MESSINA – No Ponte: in piazza la protesta e le istanze del territorio
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MESSINA – No Ponte: in piazza la protesta e le istanze del territorio

– di Corrado Speziale –

 Manifestazione in Piazza Unione Europea di rappresentanze provenienti da varie parti della Sicilia, a fianco della Rete No Ponte messinese e calabrese. “No al Ponte. Vogliamo servizi, infrastrutture utili, messa in sicurezza dei territori”. Contestati, ancora una volta, i principi che ruotano intorno alle promesse del Ponte sullo Stretto o ad un’opera ancora più improponibile come un tunnel, a fronte di annose carenze che provocano disagi e insicurezze quotidiane. Sullo sfondo, il piano di finanziamenti europeo del Recovery Fund, del quale se ne contesta la destinazione. Massimo Camarata: “Il Ponte è stato un argomento di distrazione di massa dalle priorità dei nostri territori. Essere contro il Ponte, oggi come vent’anni fa, vuol dire essere per uno sviluppo che parte dal territorio. Per questo è una questione coloniale, una logica che prende per fame. Un assedio. Chi si piega ha perso la speranza”.

Daniele David: “Il ponte ha paralizzato il dibattito pubblico sulle infrastrutture di prossimità, sui trasporti, su una città a misura d’uomo. Messina è una città invivibile, ostaggio di privati”.

 

Il messaggio che segna il paradosso: “Nessun ponte sul dissesto”. Perché quando si parla di Ponte sullo Stretto, torna sempre in mente quella “favola”, quel simbolo, costosissimo e al giorno d’oggi chiaramente anacronistico che da quasi cinquant’anni condiziona la vita e lo sviluppo “possibile” di una città, del suo territorio e dell’intera area dello Stretto. Richieste necessarie e possibili: realizzazione di infrastrutture di prossimità, opere sostenibili, la garanzia di servizi essenziali, bonifiche, messa in sicurezza degli edifici pubblici, in particolare delle scuole e del territorio dissestato. Si chiedono tante, tantissime opere realizzabili che diano occupazione e migliorino la vivibilità, fuori dalle promesse insostenibili che come gabbie hanno imprigionato il territorio. E il momento per far sentire la propria voce è giusto quello della imminente pianificazione che precede l’arrivo dei soldi del Recovery Fund. Dunque, occorre alzare la guardia: è un’operazione che fa gola alle oligarchie “pontiste”. Tra coloro che si erano espressi sulla mega opera, a giugno, il ministro per il Sud, Provenzano, aveva avanzato la possibilità di nuove analisi costi benefici, ma lo stesso esponente del governo, qualche giorno fa, aveva azionato il freno: opera non finanziabile, incompatibilità coi tempi del Recovery Fund. Ma qualcuno non ci sta e crede, eccome, alla ripresa del progetto.

Cosicché a Messina, in Piazza Unione Europea, chiamati a raccolta dalla Rete No Ponte, si sono riuniti manifestanti attraverso rappresentanze di comunità, sigle sindacali, movimenti, centri sociali e associazioni provenienti da varie parti della Sicilia e della Calabria. Ciascuno portando con sé la propria protesta e le proprie istanze, manifestando in direzione di opere e servizi utili alla collettività che mettano al centro gli interessi dei territori e dei suoi abitanti.

Alcuni interventi in piazza:

Massimo Camarata vorrebbe dire cose nuove ma, suo malgrado, ne trova di vecchie. Come le storia del Ponte. Lo slogan lo porta con l’esempio: a casa sua è andata via l’acqua. “Non al Ponte sullo Stretto, vogliamo l’acqua dal rubinetto”. Una storia senza fine. “Messina è la città più piovosa della Sicilia ma ha una rete idrica colabrodo. Il Ponte è stato un argomento di distrazione di massa dalle priorità dei nostri territori”, ha detto l’esponente No Ponte. Le ultime sulla sicurezza del territorio: “Sulla Panoramica sono bastate due gocce d’acqua per fare cadere una collinetta sulla strada in mezzo alle case. La tragedia non c’è stata solo per fatalità”. La digitalizzazione è tra i settori che beneficeranno del Recovery Fund: “Se tale ipotesi significa miglior accesso ai servizi, questo presume l’esistenza di servizi territoriali, come scuole, ospedali, università. Da noi, si tratterebbe della digitalizzazione del niente… Qui si nota il gap tra nord e sud Italia”. Il No al Ponte in difesa del territorio: “Essere contro il Ponte, oggi come vent’anni fa, vuol dire essere per uno sviluppo del territorio che parte dal territorio. Ma il problema non è neanche il Ponte in sé, che non faranno mai. La questione è utilizzare argomenti per impedire che una riflessione sul proprio territorio venga fatta in termini di liberazione, emancipazione. Ecco perché questo è assolutamente un discorso coloniale. Perché non considera il territorio come interlocutore parlando di sviluppo. Quest’ultimo ha un senso solo se genera da una condizione interna. Chi era contro il Ponte e nel tempo ha cambiato idea, ha subito un assedio culturale. È la logica che ti prende per fame, che toglie la forza e fa piegare la testa”. Ipotesi Ponte per l’attraversamento ferroviario: “Il treno da Trapani a Messina – prosegue Camarata – su 329 chilometri, ha un tempo di percorrenza di otto ore e venti minuti. E poi si parla di alta velocità…Da e per Agrigento c’è solo il pullman; a Niscemi, e non solo, hanno tolto finanche i binari…” Le sue conclusioni: “A questa idea colonizzatrice di sviluppo, dobbiamo opporre la speranza per un futuro differente”.

