– di Corrado Speziale –
Messina ha accolto nel migliore dei modi il regista Matteo Garrone, intervenuto in città per presentare “Io Capitano”, gran film che sta conquistando pubblico e critica, premiato alla Mostra del Cinema di Venezia e adesso candidato all’Oscar come film internazionale in rappresentanza dell’Italia.
La presenza del regista ha fatto registrare in contemporanea due sale sold out al Multisala Apollo, di cui una occupata interamente dagli studenti del Liceo Maurolico. Nelle ore precedenti Garrone era stato ospite al Multisala Iris di Ganzirri.
Il regista all’Apollo: “I protagonisti del film sono gli unici veri portatori dell’epica contemporanea”. Il suo intervento è stato accompagnato dagli applausi della platea.
Seydou e Moussa, due ragazzi senegalesi insieme in un unico sogno: raggiungere l’Europa, costi quel che costi, in bilico lungo un sottile filo di speranza, tra consapevolezza e rischi, angosce e amore per la vita. In un incrocio di situazioni e stati d’animo coinvolgenti, i due protagonisti, insieme ad altre significative e importanti figure che completano il set, diretti da uno straordinario Matteo Garrone, hanno regalato un film destinato a segnare le coscienze in questo drammatico contesto storico sul tema dell’immigrazione. Un lavoro che porta in sé un raro messaggio d’umanità, veicolato magnificamente sia dal punto di vista tecnico che artistico. Non a caso il film, all’ultima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, si è aggiudicato il Leone d’Argento alla regia. Rassegna che ha visto Seydou Sarr trionfare al premio Mastroianni come miglior attore . Io Capitano, “perla” del cinema d’attualità, fondato su storie reali raccolte anni addietro dal regista in un centro d’accoglienza per migranti di Catania, si appresta a sbarcare negli USA in quanto “pellicola” candidata all’Oscar come film internazionale in quota Italia.
Il film è stato presentato ieri sera a Messina dal regista Matteo Garrone, accolto in due sale del Multisala Apollo gremite di appassionati. Una delle due è stata interamente occupata dagli studenti del Liceo Maurolico. Una bella notizia, in ragione del fatto che il film è destinato anche alla visione delle scuole, avendo, il regista, raccolto prenotazioni in tutta Italia fino a marzo 2024. Nelle ore pomeridiane, Garrone aveva presentato il film al Multisala Iris di Ganzirri.
Matteo Garrone: “L’idea del film nasce dal desiderio di cercare di dare forma visiva a tutta quella parte di viaggio che di solito non si vede. Siamo abituati a vedere le immagini degli sbarchi in televisione con la rituale conta dei vivi e dei morti. Ci si abitua a pensare che si tratta di numeri. Ma dietro questi numeri ci sono persone – riflette il regista. Abbiamo cercato di fare il controcampo a questa immagine. Cioè, mettere la macchina da presa dal loro punto di vista. Dare voce a chi di solito non ne ha, raccontare il viaggio da una prospettiva diversa, dall’Africa verso l’Europa. Così, attraverso gli occhi del protagonista, c’è la possibilità di rivivere l’esperienza del loro viaggio, che chiamano avventura”. L’approfondimento sul termine: “È un’avventura epica. Loro sono gli unici veri portatori dell’epica contemporanea. Considero questo film un grande romanzo d’avventura, una specie di fiaba omerica. Abbiamo cercato di restituire al pubblico l’esperienza di chi affronta un viaggio, partendo per inseguire un sogno”.
