Italia Talìa: “l’occhi nun sunu occhi si non ponnu taliari”
L’ultimo album di Mario Incudine, “cuntastorie” d’altri tempi e dei giorni nostri, è un album di sguardi: Italia Talìa è un ampio sguardo sulla Sicilia vista con gli occhi dei siciliani stessi. Con la sua musica e la risorsa preziosa della lingua siciliana, Mario Incudine racconta storie del nostro tempo senza dimenticare ciò che è stato, senza spezzare il filo della memoria che ci lega alle nostre radici e che, del resto, intesse la trama dei suoi album, da “Terra”, ad “Abballalaluna” fino ad “Anime Migranti”.
Mario, nel tuo ruolo di cantastorie moderno, “antico e contemporaneo, giovane e vecchio” come sei stato descritto da Moni Ovadia, cosa narri con “Italia Talìa”?
Italia Talìa è l’insieme di tante narrazioni, tutte accomunate da un’esortazione indirizzata in primo luogo ai giovani del Sud, affinché prendano consapevolezza delle proprie radici e da queste ripartano per sognare, sperare, meravigliarsi e “risvegliarsi”. Si tratta di racconti tra loro diversi ma legati dalla ricerca di un’operosità che permetta di “muoversi”, di spostarsi dalla condizione di apatia con la quale viene descritta la nostra terra. Italia Talìa la potremmo definire un puzzle di storie che sin dal primo brano, invitano a guardarsi intorno. Ma si tratta anche di brani di speranza, come “Forsi Chiovi” o di denuncia vera e propria come in “Malaerba” o nel ritornello di “Duminica Matina”, inno all’antiracket. I brani che compongono l’album contengono sentimenti eterogenei tra i quali non viene tralasciato il ruolo fondamentale, nella formazione umana, giocato dalla memoria. La possibilità di ‘riscattarsi’ da un presente d’immobilità è legata alla presa di coscienza della nostra identità e delle nostre radici. Per questo diventa estremamente importante la riscoperta e l’utilizzo della lingua siciliana: il bello del nostro Paese è che la nostra lingua è composta da dialetti differenti. Si deve cessare di considerarli come un marchio quasi discriminatorio ed isolante, debbono piuttosto diventare elemento di diversità e risorsa preziosa.
Italia talìa è un’esortazione per i giovani del Sud a cambiare. Possiamo parlare, quindi, di un album d’impegno politico?
Senz’altro. Con le sue storie, che sono anche storie di denuncia, Italia Talìa diventa un album dal profondo senso civico ed un invito alla riscoperta dell’impegno politico che, negli ultimi tempi, è diventato altro, piuttosto che sano interesse al miglioramento della società. Guardare all’Italia ed al Sud in particolare vuol dire riscoprire la politica, quella vera, che parte innanzitutto dall’impegno sociale. Ed infatti, i brani affrontano temi caldi ed assolutamente attuali: la mancanza di occupazione, le sofferenze e le speranze di chi emigra, la corruzione della politica, il giogo della criminalità mafiosa. Sono temi in fondo vecchi, di un passato che non se ne è mai andato, ma più che mai presenti: allora bisogna “taliari” davvero alla terra in cui viviamo, per essere ancor più consapevoli degli ostacoli che ne impediscono la crescita bloccandola in un qualcosa che appare immutabile; “taliari” alla Sicilia per sperare nel cambiamento ed in un riscatto che deve appartenere in primis alle nuove generazioni. “Taliari” alle storture, così come alle bellezze della nostra terra per amarla, e quindi impegnarsi nella politica, quella vera.
Dai tuoi primi lavori, “Terra” ed “Abballalaluna”, è cambiata la prospettiva da cui “taliari” alla Sicilia?
Sicuramente anche in questo c’è stata un’evoluzione. Nei primi album, lo sguardo sulla Sicilia era lo sguardo che rivolgevo alla mia Enna da un particolare punto di vista: la prospettiva che mi offrivano le finestre di casa mia. Era ancora uno spazio circoscritto e che raccontava di storie vicine. Mano a mano, col tempo, il mio punto d’osservazione è mutato. Adesso si tratta di una prospettiva indubbiamente più ampia. Guardo dalla Sicilia verso “l’alto”, verso l’intero Paese, e guardo alla Sicilia attraverso gli occhi di chi incontro. Perché gli occhi di ogni siciliano racchiudono storie, contengono sentimenti e raccolgono speranze. Ogni sguardo ha in sé il passato, la memoria di noi migranti che ora guardiamo ai barconi degli immigrati che vediamo all’orizzonte avvicinarsi alle nostre spiagge, di noi siciliani in cerca di lavoro che ora accogliamo le speranze di chi chiede un lavoro alla nostra terra; gli occhi di ognuno, raccontano vite intere. Ogni sguardo si volge alla ricerca di un futuro che sia diverso e migliore. La musica svolge una funzione sociale, perché sono ritmi che fanno ballare, ma che invitano, allo stesso tempo, ad una riflessione che, vista la situazione attuale, è ormai assolutamente necessaria per intraprendere le vie di una svolta effettiva.
Un’ultima domanda. Abbiamo detto che “Italia Talìa” è un disco di sentimenti anche tra loro contrastanti, dall’amarezza del presente, alla speranza per un risveglio collettivo e per il cambiamento. Ma tra tutti, c’è un sentimento che prevale sugli altri?
Sicuramente prevale lo spirito di rivalsa, il desiderio di riscatto. E’ come un filo rosso che lega ogni brano all’altro. In fondo, la memoria serve a questo: a far in modo che determinati eventi, certe situazioni, non si creino più. La voglia di riscatto è una dote innata nei siciliani, propria nel loro modo di sentire, della loro sensibilità che li fa combattere contro il disagio di una terra a lungo martoriata soprattutto dal silenzio. Quel che serve è, dunque, esortare a liberarsi dalla rassegnazione. Lo si deve fare guardando alla nostra terra senza pregiudizi, liberi dai luoghi comuni. Lo si deve fare rompendo il silenzio, nemico del cambiamento. Lo si può fare con la musica, cantando e ballando.