Niente pecore all’ex bandito Matteo Boe: l’idea dei pastori sardi bloccata per le polemiche social. Mèta degli ex brigatisti e terroristi sono stati assunti in istituzioni pubbliche senza manifestare un briciolo di pentimento. Qualcuno è diventato anche deputato o opinionista. A Boe stanno offrendo delle pecore. Iniziativa privata per privato. Dov’è lo scandalo? Si stava mettendo in atto il rito della “sa paradura”.
“Benché lusingato da tale nobile gesto, quale è quello de sa paradura, già precedentemente alla divulgazione della notizia avevo deciso di declinare la generosa offerta, ancora inconsapevole dell’eclatante risonanza mediatica che ne sarebbe seguita, in assoluta contraddizione con lo spirito che caratterizzava e dovrebbe caratterizzare tale iniziativa”.
Lo ha scritto in una nota Matteo Boe, finito nel mirino degli internauti.
Un gesto pensato da Sanna, insieme a Coldiretti e a Prociv Italia, per permettere a Boe di ricominciare una nuova vita lasciandosi alle spalle i venticinque anni trascorsi in carcere, sino a giugno 2017.
Il comunicato di Boe, diffuso tranite la propria avvocatessa Anna Rita Mureddu, è arrivato dopo che ieri sera lo stesso Sanna, sempre sulla propria pagina Facebook, ha spiegato la decisione di ritirare ‘sa paradura’ verso Boe per vie delle polemiche.
Ma appunto Boe ha fatto sapere di aver declinato ancora prima l’offerta.
Sa paradura è un gesto antico del mondo agropastorale sardo, un gesto di solidarietà che i pastori sono soliti fare quando qualche collega è in difficoltà.
Tanto che nel 2017, dopo il terremoto a Cascia, mille pecore vennero trasferite nel Perugino e quest’anno il favore sarà ricambiato con una manifestazione in programma il 29 agosto a Nuoro.
La nota di Boe, al quale Sanna, Coldiretti e Prociv Italia hanno chiesto scusa, si conclude così:
“Il presente comunicato ha l’intento di chiarire e nel contempo porre definitivamente fine alle numerose polemiche scaturite a seguito della notizia pubblicata da diverse testate giornalistiche”.
In difesa di Boe si sono schierati in tanti.
Sulla pagina Facebook di www.sardiniapost.it sono stati tanti gli interventi a favore dell’ex bandito di Lula.
Ne pubblichiamo alcuni. Marina Serra ha scritto: ” Matteo Boe ha pagato il suo debito con la legge, contrariamente ai tanti delinquenti mai nemmeno processati che i fantomatici leoni da tastiera osannano un giorno sì e l’altro pure. Comunque anche riservatezza e discrezione nel dare una mano, quando si può, è un concetto base nella nostra cultura. Ricordiamolo”.
Così Andreina Cappai: “Tutti hanno diritto ad una seconda possibilità. Tutti sbagliano. Un gesto di solidarietà che aiuta una persona a cambiare vita. Non si cambia vita senza l’aiuto degli altri”.
Marco Loi: “Ero convinto, noi sardi sapevamo perdonare, noi chi siamo X giudicare , ma non pensiamo che anche Matteo ha subito un torto, dentro di lui quante sofferenze che non si cicatrizzarono mai, anche lui deve rifarsi una vita e cercare di dimenticare il passato. In bocca al lupo, Matteo”.
Marisa Rosaria Pruner: “Dategli la possibilità di ricominciare, ha pagato il suo sbaglio. Adesso decidono i leoni da tastiera? Siamo tutti fuori di testa?”.
Ma a proposto di lettere emblematica quella che Matteo Boe scrisse dopo che lesse la pagina di Wikipedia che lo riguardava
“Non mi considero un criminale italiano. La mia nazionalità è sarda perché la Sardegna è la mia nazione”.
“È abbastanza normale che le informazioni di seconda, terza o più mani perdano per strada brandelli di verità al punto di costituirne delle nuove, assolutamente diverse da quelle che dovrebbero rappresentare. Dal paleolitico al postmoderno. Tanto è racchiuso, in termini tecnologici, nei venticinque anni della mia seconda esistenza, sintetizzato nello schema: prigione-latitanza-prigione. Nel 1984 non esistevano i computer tanto meno internet.
