“Non saremo discarica delle vostre guerre – No NATO, No MUOS” riportava scritto lo striscione principale esposto dai manifestanti davanti ai cancelli dell’Arsenale. Frase che descrive, in sintesi, il senso del sit-in, finalizzato alla massiccia protesta contro la trasformazione della struttura della Marina Militare, posta nella “zancle” di Messina, in centro d’eccellenza per lo smaltimento delle navi da guerra NATO di stazza entro duemila tonnellate.
Non occorre, a tal proposito, approfondire più di tanto l’argomento, per avvertire una profonda indignazione verso un’operazione che vedrebbe ridotta in “discarica” di rifiuti tossici, quali sono quelli bellici, la zona più antica e di inestimabile pregio della città dello Stretto.
La notizia, che era giunta in città lo scorso luglio, com’era prevedibile, ha diviso i messinesi, poiché, ancora una volta, il tema del lavoro viene contrapposto al diritto alla salute e all’ambiente.
Non a caso i manifestanti, accanto ai cancelli della struttura militare, sono stati accolti da una delegazione di R.S.U. e Rappresentanze Sindacali Aziendali dei lavoratori dell’Arsenale, che hanno consegnato loro un volantino con un comunicato nel quale, “pur condividendo le preoccupazioni espresse dai comitati No Ponte e No Muos” si sottolinea l’importanza degli “eventuali sviluppi occupazionali che ne potranno derivare a beneficio di una città e di un territorio che vanta un alto tasso di disoccupazione”.
Da qui si è deciso unanimemente, da entrambe le parti, di aprire un tavolo di dibattito per un costruttivo confronto.
Sullo sfondo, poi, il MUOS (Mobile User Objective System), imponente sistema satellitare della Marina U.S.A., non a caso ribattezzato “MUOStro”, composto da tre enormi antenne paraboliche, che sta per sorgere a Niscemi, contro la cui installazione si stanno mobilitando movimenti di mezza Italia, che sabato prossimo si riverseranno nel comune nisseno per dar vita ad una grande manifestazione.
L’annunciata trasformazione dell’Arsenale di Messina e il MUOS di Niscemi, due facce della stessa medaglia, quindi, con cui i cittadini di entrambe le località non tarderanno a pagare un drammatico conto in termini di danni alla salute personale e all’ambiente in cui vivono.
A Messina, inoltre, non mancano continuamente occasioni per allargare i temi di ogni protesta verso altri che man mano si presentano dinnanzi alla cittadinanza.
Ne è la prova ciò che si è appreso dalla Gazzetta del Sud, la mattina stessa, circa la dismissione degli ex Magazzini generali di via Vittorio Emanuele, angolo via Campo delle Vettovaglie, operata dal Comune. Valore 4 milioni e 890 mila euro, ditta aggiudicataria dell’asta, ed unica partecipante, la “4V”, dell’imprenditore Vincenzo Vinciullo, prezzo 489 mila euro (appena il 10%, quindi) con esigua “permuta per il 29,87%” (intervento di Lillo Oceano, segretario CGIL, Gazzetta del Sud di oggi, 4 ottobre, n.d.r.) nei previsti 7 piani fuori terra da progetto che “gode di tutte le autorizzazioni”. Progetto approvato, si deduce, quindi, ancor prima che l’immobile venisse assegnato ai nuovi proprietari.
Vincenzo Vinciullo è un imprenditore discusso che nel passato è stato oggetto di indagine della Commissione Parlamentare antimafia e citato nella Relazione finale di minoranza della stessa, che lo indicava dentro Cosa nostra, vicino al boss Michelangelo Alfano, oggi defunto.
Ai movimenti cittadini in protesta, ovviamente, tutto questo non va giù e nel corso della manifestazione – che per l’occasione si è spinta fino a piazza Municipio dopo una breve pausa proprio davanti ai Magazzini dismessi – hanno annunciato che sull’operazione chiederanno conto al Commissario Croce e, se è il caso, faranno ricorso al Prefetto Alecci.
Ma torniamo al tema conduttore della protesta.
Luigi Sturniolo, tra i leader storici del movimento No Ponte, candidato all’ARS nel collegio di Messina come indipendente nella lista composta da Federazione della Sinistra, S.E.L..e Verdi, collegata a Giovanna Marano e Claudio Fava, ha naturalmente partecipato al sit-in e parlato della trasformazione dell’Arsenale.“Attualmente – dice Sturniolo – il progetto è stato messo in stand-by ma lo vediamo come un fatto assolutamente negativo che trasformerebbe la nostra città in un luogo pericoloso. Smantellare navi da guerra significa inquinamento da amianto e molto probabilmente anche da sostanze nucleari”.
Sulla questione dei Magazzini generali, oltre alle specifiche circostanze oggettive e soggettive, spiega più in generale il suo punto di vista sull’argomento: “Noi riteniamo che gli edifici pubblici siano di proprietà comune e come tali debbano essere gestiti attraverso meccanismi di condivisione e partecipazione collettiva, popolare, di gestione delle intelligenze e delle competenze territoriali. Utilizzare beni pubblici – ha proseguito – unicamente per fare cassa e consentire nuove speculazioni edilizie, per noi è una scelta sbagliata che contesteremo fino in fondo”.
