerazione, che riguarda prima di tutto noi stessi per trovare soltanto dopo (forse) un approdo collettivo. Il solo antidoto al tempo del pensiero unico. L’inno alla libertà che penetra ogni ipocrisia.
Lo sguardo di Veneziani è severo e si snoda senza sconti o infingimenti nel grande ginepraio della contemporaneità. Il risultato è un itinerario esistenziale imperniato su una rigorosa opera di demolizione delle distorsioni che infarciscono la narrazione dominante e che si addensano come un nuvolone paludoso fino a toglierci l’aria. Nel mirino, appunto, la cappa. La coltre che ci condanna all’afasia e alla neutralizzazione. La cappa “ci opprime, la sua densità ci impedisce di vedere oltre, di leggere dentro, che poi vuol dire essere intelligenti; di essere vivi a pieno respiro”.
Il suo è un dispositivo algoritmico e tentacolare, la cappa si insinua pure negli interstizi più remoti e sguazza nell’humus che la consacra: l’automatismo fatalista, il ripiegamento narcisistico di massa.
“Sul piano del vivere comune”, chiosa lo scrittore pugliese, “la cappa globalitaria matura nella convergenza di più fattori: l’applicazione della tecnica alla vita personale, a partire dalla comunicazione; il dominio planetario dei mercati finanziari e la corsa ai consumi; le lotte di liberazione sessuale e la contestazione giovanile, il controllo sanitario, i modelli di vita globali in seguito a queste rivoluzioni, la fine del pensiero critico”.
Una sorta di allucinazione condivisa, che allegramente va saltellando dal coro ambientalista nel nome di Greta all’abolizione di qualsiasi confine o tradizione, dalla “guerra civile sessuale” e la colpevolizzazione del maschio al fanatismo persecutorio da cancel culture con i suoi derivati. Libertà come liberazione, sradicamento. La metafisica dell’illimitato funge da tranquillante sociale mentre si rinsalda il Moloch del potere.
Veneziani ne dà una fotografia ben definita, quando parla dell’“Erba voglio” e del bioliberismo in materia di cannabis:
“Anarchia privata e dispotismo pubblico, soggettivismo e totalitarismo, erba voglio e divieto di libera circolazione, anche ai pensieri. La libertà nella sfera dell’Io”, avverte, “fa da contrappeso, lenitivo e sedativo della coazione a ripetere e ad allinearsi al regime dei divieti, come il bastone e la carota”.
Con tagliente lucidità, il pensatore esamina in profondità gli sconvolgimenti innescati da questi due anni di pandemia, “corso planetario d’invecchiamento globale”. Incattiviti e abbruttiti tra protocolli e restrizioni varie, secondo Veneziani abbiamo assistito al passaggio dalla società aperta alla “società coperta”. Conservando la stessa mentalità e le stesse pretese della prima, mentre vanno sedimentandosi in maniera sempre più virulenta meccanismi di profilazione e tracciabilità, di forte inibizione a livello psicologico e ideologico, la società coperta “baratta la libertà con la sicurezza, la civiltà con la sanità, il lavoro con la salute, la comunità con l’immunità”.
Alla fine, quello che resta è un enorme deserto. L’autore non incita a rivolte, a velleitarie sollevazioni, non invoca un difficile ribaltamento degli schemi. Indaga e scruta la realtà ma lo fa quasi con distacco, col piglio di chi, pur nella consapevolezza degli eventi e dei loro esiti, comunque non cede alla soppressione, all’anonimato.
Veneziani indica una visione spirituale dell’esistenza e del mondo, suggerisce di rompere le catene dell’“infinito presente globale” per abbracciare il futuro e il passato, l’eterno e il favoloso, e ci invita quindi a riconsiderare i percorsi della “vita autarchica” che definisce la “nostra resistenza”: l’aristocratico dissenso e l’insofferenza agli assetti vigenti, il rifiuto del “carnevale penoso e permanente in cui ci si trova a vivere”, la volontà ferma di non rinunciare alla propria indipendenza.
Il pensiero critico può aprire il varco, una crepa. Coltivare una riflessione alternativa è allora necessario. Lo scrittore ravvisa nella spada dell’intelligenza e dello spirito l’unica possibilità di perforare la cappa. Estrarre la spada e impugnarla dunque, per non soccombere alla paralisi e per continuare a credere in un risveglio. “La Cappa e la spada, la maiuscola Cappa, la minuscola spada”.
