C’è un senso quasi pietoso, nel marasma qualunquista di questa atroce vicenda, ove l’incedere lento della Democrazia, poggia le sue basi in un nonsense tutto pragmatico, prestabilito.
Il tempo, sembra aver relegato la cittadina dello Stretto, e i suoi abitanti, in una morsa sempre più bizzarra, egocentrica, basata sul non rispetto delle regole, mentre le singole condizioni di civiltà, man mano sono andate a farsi benedire.
Spogliato da ogni appartenenza, il messinese rincorre l’eco convulsivo, che meccanico si ripete a vanvera sui vari Social, seguendo la tendenza prevaricatrice, che ci rende tutti protagonisti, tutti figli dei Like, mentre altrove, la vera natura delle cose, poggia le basi su un inadempienza caustica, sordida, irrigidita agli scarti sociali per ogni preambolo che riguarda – per l’appunto, Messina.
Nessuna rivalsa o senso di orgoglio, sotto qualunque tipo di natura: civile, morale, urbana.
L’abbandono voluto, o prettamente deciso, si rispecchia sugli aspetti ordinari, su regole ormai del tutto segnate da un disfunzionamento asmatico, che assembla oggettive, nonché scarse qualità di operazioni risolutrici. I rifiuti, ormai, sono acqua passata, per l’appunto, ma mai metafora fu più demonizzante, in un momento assai congetturale, per i messinesi.
Solo oggi, i Media nazionali hanno dedicato il dovuto spazio, all’emergenza idrica della città, già in corso da domenica, e in tutto ciò, come non ricordare il terremoto del 28 dicembre 1908, quando isolati dal resto del mondo, attendevamo invano i soccorsi dal Governo italiano .. e cosa è cambiato da quel tragico cataclisma fino ai giorni nostri? Si continua ad elemosinare un intervento nazionale che sembra tardivo, preso in poca considerazione, ma grazie al cielo, questo pomeriggio Barbara D’Urso si è occupata del problema Messina, quindi, possiamo dormire sonni tranquilli.
La tendenza tutta volta a un interesse di hashtag e di Post furiosi, (e cuoriosi), del variegato Palazzo comunale, talvolta anche clownesca, lascia intendere una certa nervatura a tratti nazionalpopolare, anche da quelle determinate forze e volti di tolleranza politica. L’abbanniare collettivo che si registra, tende a condurre acqua al proprio mulino, o alla casta di riferimento, soggiogando il nocciolo della questione, evitando la vera sofferenza inflitta al popolo messinese, agli ammalati, ai bambini, a tutti coloro che necessitano di cure essenziali, allettati, individui non autosufficienti, persone soggette alla volontà atipica del chiacchiericcio virtuale, mentre, si disertano le piazze, le rivolte.
Nessuna voce di popolo sembra più interessata a volersi indignare profondamente per quanto stiamo vivendo, a nostra insaputa consapevolmente.
E glielo lasciamo fare, inermi, inerti alla volontà totalitaria di facce furbescamente fuori controllo.
Oggi l’indignazione consumistica tende a flettersi gutturalmente in un tiepido cinguettìo, crogiolando per l’ennesima volta uno stereotipo infame e voltagabbana.
Oggi abbiamo perso il diritto di rivalsa, l’equità di rinnovamento, l’equilibrio inteso come vento riformatore, per i veri problemi della città.
Ma ancora una volta, tanto per cambiare, si continua a tirare per le lunghe ogni sorta di bizzarra eticità, trasformando un gratificante progressismo, nell’ennesima balla irrazionale, sedata ancora una volta da spinte repressive di coscienze logore di giustificazione, per ogni causa oggettiva e non, che Messina affronta a testa bassa: a spese dei cittadini.
Salvatore Piconse
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