Alì fa parte di quella “razza” di discriminati ai quali è più facile fare del male, quelli che più facilmente mettiamo da parte e releghiamo ai margini della vita sociale.
Nel contesto di questa crisi, in questi anni in cui gli annunci e la propaganda neo-razzista e xenofoba è ritornata ad ingombrare il dibattito pubblico, derubricare l’aggressione ad Alì a vile violenza significa non riconoscere la trama dei segni dentro la quale sono gettate le nostre azioni quotidiane.
L’autore dell’atto, forse senza rendersene nemmeno conto, incarna un modo di vivere, un modo di pensare ed un modo di agire che nella nostra società lungi dall’essere raro e sporadico è ben presente e diffuso.
L’idea che picchiare un nero, un rom, un barbone, un gay, sia in fondo plausibile, c’è chi lo pensa davvero.
MESSINA – Corteo e fiaccolata di solidarietà per Alì
La sola pietà umana è, in questo caso, insufficiente per portare sollievo ad un corpo martoriato. Il sentirsi solidali è un atteggiamento necessario ma impossibilitato a dare una risposta utile a quanto accaduto. Solo l’atto politico e l’aiuto concreto, insieme ad una rinnovata capacità di decifrare i codici culturali della discriminazione sociale possono ribaltare quella gerarchia di segni, quei dispositivi relazionali che rendono possibili questi atti.
Scendiamo in piazza anche perché pensiamo che la convivenza non sia un problema di ordine pubblico, ma sentirsi partecipi di un divenire comune. Difendere Alì oggi vuol dire porre le condizioni per difendere i deboli e gli emarginati domani. Per evitare che la barbara violenza si riversi nuovamente su qualche povero disgraziato.
“RETE ANTIRAZZISTA”