MEMORIA – Jan Palach 50anni dopo
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MEMORIA – Jan Palach 50anni dopo

In merito al drammatico episodio, Mario Capanna onestamente ha dichiarato: “Allora fummo molto disattenti al suo sacrificio…non capimmo il gesto di Palach. La sua figura venne subito usata dai fascisti, e la nostra disattenzione ce la portammo dietro“ (La Repubblica, 10 gennaio 2009). Il commento a quei fatti di Francesco Rovella che rievoca il clima di protesta a Catania.


Non fu nè uso nè strumentalizzazione, ma  fu proprio la destra giovanile in tutta Italia, i quegli anni, e poi in quelli a venire, e che già aveva espresso con cortei e manifestazioni la solidarietà al popolo cecoslovacco, dopo l’invasione dai carri armati russi, a sentire sulla pelle quel messaggio d’aiuto disperato.

Scrisse dieci anni fa su “la Sicilia” Checco Rovella, esattamente il 16 gennaio 2009: “In tutta la nazione, ma specialmente nel Sud, a Roma, Napoli, Bari, Palermo si organizzarono cortei, proteste e anche assalti alle sedi del Partito Comunista Italiano.
La Cecoslovacchia, per i giovani della destra, divenne quello che era il Vietnam per le sinistre.

Palach diventò un eroe immolatosi per la libertà e l’anticomunismo. Il suo nome fu scandito nei cortei e immancabilmente citato nelle canzoni di molti militanti che tali diventarono proprio in quei giorni e a causa di quegli eventi”.

E Rovella, rievocando il clima di quegli anni nella città etnea evidenziò “A Catania la destra decise per una manifestazione studentesca con uno sciopero generale nelle scuole. Il concentramento si svolse a piazza Università . Si tenne un comizio e poi un grandissimo corteo, forse il più grande mai organizzato dalle destre, percorse tutta la via Etnea. Scontri tra studenti di opposte fazioni avvennero sotto la sede del Pci, la “Julian Grimau”, proprio di fronte all’ingresso della villa Bellini e poi ancora sotto la sede provinciale del Partito, al largo dei Vespri”.

[… E concludeva il suo articolo: “Quello che nessuno ha scritto in questi giorni è che il martirio di Palach non fu isolato e altri studenti cechi continuarono, a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, a darsi fuoco nelle piazze alla maniera dei bonzi. Ne morirono due. Un altro, ventenne, tentò di immolarsi a Budapest.
Si salvò per miracolo uno studente di Cosenza che volle imitarli.

Non era un attivista, ma anche lui voleva protestare e sacrificarsi in nome della libertà”.

il post integrale di Francesco Rovella oggi.

Sono contento che a cinquanta anni dal sacrificio di Jan Palach si siano moltiplicate le celebrazioni.
Voglio postare il mio articolo, pubblicato sulla Sicilia 10 anni fa che racconta anche le ripercussioni di quella tragedia in Italia e anche a Catania.

Jan Palach quaranta anni dopo.

La notizia del ritrovamento casuale, avvenuto negli archivi degli studi nazionali del cinema cecoslovacco, di un filmato clandestino girato a Praga durante la veglia, l’agonia e i funerali di Jan Palach ha riportato alle cronache il drammatico episodio del 16 gennaio 1969.
Lo studente di filosofia Jan Palach, 21 anni di età, in quella data si diede fuoco in piazza San Venceslao per protestare contro l’invasione sovietica.
Il gesto disperato del giovane ceco che aveva lasciato accanto a se una lettera “Poiché i nostri popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo”, fece molto scalpore sulla stampa internazionale. Un guppo di studenti aveva deciso di attuare quella terribile protesta; un sorteggio tremendo aveva deciso la sorte di Palach.
Il filmato di appena otto minuti, dal titolo “Jan 69”, naturalmente in bianco e nero, verrà proiettato in Italia per la prima volta, il 16 gennaio a Roma a Palazzo delle Esposizioni durante la mostra “Praga. Da una primavera all’altra 1968-1969” curata da Annalisa Cosentino. In mostra, tra i tanti documenti e immagini censurate dal regime, anche un reportage fotografico di Dagmar Hochova, mai visto in Italia.
In merito al drammatico episodio, Mario Capanna onestamente ha dichiarato: “Allora fummo molto disattenti al suo sacrificio…non capimmo il gesto di Palach. La sua figura venne subito usata dai fascisti, e la nostra disattenzione ce la portammo dietro“ (La Repubblica, 10 gennaio 2009).
In verità fu proprio la destra giovanile in tutta Italia, che già aveva espresso con cortei e manifestazioni la solidarietà al popolo cecoslovacco, dopo l’invasione dai carri armati russi, a sentire sulla pelle quel messaggio d’aiuto disperato.
In tutta la nazione, ma specialmente nel Sud, a Roma, Napoli, Bari, Palermo si organizzarono cortei, proteste e anche assalti alle sedi del Partito Comunista Italiano.
La Cecoslovacchia, per i giovani della destra, divenne quello che era il Vietnam per le sinistre. Palach diventò un eroe immolatosi per la libertà e l’anticomunismo. Il suo nome fu scandito nei cortei e immancabilmente citato nelle canzoni di molti militanti che tali diventarono proprio in quei giorni e a causa di quegli eventi.
A Catania la destra decise per una manifestazione studentesca con uno sciopero generale nelle scuole. Il concentramento si svolse a piazza Università . Si tenne un comizio e poi un grandissimo corteo, forse il più grande mai organizzato dalle destre, percorse tutta la via Etnea. Scontri tra studenti di opposte fazioni avvennero sotto la sede del Pci, la “Julian Grimau”, proprio di fronte all’ingresso della villa Bellini e poi ancora sotto la sede provinciale del Partito, al largo dei Vespri.
L’invasione russa in Cecoslovacchia frenò molto la nuova passione italiana per i regimi comunisti, ma il Pci non riuscì a condannare la madre Russia neanche in quella occasione, anzi il delegato russo fu applaudito al successivo congresso del partito.
Quello che nessuno ha scritto in questi giorni è che il martirio di Palach non fu isolato e altri studenti cechi continuarono, a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, a darsi fuoco nelle piazze alla maniera dei bonzi. Ne morirono due. Un altro, ventenne, tentò di immolarsi a Budapest.
Si salvò per miracolo uno studente di Cosenza che volle imitarli. Non era un attivista, ma anche lui voleva protestare e sacrificarsi in nome della libertà.

Francesco Rovella
Pubblicato su “La Sicilia” del 16 gennaio 2009

16 Gennaio 2019

Autore:

redazione


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