MARIA MANERI – E’ stata la maestra di chi ha oggi sett’annni. Ma a Brolo in tanti la ricordano ancora
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MARIA MANERI – E’ stata la maestra di chi ha oggi sett’annni. Ma a Brolo in tanti la ricordano ancora

Maria Maneri è morta l’1 settembre, ad un passo dai suoi 102 anni. I suoi “primi” 101 li aveva festeggiati anche con le amiche-maestre di Brolo. Rappresentava nell’immaginario collettivo la classica Maestra di una scuola elementare che non c’è più. Con le Maestre Lina, Anita, e sopratutto con la Letizia e Adele Defonzo, facevano gruppo anche dopo la scuola. Le foto di un’epoca.

Maria Maneri, era di Naso, e l’ultimo periodo in cui è stata a Brolo abitò in un palazzo di via Libertà, vicino ad altre colleghe, la signora Consiglio – al secondo piano –  Lucrezia Piccolo, al piano di sopra, ad un passo dalla maestra Lione e delle sorelle Castanotto – queste notevolmente più giovani di lei.
Occasione buona per molte  di loro era il tè delle cinque, per rivedesi, continuando le chiacchiere lasciate a metà durante la ricreazione – la mattina – o nella pausa caffè che alla fine “Donna Carmela” – la bidella – aveva sempre sul fuoco.
Riti e rituali che scandivano le giornate e sopratutto i pomeriggi – non era ancora il tempo dei rientri o del tempo pieno e loro – gli insegnanti- si godevano tre mesi di ferie. Riti come quello dell’andare a messa, impettite in pellicce o tailleurs, a seconda della stagione.
Maria Maneri ha insegnato a Brolo sin dal periodo della guerra, era arrivata proprio per ricoprire l’incarico di docente elementare, ed ancora la scuola di via Roma era tutta da costruire, poi è andata via per un pò, ma tornò definitivamente – prendendo cattedra di ruolo, per stare accanto al marito Giuseppe Vitanza, storico segretario comunale del paese, al quale era attaccatissima.
Si è pensionata intorno alla metà degli anni 80.
Per lei che accettò sempre a malincuore il “metodo globale” rimanendo attaccata ad altre forme di didattica, forse fu meglio.
Avrebbe sofferto tanto prima con i decreti delegati e poi con altre globalizzazioni che hanno trasformato, nel tempo, quella che considerava la “sua scuola”.
Aveva – lontano dalla cattedra, un fare allegro e gioviale con tutti, anche se rimaneva una figura austera, elegante, signorile, quasi a ribadire la signorilità della “Città di Naso” dalla quale proveniva.
I bambini temevano il suo sguardo, la voce sibilante del suo rimprovero, ma alla fine si scioglievano nel suo abbraccio consolatorio. 
E i suoi scolari spesso riportavano alla memoria, quando già alle medie si sentivano studenti, le gare di verbi e tabelline che organizzava a scuola ma anche i trucchetti che usava per insegnare loro a scrivere. “La P è una lettera stanca: non gli basta la gobba della N, vuole le due gobbe della M” raccontava alle scolaresche.
E’ andata via in silenzio… come quello che imponeva, senza mai alzar la voce, alle sue alunne per le quali restò sempre “la signora Maestra” che seppe essere per tanti anni un punto di riferimento di quei bambini oggi adulti, anzi molto più che adulti.
Con la morte della Maneri se ne va un pezzo della vecchia storia della Scuola di Brolo, quella dalla facciata caratterizzata dai piccoli mattoncini rossi, che oggi sono “spartiti”, ma anche delle “messe in ginocchio dietro la lavagna”; delle bacchettate sulle mani; dell’ostracismo, sino alla cattiveria, per i figli dei testimoni di Geova in classi bacchettone e bigotte;  delle refezione scolastica, nel grande corridoio, senza un briciolo di norme igieniche che oggi imperversano, ma mai un maldipancia di troppo; dei pacchi dono dell’Eca e del Patronato Scolastico gestito dall’avvocato Giuseppe Gembillo; dei “francobolli”  per la settimana nazionale per la diagnosi precoce della Tubercolosi”; della Dante Alighieri e delle casetta dell’Ina Casa per il risparmio forzato; della tombolata a squadre, a Natale, tra Brolo e le scuole dei paesi vicini, dove a gestir il gioco era Pippo Giuffrè; del giocar a pallone nel cortile, l’unico spazio dove era possibile con don Pietro – il vigile –  che sequestrava la palla praticamente ogni pomeriggio; di un paese che anche a scuola si divideva in ricchi e povero;  dei manifesti che avvertivano del pericolo degli ordigni bellici dimenticarti; della raccolta dei soldi per Gibellina appena terremotata; dei dopo-scuola dalle Maestrine o dalla Suore;  del Maestro Mosca con la sua scuola serale di musica; delle classi piene dei ragazzi del Circo che montava per mesi il tendone in una piazza Roma senza asfalto  e delle vaccinazioni, con zucchero e goccine, che il dottor Santo Giardina, a primavera, soleva fare “di massa” e senza proteste.

                       

Le foto sono in buona parte dall’archivio storico dei Pidonti.
sui maestri di Brolo abbiamo già scritto:
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per leggere altro su storie e fatte di Brolo e brolesi Scomunicando ha creato una rubrica “brolesi”:
 
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GIULIA PINO – INSEGNÒ A BROLO. ANARCHICA, SOCIALISTA, AMAVA LE RECITE E LA CULTURA… LASCIÒ UN PIANOFORTE ALLA “SUA” SCUOLA
 
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19 Settembre 2017

Autore:

redazione


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