Antonio Mazzeo, noto blogger e scrittore eco-pacifista, esperto osservatore ed analista di cose militari, autore del libro – denuncia “Un EcoMUOStro a Niscemi – L’arma perfetta per i conflitti del XXI secolo (Ed. Sicilia Punto L., 2012), dà subito una risposta sulla questione lavoro: “Qualsiasi progetto di rilancio, di conversione, di occupazione, non può essere discusso solo a Bruxelles e a Washington, bypassando i soggetti reali che sono le organizzazioni sindacali e i rappresentanti di base, ossia la città. Esso – prosegue Mazzeo – non è infatti patrimonio né della Marina Militare, né della NATO o dell’Agenzia NAMSA, è patrimonio della città”. Indica, poi, l’elemento cardine che confuta il valore strategico del programma: “L’Unione Europea, attraverso un libro bianco, ha analizzato il mercato delle navi da dismettere, anche civili, all’interno della NATO e paesi partner, rivelando che l’offerta dei cantieri è nettamente superiore alla domanda.
Aggiungiamo, poi, che il modello della globalizzazione liberista invoglia comunque gli europei a dismettere le navi in paesi terzi, con costi bassissimi. Non è un caso che oggi, infatti, il 95 per cento delle dismissioni di unità navali avviene in Bangladesh, Paese, quanto a PIL, tra gli ultimi al mondo”. A questo punto la domanda sorge spontanea: “Messina rischia di essere considerata una città da terzo mondo?”. Al di là del luogo comune che purtroppo ricorre spesso e che ferisce la comunità messinese, la risposta di Mazzeo è secca: “Certamente”. Tira fuori, poi, con parole dure, l’esempio della mega opera in assoluto più avversata dai movimenti cittadini: “Non vorrei che per l’ennesima volta stessero creando un mito per risolvere i problemi dell’occupazione, come per il Ponte sullo Stretto, favorendo gli interessi di una classe dirigente imprenditoriale mafiosa che non perde occasione di gettarsi come un avvoltoio su aree strategiche cittadine, come la zona falcata”.
Renato Accorinti, paladino in difesa della vivibilità cittadina, della cultura e della legalità, che gira in lungo ed in largo parlando con la gente per svelarne problemi e necessità, inizia con un ricordo che accomuna chi ha in testa qualche capello bianco: “La presenza nostra qui ricorda quella dei primi anni 80 davanti ai cancelli dell’aeroporto Magliocco di Comiso. Oggi come allora – prosegue Accorinti – vedrete che il buonsenso ci porterà ad essere sempre più numerosi per vincere le nostre battaglie che riteniamo sacrosante”. Parla, quindi, di Messina e della tutela della zona falcata: “La città è nata qui e da qui dovrà risorgere. Tutta la gente capirà la questione, compresi i lavoratori dell’Arsenale, perché le battaglie si vincono lottando tutti insieme”.
Circa l’altro tema, quello della dismissione del patrimonio cittadino, denuncia, poi, un’altra delicatissima questione: “Il Comune sta cercando di svendere ben ventuno delle nostre scuole sia in città che nei villaggi. La nostra proposta è, invece, quella di creare centri culturali muniti di biblioteche, di cui la città è gravemente carente”. La protesta, sull’argomento, non si ferma certo qui, poiché Accorinti proseguirà le proprie battaglie a capo del “Movimento per la cultura”.
In nome e per conto dei lavoratori dell’Arsenale, Nino Corriera, esponente CISL-FpS per il comparto della Difesa, oltre a leggere il comunicato delle organizzazioni, ha aggiunto: “Crediamo fermamente nella cantieristica e vogliamo concordare sull’idea della difesa del posto di lavoro, contestualmente a quella della salute, poiché in questa realtà abbiamo già visto morire tanti colleghi, anche giovani, a causa di varie patologie”.
Claudio Risitano, militante dei movimenti, chiudendo gli interventi ha affermato: “Non ha alcun senso considerare divaricate le ragioni dell’ambiente da quelle del lavoro. Esse possono tranquillamente coesistere”. E spiega tra chi si gioca la partita: “Non c’è contesa tra lavoro e ambiente, sono questi due che, insieme, si ritrovano come avversarie le ragioni dei profitti le speculazioni di pochi. E’ questa la tematica che dobbiamo mettere a fuoco”.
Questa, assieme alle altre scottanti questioni aperte in città, tra dismissioni, speculazioni e quant’altro è, oggi più che mai, alla vigilia delle elezioni regionali, al centro di un ordine del giorno che non prevede soste. Tacere su di esso significa essere complici del triste destino di Messina.
Intanto, sabato prossimo, 6 ottobre, tutti a Niscemi, unendo le forze contro la realizzazione dell’Eco-MUOS-tro.
Corrado Speziale