Marcello Veneziani, La Cappa. Per una critica del presente, Marsilio ed., pagg. 204, euro 18,00.
Marcello Veneziani chi è?
Laureato in filosofia all’Università di Bari, inizia la carriera di giornalista nel 1977 collaborando al periodico Voce del Sud di Lecce. Nel 1979, entra nella redazione barese del quotidiano Il Tempo. È giornalista professionista dal 1982, dopo il praticantato a Il Giornale d’Italia, il quotidiano romano diretto dal deputato democristiano Luigi D’Amato. Ritenuto uno tra gli intellettuali di spicco della destra italiana, Veneziani ha significativamente tentato di rivalutare, in diverse pubblicazioni, l’operato del pensatore tradizionalista Julius Evola. In diverse sue pubblicazioni Veneziani ha sviluppato una dura critica alla globalizzazione, incentrata in particolare sul profilo culturale.
Veneziani sostiene la tradizione patriottica e cristiana dell’Europa contro la filosofia del mondialismo e quella che ha più volte definito “retorica dei diritti umani”.
Carriera giornalistica
Nel 1981, all’età di 26 anni, assume la direzione del gruppo editoriale Ciarrapico-Volpe-La Fenice, incarico che mantiene fino al 1987. Scrive a lungo su Il Giornale, collabora con Il Messaggero, La Repubblica, La Stampa, il Secolo d’Italia, L’Espresso, Panorama, Il Mattino, La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Giorno e La Gazzetta del Mezzogiorno. Redattore del Giornale Radio Rai di mezzanotte, prende parte a vari programmi televisivi e da vent’anni collabora come commentatore della Rai. Nel 1981 fonda a Roma Omnibus, mensile edito da Giovanni Volpe, che organizza il dibattito “La tolleranza nella cultura”. La rivista naufraga dopo il primo numero. Dal 1985 al 1987 dirige il bimestrale Intervento. Nel 1988 fonda il mensile di cultura Pagine libere, che dirige fino al 1992. Successivamente fonda e dirige settimanali come L’Italia settimanale (1992-1995), periodo in cui parallelamente dà vita alla Fondazione Italia, e Lo Stato (1997-1999) che poi si fonde con Il Borghese, del quale diventa direttore editoriale insieme a Vittorio Feltri. Il sodalizio con Feltri, iniziato con L’Indipendente, continuato nel 1994 con il passaggio di Feltri al Il Giornale, prosegue nel 2004 con Libero e dall’agosto 2009 di nuovo con Il Giornale fino a febbraio 2015. È stato membro del consiglio di amministrazione della Rai durante la XIV legislatura e membro del consiglio di amministrazione di Cinecittà. Dal 2016 al 2018 è stato editorialista del quotidiano romano Il Tempo. Attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama. Nell’estate 2019 debutta a San Felice Circeo nei Giardini Divini alla Corte con uno spettacolo intitolato “Un mare di miti”, prodotto da Angelo Tumminel.
I saggi
Marcello Veneziani ha pubblicato moltissimi saggi. “La rivoluzione conservatrice in Italia”, “Processo all’Occidente”, “Comunitari o liberal”, “Di Padre in figlio”, “Elogio della Tradizione”, “La cultura della destra” e “La sconfitta delle idee” editi da Laterza. Con Mondadori ha scritto “I vinti”, “Rovesciare il 68”, “Dio, Patria e Famiglia”,” Dopo il declino”. Ha poi scritto “Lettere agli italiani” prima di passare a trattare temi esistenziali pubblicando saggi filosofici e letterari come “Vita natural durante” dedicato a Plotino e “La sposa invisibile”. Con Mondadori ha pubblicato ancora “Il segreto del viandante e Amor fati”, “Vivere non basta”, “Anima e corpo” e “Ritorno a sud”. Ha poi pubblicato con Marsilio “Lettera agli italiani” (2015), “Alla luce del mito” (2016),”Imperdonabili. Cento ritratti di autori sconvenienti” (2017), “Nostalgia degli dei” (2019) e “Dispera bene” (2020). Inoltre “Tramonti” (Giubilei regnani, 2017) e “Dante nostro padre” con Vallecchi, 2020.