Messina si è unita a Milano e Napoli nello sciopero generale nazionale indetto dalla CUB – Confederazione Unitaria di Base, nel segno della Pace, contro guerre e spese militari, chiedendo diritti per i cittadini. Temi che in questo momento stanno caratterizzando il panorama nazionale e internazionale. A Messina, ieri pomeriggio, si sono riuniti in un sit-in davanti alla Prefettura, promosso dalla CUB Sicilia, i rappresentanti di partiti, associazioni e movimenti cittadini uniti intorno ad un’unica piattaforma, dove al tema “No War” sono stati accostati lavoro, salario, reddito garantito, sanità, pensioni, uguaglianza per i migranti, democrazia nei luoghi di lavoro. Il commento del presidente del Consiglio Renzi: “Oggi ho visto che piccole sigle sindacali hanno scioperato in Italia, sul trasporto pubblico, contro la guerra. Ma guerra di chi? L’Italia non fa guerra in Libia…”
Rappresentanti di movimenti e gruppi politici cittadini si sono riuniti in sit-in ieri pomeriggio davanti alla Prefettura di Messina per manifestare insieme su temi di grande attualità, accostando argomenti che generalmente occupano “agende” separate, come l’opposizione alla guerra e la difesa dei diritti dei cittadini e dei lavoratori. Temi di natura etica e al tempo stesso di drammatica attualità che di fatto potrebbero costituire le cosiddette “due facce della stessa medaglia”. La manifestazione è rientrata nello sciopero generale indetto dalla CUB – Confederazione Unitaria di Base che ha unito Nord, Centro e Sud Italia, specificatamente Milano, Napoli e Messina. Nelle prime due città le rispettive manifestazioni hanno avuto luogo alle 9,30 del mattino, mentre in riva allo Stretto la CUB Sicilia ha organizzato il sit- in per le 16,30 di pomeriggio. Alla manifestazione hanno partecipato rappresentanti di forze della sinistra, tra cui PRC e PC, associazioni e movimenti cittadini, come La Casa Rossa, Cambiamo Messina dal Basso, Unione Inquilini e altri, intorno ad una piattaforma che, intorno al dramma delle guerre, assume come esempio il testo della vignetta di Vauro riportata sul volantino: “Non è mai troppo presto”…dire “No War”, quantunque le guerre, pur imperversando non distante da noi, sembrino non esistere. Eppure la storia di ogni giorno ci racconta quanto la Sicilia e l’Italia, mai come adesso, siano state così coinvolte in operazioni militari.
Un “No” deciso, dunque, a guerre e spese militari, per l’autodeterminazione dei popoli e i diritti vitali, come il lavoro e i servizi. Ma anche l’ambiente, la tutela del territorio, la sanità, l’immigrazione e la democrazia all’interno del mondo sindacale, sono stati temi al centro della manifestazione.
Questo il titolo del documento che ha accompagnato il sit-in, che nel testo parte dalla storia non lontana dai nostri giorni: “Sono passati 25 anni dai primi bombardamenti USA in Iraq; le guerre in Iraq, in Siria, in Libia etc. non sono risposta al terrorismo, ma suo alimento”, scrive la CUB. Che poi trasferisce il concetto sul terreno sociale: “A queste guerre si accompagna la guerra di classe interna scatenata da banchieri, padroni e attuata dal governo Renzi con una politica economica e sociale che impoverisce i lavoratori, giovani e pensionati, smantella lo stato sociale e distrugge i diritti. La CUB – prosegue la nota – chiama alla lotta per i diritti vitali, la libertà nei luoghi di lavoro e nella società e per contrastare guerre e spese militari e sostenere l’autodeterminazione dei popoli a partire dal sostegno alla Repubblica del Rojava (Kurdistan, siriano – occidentale, ndr)”.
Questa la richiesta nel campo dei diritti vitali: “Lavoro stabile e tutelato; riduzione settimanale dell’orario di lavoro di 4 ore; bonifica dei siti inquinati; messa in sicurezza del territorio”. Salario: “Rinnovo dei contratti con un aumento mensile di 500 euro”. Reddito garantito: “1.000 euro al mese per disoccupati e pensionati; gratuità per cure, luce, gas, trasporto locale”. Sanità: “Diritto universale alla salute e alla cura senza ticket”. Pensioni: “Età pensionabile a 65 anni, a 60 anni per lavori usuranti e calcolo retributivo; aumento delle pensioni; contributi aziendali dei fondi privati alla previdenza pubblica”. Immigrazione: “Uguaglianza per i migranti”. Democrazia nei luoghi di lavoro: “Boicottare l’accordo truffa sulla rappresentanza, che assegna il potere di firmare accordi al 50 per cento più uno degli iscritti o delle rsu/rsa e sanziona ogni azione di contrasto. In alternativa i lavoratori devono poter eleggere democraticamente i propri rappresentanti aziendali, decidere sulle piattaforme e sugli accordi, etc”.
Ma se c’è un sindacato di base che sciopera contro la guerra e per i diritti, c’è anche un presidente del Consiglio che disconosce il problema e in conferenza stampa a Bruxelles, a margine del vertice UE, mostra aria di sufficienza nei confronti dei promotori dell’iniziativa. Matteo Renzi ritiene che l’accaduto, lasci “senza parole”. Questo il suo commento: “Oggi ho visto che piccole sigle sindacali hanno scioperato in Italia, sul trasporto pubblico, contro la guerra. Ma guerra di chi? In Libia? L’Italia non fa guerra in Libia…” Tutto tranquillo, dunque. E l’argomento gli fa richiamare un altro tema che, guarda caso, è anch’esso al centro dello sciopero: “Ciò, pone ancora una volta il grande problema della rappresentanza sindacale che auspico sindacati e Confindustria possano risolvere. O lo fanno loro o lo facciamo noi”.
Per chi nutrisse dei dubbi, ecco “legittimato”, dunque, l’altro tema della manifestazione.
Corrado Speziale
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