Nel 2009 II cyberspazio è divenuto luogo planetario di interconnessione di massa. Luogo di chiacchiere e cultura, verità e finzione, informazione e pettegolezzi, affari e politica oltreché di un personale impietosamente e arbitrariamente esposto alla morbosa curiosità di estranei. Precluso ai carcerati, solo adesso, indirettamente, sono venuto a conoscenza di questo sito che racchiude sommariamente pure eventi della mia vita. Non sono alcune imprecisioni o fatti non veri che mi hanno spinto a intervenire. In fin dei conti marginali.
Non è neppure l’aggettivo sostantivizzante criminale che mi ha irritato, in fin dei conti marginale pure esso nella irriducibile e totale contrapposizione tra me e lo stato, al quale non riconosco alcuna autorità politica ed etica, trovando dunque più appropriato il termine fuorilegge. È piuttosto l’aggettivo seguente, italiano, che non voglio in nessun modo venga associato alla mia persona. La mia nazionalità è sarda perché la Sardegna è la mia nazione. L’Italia è solo uno dei tanti stati che, nel corso dei secoli, hanno occupato, con la forza militare, e il sostegno di traditori e ignavi, il suolo della mia patria. Dal 1409 aneliamo alla nostra indipendenza, alla nostra libertà, alla nostra dignità, al nostro benessere.
Dal 1409 soffriamo sotto il tallone di eserciti. e padroni stranieri che occupano il nostro suolo, intorpidiscono le nostre menti, avvelenano le nostre coscienze, travisano e omettono la nostra storia, ridicolizzano la nostra cultura, ci ammazzano in guerre altrui, alzano forche e sbattono in galera, tagliano la nostra lingua, cementificano le zone costiere, impongono leggi di classe e un’economia a beneficio del capitale. Cinque secoli sono passati da quando il sangue degli eroici combattenti sardi guidati dalla quercia sradicata del giudice d’Arborea, irrorò la piana di Sedhori.
Cinque secoli son passati da quando gli aragonesi ci imposero il loro vessillo e con esso il loro dominio. Di padrone in regnante, di occupante in colonialista, di prepotenza in manipolazione è lastricata la strada della nostra schiavitù. Ci hanno detto che, oltre essere fenici, romani, pisani, genovesi, bizantini, eravamo anche aragonesi, piemontesi, italiani. Ci hanno stuprato i boschi, diviso e rubato le terre, sfruttato le miniere, imposto nuove leggi, altre lingue, sangue da versare in guerre non nostre, politici ladri, corrotti e collaborazionisti, una economia capitalistica, montagne di rifiuti di un’economia consumistica, droga e prostituzione, modelli estranei alla nostra cultura, degradante assistenzialismo, servitù militari, sbirri, scuole di manipolazione identitaria, dis-valori come logo di modernità.
Coercizione fisica, omissione e travisamento della storia, volontà di costruire ex novo dei nuovi soggetti e con essi un nuovo popolo funzionale al potere coloniale italiano. Un popolo che interiorizza fin nel più profondo messaggi chiari e subliminali volti a schiavizzarne l’anima. Mai attacco più complesso e incisivo è stato portato nella storia contro la mia nazione. Il progetto delle potenti consorterie internazionali, volto alla costruzione di un unico mercato globale da cui attingere profitti sempre maggiori, con minori costi, è chiaramente quello di cancellare dalla faccia della terra peculiarità etniche e culturali, che rappresentano una immensa ricchezza e la storia stessa dell’uomo, per fare spazio a un meticciato senza anima né radici, guidato nei suoi bisogni e desideri dai sacerdoti della manipolazione. I popoli più deboli soccombono per primi. La Sardegna a causa della sua condizione di colonia, con tutto quello che comporta, rischia una veloce scomparsa come nazione. Lo stato italiano stringe la sua morsa letale attorno alla nostra anima. Mai come adesso, sull’orlo del baratro del non ritorno, i patrioti sardi son chiamati, con le armi della politica e la politica delle armi, alla mobilitazione contro l’idra romana e quella mondiale. La mia storia è la storia della refrattarietà al potere costituito, con momenti di ortodossa aderenza politica e altri di puro ribellismo.
Costante è stato il senso di appartenenza alla mia nazione. Maturità che purtroppo ha coinciso col mio status di prigioniero. Impossibilitato, temporaneamente, a portare il mio attivo contributo alla lotta di liberazione nazionale, vigilo per tenere integra la mia identità. Dio e lo Stato di Bakunin l’ho tradotto durante la mia detenzione in regime di 41 bis, ed è stato stampato da un compagno anarchico sardo. Così ho fatto con altri libri, per non scordare la mia lingua e riaffermare con forza la mia appartenenza etnica.
Ca est sa terra de sos nurakes sa natzione mea non s’Italia colonialista. “
(Matheu Boe)