Politica

MEMENTO – Peppe Dimitri tra commemorazioni e riflessioni

Il corsivo di Gabriele Adinolfi nel 14° anniversario della morte del “Comandante” pubblicato su Noreporter

Quattordici anni fa ci lasciava Peppe Dimitri.

Ci lasciava orfani, privi di un grande e saldo riferimento. Intorno, da allora, un affollato deserto.

Un’area mai così numerosa, ma perché mai aveva avuto in precedenza una vita così facile e tranquilla.

Un’area mai così povera di idee e protesa altrove a cercare parole d’ordine, slogan, concetti e perfino portaparola e sedicenti economisti e filosofi.

Un’area mai così mediocre e poco combattiva (ma velenosa e acida nei social come non mai).

Un’area mai così tribalmente frazionata in una reciproca ostilità incrociata.
Un’area mai così ammalata di individualismo, di protagonismo, di narcisismo e di democrazia.

Il suo congedo fu un segno epocale: veniva meno una diga, un perno, una base. E tutto crollava, ma intimamente, senza che i più se ne rendessero conto. Poiché nulla è eterno, neppure lo squallore, intravediamo segni plurigenerazionali di rigenerazione e di recupero del centro. Non sarà un processo automatico e men che meno facile.

Ce la faremo in suo nome!

Onore al Comandante!

L’incipit del libro “La Fiamma e la Celtica” di Nicola Rao è dedicato ai funerali di Giuseppe Dimitri.

Una lectio magistralis di narrazione della fascisteria.

 

Un giovane sfreccia con la sua auto per le strade dell’Eur. È insieme alla sua ragazza e stanno andando fuori Roma.
La giornata è limpida in questi ultimi giorni di marzo.
Sono sereni. Federico, questo il suo nome, ha poco più di 30 anni e nella vita fa politica a tempo pieno. È un dirigente di Alleanza Nazionale, uno che nel suo quartiere ha un peso. È consigliere di Municipio, ma punta più in alto. Mancano due mesi alle elezioni comunali e sta meditando di candidarsi al Campidoglio. Ma il destino ha deciso diversamente.
Sono passate da poco le 13 quando Federico sente un dolore al petto, una fitta molto forte.
Ha paura. In zona c’è un ospedale, il Sant’Eugenio. Il sangue gli sale alla testa, i riflessi si annebbiano. Si agita, decide improvvisamente di invertire la marcia e raggiungere il Pronto Soccorso. Siamo all’incrocio tra via Laurentina e piazzale Douhet. In quel preciso momento passa veloce uno scooterone, un 125: Federico non lo vede, sente solo l’impatto con la moto. Devastante. L’auto, impazzita, passa sopra il conducente dello scooter, infliggendogli danni tremendi. Morirà meno di un’ora dopo.
Il caso ha voluto che la vittima dell’incidente fosse una persona che Federico conosceva bene.
Era un suo compagno di partito. Presidente di circolo di An e dirigente di primo piano della destra sociale. Ma quell’uomo era molto altro e molto di più.
Il giovane Federico ancora non lo sa, ma si è appena scontrato con la storia e ha travolto una leggenda. Questa leggenda aveva un nome e un cognome: si chiamava Peppe Dimitri.

Qui potete leggere l’intero capitolo.

Il ricordo di Mimmo Magnetta, il leader dell’apparato clandestino di Avanguardia in Italia

da leggere ancora

 

Redazione Scomunicando.it

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