Un’importante prerogativa del film: Garrone conduce il pubblico ad elevare il pensiero lontano dallo stereotipo, secondo il caso limite di guerre e miseria assoluta, e descrive onestamente una sacrosanta realtà: “Nel film i protagonisti non partono da guerre – spiega il regista – né di disperazione assoluta. Sono poveri, ma si tratta di una povertà molto dignitosa. Partono da un quartiere popolare del Senegal che ricorda molto l’Italia del dopoguerra, il nostro Paese prima del boom economico. Una povertà dove esiste il senso della famiglia e dei rapporti umani, dove tanti giovani inseguono il sogno legato all’immaginario dell’Europa e dell’Occidente. Anche noi abbiamo sognato di viaggiare, di vedere l’America, il mondo…. Loro fanno allo stesso modo…Tuttavia, non tutti vogliono partire, ma sentono l’ingiustizia di non potersi muovere liberamente. Non bisogna pensare che si voglia viaggiare solo perché si scappa da guerre. Molti partono perché inseguono il desiderio di conoscere il mondo e di avere le opportunità migliori anche lavorative, per poter aiutare la famiglia”. Una condizione determinante: “Come tutti i giovani hanno accesso ai social. Lì la globalizzazione è forte quanto qui. Hanno una finestra costante sul nostro mondo”. Cosa vedono di noi: “Le immagini che noi proiettiamo sono di grande benessere, di ricchezza. Chiaramente loro da quella prospettiva non vedono il dietro le quinte, la povertà che c’è, le difficoltà che qui incontrano. Quindi partono all’avventura, mettendo in gioco la loro vita”. La lotta nella lotta: “Fondamentalmente combattono contro un sistema ingiusto che a loro impedisce di potersi muovere liberamente, come facciamo noi e i nostri figli. Questo è un aspetto importante del film”. Nello specifico: “Il film è un viaggio, che non parte col desiderio di raccontare una tesi o una morale, fa vivere delle emozioni attraverso i protagonisti. È ancorato a delle storie vere. Nasce dal racconto di chi ha veramente vissuto quelle esperienze. Io sono stato un tramite, sono entrato in una cultura che non è la mia. Ho fatto questo film insieme a loro. Ho cercato di dare loro voce nel film durante il viaggio. Dietro i protagonisti, nel deserto, tutte le figurazioni sono persone che realmente hanno vissuto quell’odissea e che mi hanno aiutato a ricostruire questo viaggio in maniera autentica, cercando di ritrovare una verità. Per me lavorare con loro è stato un grande privilegio. Mi hanno sempre dimostrato una grandissima generosità. Erano orgogliosi di poter avere finalmente voce e raccontare al mondo quello che avevano vissuto, perché spesso non vengono creduti. La realtà che abbiamo raccontato è dura, ma quella vera è persino peggiore”. L’adattamento al film: “Ho cercato a volte di evocare la violenza senza mostrarla, cercando di raccontarla attraverso gli occhi dei protagonisti, perché certi loro racconti sono veramente irrappresentabili. Non ho mai dato loro la sceneggiatura, affrontavano le scene in maniera cronologica”. La nostra domanda al regista: film etico ed epico, ma anche politico, è corretto? “Accetto qualsiasi interpretazione – risponde Garrone. C’è anche una componente politica. Tutti questi appellativi possono convivere, non penso sia un problema. Lascerò a voi trarre le conseguenze.Il nostro compito è stato quello di riuscire a ricreare un mondo, tutto ancorato a racconti veri. Non è un documentario. Il cinema serve a portare e a vivere delle emozioni, a immedesimarsi nei personaggi e a far dimenticare che c’è dietro un artificio”. La violenza sullo sfondo, non completamente rappresentata: “Tra la documentazione che abbiamo raccolto per realizzare il film abbiamo trovato immagini terrificanti. Per noi è stato un momento estremamente doloroso. Sono immagini vere di torture o di morti nel deserto. Nel momento in cui si rappresentano delle immagini terrificanti a volte si rischia di scioccare il pubblico, quasi a rendere quelle immagini non verosimili. Dunque, ho cercato di evocare questa violenza, falla sentire come tensione, ma soprattutto raccontarla attraverso gli occhi dei protagonisti”. Un rimpianto: “Negli ultimi 15 anni, nell’affrontare questo viaggio, sono morte circa 25 mila persone. La maggior parte delle donne molto spesso viene violentata. C’era una scena che avevamo scritto, in cui senza mostrarla evocavamo la violenza. Alla fine, ho scelto di non girarla e di questo mi pento un po’, perché avrei potuto scegliere al montaggio se inserirla o meno”. Il dolore e il conforto in chiave cinematografica: “Il film offre anche dei momenti di luce, legati alla grande umanità dei personaggi che riescono comunque a rimanere umani nonostante tutto ciò che succede. Questo è il messaggio che aiuta noi a riflettere da quest’altra parte del mare”.
Una voce su tutte dal pubblico: “Lei è stato molto coraggioso. Questo film mi fa ricordare chi sono, da dove vengo e cosa sto cercando…” Sono parole ad alta densità emotiva quelle con cui Korka, studente al dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Messina, proveniente dalla Guinea, ha rappresentato tutta la sua gratitudine al regista.