Daniele David: “Non siamo mai stati soltanto contro il Ponte in sé, ma contro un’idea di sviluppo che passa dal cemento, dal saccheggio dei territori. Obiettivo della Rete No Ponte è dare un’idea diversa di modernità, che tenga conto della fragilità, non soltanto dei territori, ma anche delle persone. Quindi un investimento massiccio da ciò che proviene dai fondi europei deve essere finalizzato a garantire i servizi essenziali, come trasporti, acqua, scuola, sanità, anche per disegnare un’ipotesi diversa di sviluppo. Occorre ridefinire i criteri con cui si stabilisce la ricchezza di un territorio. Il Ponte ha paralizzato il dibattito pubblico sulle infrastrutture di prossimità, sui trasporti, su una città a misura d’uomo. Messina è una città invivibile, ostaggio di privati”. Non solo Ponte e quant’altro: “La Rete No Ponte – sottolinea David – si è spesa anche per una società migliore, contro i razzisti. La deriva razzista della nostra società fa il paio con la espropriazione violenta dei territori”.

Ciccio, operaio ed esponente del Fronte Popolare Autorganizzato – SI Cobas Messina: “Il Ponte è una barzelletta che dura da cinquant’anni. Chiunque ci abbia governato lo ha venduto come unica ricchezza di sviluppo di questo territorio. Per questo abbiamo rinunciato a qualsiasi altra idea su cose utili”. I problemi quotidiani: “Allagamenti delle strade, le ferrovie ad un solo binario. Riguardo ai trasporti abbiamo una città spaccata, con villaggi isolati…” La proposta: “Dobbiamo cambiare la cultura e scendere in piazza per i nostri diritti. Il Ponte non risolve i nostri problemi, risolve i loro…” L’aspetto pratico: “Chi costruirà questo Ponte? Che operai prenderanno? Noi come operai siamo pronti a demolire le baracche!”

 Giusy Nanè, Rete dei comitati territoriali siciliani che fanno capo alle aree petrolchimiche della provincia di Siracusa. “Il No al Ponte è una battaglia diffusa che include tante altre richieste che i cittadini portano avanti attraverso le reti di base dei comitati. La nostra battaglia territoriale è per le bonifiche. Nel nostro territorio – prosegue Giusy – per tanto tempo abbiamo subodorato l’idea di prendere le distanze dai nostri controllori, coloro che monitorano la qualità dell’aria che respiriamo, vivendo in uno dei più grossi petrolchimici d’Europa”. La proposta e le condizioni: “Destinare i fondi europei per le bonifiche. Questi soldi andrebbero vigilati dalle sentinelle dei territori più che da altre persone. Pretendiamo di partecipare a questi tavoli preparatori. Abbiamo captato che verranno inseriti progetti vecchi che considerano ancora di fossile, dando produttività ad un territorio già martoriato. Per noi questa è una politica che ha fallito”. La preoccupazione e l’amarezza: “Studi epidemiologici dicono che da noi come negli altri siti d’Italia, ci si ammala e si muore di più. C’è qualcuno che pensa che la bonifica non si possa fare. L’inquinamento nelle nostre zone è innanzitutto di natura mentale. Esigiamo che il diritto alla salute sia il diritto principe del nostro territorio”. Il giudizio sul Ponte: “In una Sicilia devastata che aspetta ancora le bonifiche e tante altre cose, è uno schiaffo che non ci meritiamo”.

Gianmarco Codraro: La Rete No Ponte ha sentito la necessità di tornare in piazza a causa di un dibattito che negli ultimi tempi è ritornato sulla farsa del Ponte. Si parla di Recovery Fund e tirano di nuovo in ballo il Ponte sullo Stretto, ossia fumo negli occhi. Ad oggi – prosegue Codraro – l’idea del governo nazionale e regionale è quella di operare un ulteriore scippo al meridione d’Italia, alla Sicilia e a Messina, area metropolitana che paga di più la crisi economica sia prima che dopo la pandemia. L’infrastruttura osteggiata: “Lo chiamano Ponte sullo Stretto, ma sanno che non lo faranno e dunque l’alternativa qual è? Quella che abbiamo vissuto fino ad oggi…” Il Recovery Fund: “Arriverà dall’Europa la più grossa massa di denaro di liquidità mai vista. Questa deve essere una possibilità per i territori siciliani di ripartire di crescere veramente, ma non come dicono loro con le opere che distruggono, con gli inceneritori e quant’altro. I soldi devono essere usati per le bonifiche, per la sanità di prossimità, per garantire alle persone, agli studenti, di non rischiare la vita ogni giorno. L’obiettivo e il percorso: “Costruzione di una comunità che abbia dei canoni, dei criteri, delle categorie che siano totalmente diverse da quelli che ci vogliono imporre. Se non partiamo da questo non andiamo da nessuna parte e vorrebbe dire fare il gioco di quelli che qui hanno già scritto il nostro destino, che è quello della desertificazione”.

Altri interventi sono pervenuti dai rappresentanti dei centri sociali Ex Carcere ed Anomalia di Palermo, Spazi Sociali di Catania; da Orazio Vasta, dell’Unione Sindacale di Base; Pippo Gurrieri, No Muos e Peppe Marra, attivista No Ponte calabrese.

Come consueto, nel segno di battaglie condivise, a fianco della bandiera No Ponte sventolavano quelle No Muos e No Tav.

28 Settembre 2020

Autore:

redazione


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